Concordato del 1818 tra papa Pio VII Regno delle Due Sicilie

Concordato del 1818 tra papa Pio VII Regno delle Due Sicilie

Categoria: Regno delle Due Sicilie

IN NOME DELLA SANTISSIMA TRINITÀ.

Sua Santità il Sovrano Pontefice Pio VII e Sua Maestà Ferdinando primo Re del Regno delle Due Sicilie, animati da un ugual desiderio di riparare a disordini che si sono introdotti negli affari ecclesiastici di quel Regno, si sono determinati di comune accordo a conchiudere tra loro una nuova convenzione.
In conseguenza Sua Santità il Sovrano Pontefice Pio VII ha nominato suo plenipotenziario Sua Eminenza Ercole Con salvi, Cardinale della Santa Chiesa Romana, Diacono di S. Maria de Martiri, suo Segretario di Stato;
E Sua Maestà il Re delle Due Sicilie, S. Eccellenza D. Luigi dei Medici, Cavaliere dell’ordine reale di S. Gennaro, Gran Croce degli ordini reali di S. Ferdinando e del merito, dell’ordine di S. Giorgio, e dell’ordine imperiale di S. Stefano di Ungheria, suo Consigliere e Segretario di Stato, Ministro delle Finanze.
I quali dopo lo scambio reciproco del loro rispettivi pieni poteri, sono convenuti negli articoli seguenti:
Articolo primo. La religione Cattolica Apostolica Romana è la sola religione del Regno delle Due Sicilie, ed essa vi sarà sempre conservata co’ diritti e le prerogative che le appartengono, secondo le disposizioni della Provvidenza e la sanzione de canoni.
Articolo secondo. In conformità dell’articolo precedente, l’insegnamento nelle reali università, ne’ collegi, e scuole sia pubbliche, sia private, dovrà essere tutto conforme alla dottrina della detta religione cattolica.
Articolo terzo. La necessità di riunire molti piccoli vescovati, i di cui vescovi non possono mantenersi col convenevol decoro, essendo stata riconosciuta nella convenzione del 1741, e questa riunione che non fu allora eseguita, essendo ora divenuta ancor più necessaria per la diminuzione delle dette mense vescovili ed altre, si farà, negli Stati al di qua del Faro, nel modo convenevole, e dopo che si sarà domandato il preliminare consenso delle parti interessate, una nuova circoscrizione delle diocesi. Per determinar ciò si avrà riguardo alla comodità de fedeli, e particolarmente al loro vantaggio spirituale. Fra le sedi che non possono conservarsi, sia per l’esiguità delle rendite, sia per l’oscurità de luoghi, o per tutt’altri ragionevoli motivi, si conserveranno le più antiche e le più illustri, come le metropoli. Ne dominii al di là del Faro, si conserveranno tutte le sedi arcivescovili e vescovili che attualmente esistono; ed inoltre, affin di provveder meglio al vantaggio spirituale de’ fedeli, il numero ne sarà aumentato.
I territorii delle abbazie che non fan parte di alcuna diocesi, sia per la loro poca estensione, sia per la modicità delle loro rendite, o per la perdita ch’esse ne hanno fatta, saranno di concerto riuniti alle diocesi nelle quali essi si troveranno secondo la nuova circoscrizione.
Le abbazie concistoriali che godono tuttora d’una rendita annua di cinquecento ducati circa, non saranno riunite. I fondi di quelle, la di cui rendita è minore, o saranno riuniti ad altre abbazie ecclesiastiche fino alla concorrenza della somma indicata di 500 ducati, o ne sarà disposto in favore de’ Capitoli e delle Parrocchie. Questa disposizione non riguarda le commende degli ordini militari.
Articolo quarto. Ogni mensa vescovile del regno non potrà avere una rendita annua minore di 3000 ducati in beni e fondi e libera di pubbliche imposte.
Sua Santità di concerto con Sua Maestà assegnerà il più presto possibile delle dotazioni uguali in favore del vescovati, a’ quali sarà applicabile la presente disposizione.
Articolo quinto. Ogni Chiesa arcivescovile, o vescovile, avrà il suo Capitolo ed il suo Seminario, a quali si conserverà la loro attuale dotazione in beni fondi, se è sufficiente; si aumenterà, se non basta; ed anche se fosse necessario, se ne assegnerà loro una sufficiente.
