Abolizione della feudalità in Sicilia

Decreto 19 dicembre 1838. Disposizioni per l’abolizione della feudalità e lo scioglimento dei diritti promiscui. Ferdinando II Per grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, ecc.;

Veduti i reclami che durante il nostro giro per le Provincie della Sicilia ci sono stati presentati dalle popolazioni, le quali hanno implorato la esecuzione delle leggi abolitive della feudalità, la pronta decisione delle annose cause pendenti fra comuni e gli antichi loro feudatari, lo scioglimento delle promiscuità, e la ripartizione delle terre per poterle chiudere e migliorare;
Considerando che l’agricoltura non può prosperare senza la proprietà assoluta di ogni fondo che dia il diritto di vietarne altrui l’ingresso; che le terre non acquistino valore dove non esistono molti agiati coltivatori, che l’amore delle proprietà affezioni al suolo;
che le vaste contrade, nude, deserte, o mal coltivate che si incontrano in Sicilia, non ostante la loro feracità naturale, ed il favore del clima, non potranno essere migliorate, finché durerà la esistenza di più padroni sullo stesso fondo;
Volendo accelerare la esecuzione delle leggi che da epoche remote hanno proscritta la indicata condizione delle proprietà, perniciosa egualmente alla pubblica prosperità, al ben essere delle popolazioni, ed agli stessi grandi proprietari;
Veduti i rapporti del nostro Luogotenente generale e degli Intendenti, i voti dei Consigli provinciali, ed i pareri della Commissione nominata a questo oggetto da Noi ai 17 del prossimo passato novembre, e riunita a Palermo;
Veduto l’art. 9 della legge degli 11 di dicembre 1816, col quale fu conservata l’abolizione della feudalità in Sicilia, ugualmente che negli altri nostri domini continentali;
Vedute le disposizioni della legge fondamentale dell’amministrazione civile dei 12 dello stesso mese ed anno; Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue:

Art. 1. – Gl’Intendenti delle Provincie della Sicilia verificheranno rigorosamente, Comune per Comune, se vi esistano e si esercitino ancora da qualsivoglia ex-feudatario, o corpo morale, o avente causa da essi, alcuno dei dritti feudali aboliti, e ne faranno distinto rapporto al nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni, il quale prenderà i nostri ordini proponendoci le misure da adottare.

Art. 2. – Non credendo espediente che un Tribunale di eccezione decida delle liti fra i Comuni ed i loro antichi feudatari, successori, o aventi causa, continueranno queste ad essere giudicate dai Tribunali ordinari; ma i nostri Procuratori Generali e Procuratori Regi assumeranno da ora innanzi la difesa dei Comuni, come parte principale, senza escludere però l’assistenza di qualunque interessato. Essi provocheranno quindi di uffizio la spedizione dei giudizi, e per l’organo del nostro Ministro Segretario di Stato di grazia e giustizia informeranno il nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni, mese per mese, dello stato delle cause che difendono, del loro valore, e del successo.

Art. 3. – Gl’Intendenti delle stesse Provincie procederanno allo scioglimento delle promiscuità ed alla divisione dei demani comunali colle facoltà accordate loro nell’art. 177 della legge dei 12 di dicembre 1816 e a norma del Real decreto del primo di settembre 1819. Nei casi di dubbio, gl’Intendenti chiederanno l’avviso del nostro Procuratore Generale presso la Gran Corte dei Conti di Palermo, il quale è incaricato di dar loro tutte le occorrenti dilucidazioni, e di corrispondere per questo ramo di affari col nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni cui sarà tenuto dar conto di ogni dubbio proposto e risoluto.

Art. 4. – Lo stesso Procuratore Generale, sulle basi delle istruzioni approvate col decreto dei 10 di marzo 1810, formerà il progetto di quelle, che dovranno servir di norma agl’Intendenti per lo scioglimento delle promiscuità, per la divisione delle terre demaniali appartenenti ad ex-feudatari, o a corpi morali di qualsivoglia titolo o denominazione, sulle quali i cittadini hanno esercitato gli usi civici, e per la suddivisione in quote fra i più poveri della parte che in compenso di tali usi ne sarà spettata ai Comuni. Il progetto del Procuratore Generale sarà proposto dal Ministro Segretario di Stato degli affari interni alla nostra Sovrana approvazione fra il termine improrogabile di mesi due, inteso il Luogotenente Generale.

Art. 5. – Tutte le promiscuità non ancora sciolte e quelle il di cui scioglimento non si trovi definitivamente approvato, lo saranno colle norme indicate nei due articoli precedenti nel più breve tempo possibile, sotto la immediata responsabilità degli Intendenti, i quali nella fine di ogni mese daranno conto al nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni del progresso e dei risultamenti di tutte le indicazioni. Quanto alle promiscuità, il di cui scioglimento trovisi già pronunziato ed approvato, e per le quali sia stato accordato. un canone annuale in vece dei terreni, vogliamo che ogni Intendente esamini in Consiglio d’Intendenza, colla ma diligenza e posatezza, se siano stati lesi i dritti imprescrittibili delle popolazioni che erano in possesso dell’esercizio degli usi per lo sostegno e pei comodi della vita, se sia stato tradito lo spirito della legge che aveva in mira di formar nuovi proprietari, di favorire l’agricoltura, e dare un effettivo compenso degli usi civici in una quota delle stesse terre da distribuirsi ai più poveri. Del risultamento di ogni esame sarà diretto al nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni ed al nostro Luogotenente generale un pieno e distinto rapporto, che ci sarà da essi rassegnato per le opportune risoluzioni. Questi rapporti verranno sottoscritti dall’Intendente e da tutti i Consiglieri d’Intendenza.

Art. 6. — Tutte le disposizioni contrarie a quelle del presente decreto sono abrogate.

Art. 7. — I nostri Ministri Segretari di Stato di grazia e giustizia, e degli affari interni, ed il nostro Luogotenente generale in. Sicilia, sono incaricati della esecuzione del presente decreto, ciascuno per la parte che lo riguarda.

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