Ogni dignità del Capitolo Metropolitano di Napoli non avrà meno di 500 ducati di rendita annua, e quella degli altri canonicati sarà almeno di 400 ducati.
Le dignità de’ Capitoli delle altre Chiese arcivescovili e vescovili che saranno stabilite nella nuova circoscrizione, nella parte del regno di qua del Faro non dovranno avere una rendita annuale al di sotto di 130 ducati, e quella de’ Canonici dovrà essere almeno di 100 ducati.
Questa disposizione non comprende i canonicati di patronato reale, ecclesiastico e laico, i quali si conserveranno nello stato in cui sono, a meno che i loro rispettivi patroni non vogliano aumentarne le rendite nelle forme legali.
I Seminarii saranno regolati ed i loro beni amministrati secondo il tenore del Concilio di Trento.
Articolo sesto. Le rendite delle Chiese da riunirsi si applicheranno a quelle che si conserveranno nella nuova circoscrizione; a meno che altri casi urgenti delle dette chiese non domandino un’altra applicazione ecclesiastica, che avrebbe luogo coll’intervento della autorità della Santa Sede.
I Capitoli delle Chiese che non saranno conservate nella nuova circoscrizione, dopo aver domandato precedentemente il consenso delle parti interessate, saranno convertiti in collegiate, e le loro rendite resteranno nello stato in cui attualmente si trovano.
Articolo settimo. Le parrocchie la di cui porzione congrua non sarà sufficiente, avranno un supplemento di dotazione, di maniera che le parrocchie al disotto di 2.000 anime non abbiano meno di 100 ducati annui, quelle al di sotto di 5.000 anime non meno di 150 ducati, e finalmente quelle di 5.000 anime e al di sopra non meno di 200 ducati annui.
Il mantenimento della Chiesa Parrocchiale e del Vicario sarà a peso delle rispettive comuni; nel caso in cui non ci fossero delle rendite assegnate a tal oggetto, e per sicurezza si assegneranno dei fondi, o una tassa privilegiata.
Questo articolo non comprende le chiese parrocchiali di patronato reale, ecclesiastico e laico, acquistato canonicamente, le quali saranno a peso dei patroni rispettivi.
Articolo ottavo. La collazione delle abbazie concistoriali che non sono di real patronato, apparterrà sempre alla Santa Sede che le conferirà ai sudditi di Sua Maestà.
I benefici semplici di collazione libera con fondazione ed erezione in titolo ecclesiastico, saranno conferiti dalla Santa Sede, e da vescovi, secondo la distinzione dei mesi ne’ quali
avrà luogo la vacanza, cioè a dire da Gennaio a Luglio dalla Santa Sede e da Luglio a Gennaio da vescovi. Le persone nominate saranno sempre de’ sudditi di S. M. Articolo nono. Si formerà con accuratezza pel Santo Padre uno stato delle abbazie che sono di nomina di S. M. e di quelle di real patronato. Questi stati potranno in seguito essere d’accordo rettificati.
Articolo decimo. I canonicati di libera collazione tanto de Capitoli delle Cattedrali che delle Collegiate, saranno con feriti rispettivamente dalla Santa Sede e da vescovi, cioè ne’ primi sei mesi dell’anno dalla Santa Sede, e negli ultimi sei da vescovi. La prima dignità sarà sempre di libera collazione della Santa Sede.
Articolo undecimo. Sua Santità accorda a vescovi del Regno il diritto di conferire le cure che verranno in ogni tempo a varcare. In seguito di un concorso per le cure di libera collazione, i vescovi le conferiranno a soggetti ch’essi stime ranno i più degni fra coloro che sono approvati. Ma per le cure di patronato ecclesiastico, e daranno dopo l’esame, l’instituzione a coloro che il patrono ecclesiastico presenterà, come i più degni fra quegli che sono stati approvati dagli esaminatori. Finalmente per le cure di patronato reale e laico, il vescovo darà l’instituzione all’ecclesiastico presentato, purché nel tempo dell’esame egli sia giudicato capace.
Sono eccettuate le cure che vacheranno in Curia o per promozione a qualche dignità ecclesiastica, o canonicato con ferito dalla Santa Sede, e che saranno di collazione del Sovrano Pontefice.
Articolo duodecimo. Tutti i beni ecclesiastici non alienati dal governo militare, e che al ritorno di Sua Maestà si sono trovati nell’amministrazione detta del demanio, sono restituiti alla Chiesa.
Dopo la ratifica del presente concordato, la massa de’ detti beni sarà amministrata da quattro persone scelte, di cui due saranno di nomina di Sua Santità e due di S. M., le quali dovranno amministrarli fedelmente in tutto il tempo in cui non sarà loro data regolarmente una destinazione o un applicazione.
Articolo decimoterzo. Una parte molto considerevole dei beni appartenenti alla Chiesa, essendo stata alienata sotto il governo militare ne’ dominii al di qua del Faro; e S. M. per opporsi con tutti gli sforzi possibili all’invasione nemica, essendo stata essa stessa costretta, tanto a Napoli pria che la invasione di detti dominii abbia avuto luogo, che ne dominii al di là del Faro per impedirne l’invasione, di alienare una piccola quantità di fondi ecclesiastici, assegnando a possessori ecclesiastici ne detti dominii al di là del Faro delle rendite civili equivalenti per indennizzarli convenevolmente;
in conseguenza sulle istanze di S. M., ed avendo riguardo alla tranquillità pubblica, la di cui conservazione importa in finitamente alla religione, Sua Santità dichiara che i possessori
de’ detti beni non saranno in nulla molestati, né da essa né da Pontefici romani suoi successori, e che in conseguenza la proprietà di que beni, le rendite ed i diritti annessivi, apparterranno a loro d’una maniera immutabile, ed a loro aventi causa.
Articolo decimoquarto. Lo stato di difficoltà in cui si trova attualmente il patrimonio degli ordini regolari, che non è stato alienato, e che S. M. ha trovato al suo ritorno nel l’amministrazione detta del demanio, non permettendo di ristabilire tutte le case religiose dell’uno e dell’altro sesso, saranno esse ristabilite nel maggior numero compatibile coi mezzi di dotazione, e particolarmente le case di quegli ordini che si danno all’istruzione della gioventù nella religione, nelle lettere, o alla cura degli ammalati ed alla predicazione.
I beni de regolari dotati, non alienati, saranno ripartiti in una giusta proporzione tra i conventi a ristabilire, senza avere alcun riguardo a titoli di antica proprietà, i quali in virtù del presente articolo sono tutti estinti.
Gli edifizi delle case religiose non alienati, all’eccezione di quelli che sono intieramente consacrati ad usi pubblici, nel caso in cui il difetto di mezzi non permetterebbe di ristabilire quelle case, formeranno parte del patrimonio de’ regolari; e se ciò è utile al detto patrimonio, si potranno alienare a condizione che il prezzo che se ne ritrarrà apparterrà a quel patrimonio.
Si aumenterà il numero de’ conventi esistenti attualmente, allorché le circostanze ed i bisogni della popolazione il reclameranno.
Le rendite ed i conventi essendo determinati, sarà libero agli ordini regolari dotati ed alle religiose di ricever de’ novizii in proporzione de mezzi di sussistenza; i religiosi mendicanti potranno pure ricever de novizii. Le doti delle giovani che prenderanno il velo saranno impiegate a profitto del monastero secondo le disposizioni canoniche.
Tutti i religiosi, tanto mendicanti che dotati, i quali saranno ristabiliti, dipenderannno, come quelli che esistono, dai loro superiori generali rispettivi.
Il governo continuerà a pagare pel conto del tesoro pubblico, a titolo di patrimonio, a religiosi degli ordini regolari dotati che saranno ristabiliti, ne’ dominii al di qua del Faro, allorché essi avranno ottenuto un indulto apostolico di secolarizzazione, e non saranno provveduti di benefizii ecclesiastici, la pensione di cui essi godono attualmente, fino a che siano essi provveduti d’un beneficio equivalente.
Il governo continuerà indistintamente il pagamento delle pensioni attuali a religiosi de’ conventi che non potranno ristabilirsi.
Articolo decimoquinto. La Chiesa avrà il diritto di acquistare nuove possessioni, e qualunque acquisto ch’essa faccia di nuovo, le apparterrà, e tale acquisto godrà del medesimo diritto delle antiche fondazioni ecclesiastiche.
Questa facoltà s’intende a contar d’oggi, e senza pregiudizio degli effetti legali delle leggi di ammortizzazione che sono restate in vigore fin qni, né all’esecuzione delle leggi sud dette all’avvenire pegli acquisti che non sono tuttora consumati, e per le condizioni che non sono tuttora verificate.
Non si potrà sopprimere, o riunire alcuna delle fondazioni ecclesiastiche senza l’intervento dell’autorità della sede apostolica, salvo le facoltà attribuite a vescovi dal santo Concilio di Trento.
Articolo decimosesto. Le infelici circostanze de’ tempi non permettendo che gli ecclesiastici godano dell’esenzione dalle pubbliche imposte, reali e comunali, S. M. promette di far cessare l’abuso introdotto negli ultimi tempi, pel quale gli ecclesiastici e le loro proprietà erano più gravati degli stessi laici, e di supplire con largizioni a vantaggio del clero nei momenti felici in cui lo stato perverrà ad una maggior prosperità.
Articolo decimosettimo. Il monte detto Frumentario, stabilito a Napoli, cioè a dire, l’amministrazione reale degli spogli e delle rendite delle mense vescovili, delle abbazie ed altri beneficii vacanti, sarà soppresso. Tosto che la nuova circoscrizione delle diocesi sarà eseguita, si stabiliranno in ciascuna di loro delle amministrazioni diocesane, composte di due canonici che sceglierà il Capitolo, sia metropolitano sia vescovile, e ch’egli rinnoverà di tre anni in tre anni a maggioranza di voti, e di un procuratore del Re che S. M. nominerà.
Ciascuna di queste amministrazioni sarà presieduta dal vescovo o dal suo vicario generale, e durante la vacanza della Sede dal vicario capitolare.
L’ordinario ed un ministro di S. M. si metteranno d’accordo per applicare le rendite percepite durante la vacanza delle sedi, a beneficio delle chiese, degli spedali e de’ semimarii a soccorsi di carità e ad altri usi pii. Si riserverà non dimeno a profitto del futuro vescovo la metà delle rendite
delle mense vescovili vacanti.
La risoluzione ch’è stata finora in vigore, di depositare al monte Frumentario suddetto il terzo delle rendite de’ vescovati e benefizii sotto il nome di terzo pensionabile, è albrogata col presente articolo, senza che perciò i pensionarii attuali siano privati delle pensioni di cui essi sono in possesso.
Allorché sarà provveduto a vescovati e benefizii di nomina reale, si continuerà ad ammettere la riserva delle pensioni se condo le forme canoniche.
Gl’individui nominati da S. M. a quelle pensioni otterranno dalla Santa Sede le bolle apostoliche corrispondenti, mercè le quali essi saranno abili a percepirle durante la loro vita, e alla loro morte, il vescovato o il beneficio su quali tal riserva aveva avuto luogo, saranno esonerati da tal peso.
Articolo decimo ottavo. Sua Santità si riserva a perpetuità, sopra i vescovati ed abbazie che saranno stabiliti nel regno, 12.000 ducati di pensione annua, di cui il sovrano pontefice disporrà secondo le circostanze ed a sua volontà, a profitto de’ suoi sudditi dello stato ecclesiastico.
Articolo decimonono. I beneficii situati nel regno delle due Sicilie, i di cui frutti si trovano in tutto o in parte applicati ad ecclesiastici, a differenti chiese, collegi, monasteri e case religiose di Roma e ad altri paesi dello stato ecclesiastico, continueranno ad essere applicati allo stesso uso. Questa disposizione non si estende a beneficii ed abbazie di real patronato né a quelle i di cui beni sono alienati.
Articolo ventesimo. Gli arcivescovi e i vescovi saranno liberi nell’esercizio del loro ministero pastorale, secondo i santi canoni.
Essi conosceranno delle cause ecclesiastiche, e principalmente delle cause matrimoniali, che secondo il duodecimo canone della ventesima quarta sessione del Concilio di Trento sono di giurisdizione de giudici ecclesiastici; ed essi pronunzieranno su tali cause. Non son comprese in questa disposizione le cause civili de chierici, per esempio, quelle che concernono contratti, debiti, eredità, delle quali i giudici laici conosceranno, e sulle quali essi pronunzieranno diffinitivamente.
Gli arcivescovi e i vescovi sottometteranno alle pene stabilite dal santo Concilio di Trento, o ad altre ch’essi giudicheranno convenevoli, i chierici che si renderanno riprensibili, o che non porteranno l’abito clericale conforme alla loro dignità ed al loro ordine, salvo il ricorso canonico; essi li confineranno ne’ seminarii e case religiose. Impiegheranno essi ugualmente le censure contro que fedeli che trasgredi rebbero le leggi ecclesiastiche ed i santi canoni.
Non soffriranno essi alcun impedimento per far le visite delle loro rispettive diocesi, per rendersi ad limina apostolorum e convocare i sinodi diocesani.
Sarà egualmente libero agli arcivescovi e vescovi di comunicare col clero ed il popolo della loro diocesi, per adempire il loro dovere pastorale; di pubblicare le loro istruzioni sugli affari ecclesiastici, di fare le ordinazioni, e di ordinare delle preghiere pubbliche ed altre pie pratiche, quando il bene della chiesa, dello stato o del popolo il richiederà.
Le cause maggiori sono di giurisdizione del Sovrano Pontefice.
Articolo ventesimo primo. Gli arcivescovi e vescovi ammetteranno agli ordini sacri, dopo l’esame prescritto, e quando essi si saranno provveduti d’un patrimonio sufficiente o d’un
altro titolo canonico, i chierici ch’essi giudicheranno necessarii o utili alle loro diocesi, confermandosi nondimeno alle misure ed a regolamenti prescritti dal decreto del Papa Gregorio decimoquinto in data del 1° luglio 1623, e nel concordato Benedettino, capitolo quarto che ha per titolo Requisiti de’ Promovendi, alle quali misure e regolamenti non si deroga punto
col presente concordato.
Siccome è necessario di provvedere sufficientemente al mantenimento di ogni ecclesiastico, il quale ne tempi attuali esige una spesa maggiore, gli arcivescovi ed i vescovi da ora in poi aumenteranno le tasse del patrimonio sacro a costituire in beni fondi pegli ordinandi, il quale non potrà essere né meno di cinquanta ducati, né più di ottanta.
Avendo l’esperienza dimostrato che accade frequentemente nel regno che costituendosi patrimoni i sacri si fanno delle assegnazioni fraudolose, simulate, o che non sono punto
libere sia d’ipoteche, sia d’altri pesi, dalla qual cosa risulta che coloro i quali sono ordinati sul titolo di tali patrimonii, si trovano poi sprovvisti de mezzi di sussistenza, affin d’evitare in avvenire simili abusi, si verificherà, per la verità del fatto, d’una maniera legale che il fondo o i fondi costituiti dagli ordinandi in patrimonio sacro, sieno liberi di qualunque ipoteca e di qualunque peso; a tal effetto le autorità ecclesiastiche domanderanno al Tribunale Civile della provincia l’atto che certifica la proprietà e la franchigia del fondo, ed il Tribunale non potrà negarsi a rilasciarlo.
Gli aspiranti agli ordini sacri a titolo di beneficio o di cappella, dovranno, per essere ordinati, costituirsi un certo supplemento fino alla concorrenza della tassa diocesana sud detta, allorché la rendita del beneficio o della cappella sarà inferiore a quella tassa.
Questa disposizione non si estende alle diocesi, nelle quali sarebbe stata già stabilita una tassa patrimoniale più elevata, alla quale non sarà fatto alcun cambiamento.
Articolo ventesimo secondo. Ognuno sarà libero di appellarsi alla Santa Sede.
Articolo ventesimo terzo. La comunicazione de vescovi, del clero e del popolo colla Santa Sede sopra tutte le materie spirituali ed oggetti ecclesiastici, sarà perfettamente libera;
sono per conseguenza revocate le circolari, leggi e decreti di liceat scribere.
Articolo ventesimo quarto. Tutte le volte che gli arcivescovi e vescovi troveranno ne’ libri introdotti o che s’introdurranno, stampati o che si stamperanno nel regno, qualche cosa di
contrario alla dottrina della chiesa ed a buoni costumi, il governo non ne permetterà la pubblicazione.
Articolo ventesimo quinto. S. M. sopprime la carica di delegato reale della giurisdizione ecclesiastica.
Articolo ventesimo sesto. Il Tribunale del Cappellano maggiore e la sua giurisdizione, si conterranno ne’ limiti prescritti dalla costituzione Convenit di Benedetto decimo quarto, e dal motu proprio susseguente del medesimo Pontefice.
Articolo ventesimo settimo. La proprietà della Chiesa nelle sue possessioni ed acquisti sarà sacra ed inviolabile.
Articolo ventesimo ottavo. In considerazione dell’utilità che la religione e la Chiesa ritraggono dal presente Concordato,
e per dare un segno di particolare affezione alla persona di S. M. il Re Ferdinando, S. Santità accorda a perpetuità a lui ed a discendenti cattolici successori al trono l’indulto di nominare degli ecclesiastici degni, atti ed aventi le qualità richieste da santi canoni, a tutti quelli arcivescovati e vescovati del regno delle Due Sicilie, pe’ quali S. M. non godeva del diritto di nomina; ed a tal effetto Sua Santità farà spedire la bolla d’indulto subito dopo le ratifiche del presente concordato.
Sua Maestà farà conoscere a tempo debito a Sua Santità le persone nominate, affinché secondo il tenore de’ canoni si facciano le informazioni necessarie, e le persone ottengano l’instituzione canonica secondo il modo e le forme finora osservate. Pertanto prima di averla ottenuta, esse non potranno in alcun modo ingerirsi nel governo o amministrazione delle chiese per le quali esse sono nominate.
Articolo ventesimo nono. Gli arcivescovi e vescovi faranno in presenza di S. M. il giuramento di fedeltà, di cui ecco la formola: «Io giuro e prometto sopra i Santi Vangeli obbedienza e fedeltà alla Maestà Reale. Io prometto egualmente che non avrò alcuna comunicazione, che non farò parte di alcuna riunione, e che io non conserverò sia dentro siafuori il regno alcuna unione sospetta, che noccia alla tranquillità pubblica, e che se, tanto nella mia diocesi che altrove, io so che si trami qualche cosa a detrimento dello Stato, ne preverrò S. M.»
Articolo trentesimo. Quanto agli altri ecclesiastici di cui non è stato fatto menzione negli articoli suddetti, le cose saranno regolate secondo la disciplina della Chiesa, e se so pravvenisse qualche difficoltà, S. S. e S. M. si riservano di mettersi fra di loro d’accordo.
Articolo trentesimo primo. Il presente Concordato è sostituito a tutte le leggi, ordinanze e decreti emanati nel regno delle due Sicilie in materia di religione.
Articolo trentesimo secondo. Siccome è stato dimostrato a S. S. da parte di S. M. che attesi i bisogni attuali delle Chiese del regno al di qua del Faro, e gli effetti prodotti dal l’invasione nemica, la convenzione del 1741 non basta più per ovviare a mali che esiggono un rimedio indispensabile, e che da un altro lato la parte del dominii al di là del Faro, la quale la detta convenzione non abbraccia, ha bisogno di cure, e che d’altronde i dominii al di qua e al di là del Faro non costituendo oramai che un regno, conviene di fissare una regola uniforme ad osservare egualmente nelle chiese del dominii suddetti, è convenuto che il presente con cordato è sostituito al precedente.
Articolo trentesimo terzo. Ciascuna delle due alte parti contraenti promette in suo nome ed in quello de’ suoi successori, di osservare esattamente tutto ciò ch’è contenuto in questi articoli.
Articolo trentesimo quarto. Le ratifiche del presente con cordato saranno scambiate a Roma in quindici giorni al più tardi a datare dalla presente convenzione.
Articolo trentesimo quinto. Dopo la ratifica del presente concordato, la esecuzione ne sarà confidata a due sudditi ragguardevoli, de quali uno sarà nominato da S. S. e l’altro da S. M., e saranno muniti de’ poteri necessari dalle parti Contraenti.
In fede di che i detti plenipotenziarii hanno soscritto il presente concordato, e vi hanno apposto i loro suggelli.


Fatto a Terracina il 16 Febbraro 1818(º).
S. Em. il Cardinal CONSALVi
Sig. Cav. L. DE MEDICI.

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