Costituzione politica del Regno di Napoli dell’anno 1815 adottata dal re Gioacchino Murat
TITOLO I. Basi fondamentali.
Art. I. IL del regno L governo di Napoli è una monarchia costituzionale ereditaria.
2. La constituzione è rappresentativa.
3. La rappresentanza nazionale si compone del re, e di un parlamento diviso in due camere, cioè il Senato ed il Consiglio de’ notabili.
4. L’autorità esecutiva appartiene esclusivamente al re.
5. L’autorità legislativa appartiene alla rappresentanza nazionale; quindi niuna legge può farsi, abrogarsi o modificarsi senza il concorso dell’intera rappresentanza nazionale.
6. Niuna imposta può crearsi, né percepirsi niuna leva di truppe può farsi (eccetto l’arrollamento volontario) se non in vigore di una legge, e quindi del consenso della nazione, espresso per mezzo della reppresentanza nazionale.
7. La religione cattolica apostolica romana è la religione dello Stato;
niuno però potrà molestarsi per le sue opinioni religiose, quando altronde conformisi alle leggi nelle azioni esteriori.
8. I ministri sono responsabili.
9. Il potere giudiziario è indipendente, quanto all’esercizio delle attribuzioni, che la legge gli delega.
10. Il regno si divide in provincie, ciascuna delle quali ha un amministrazione particolare sotto l’autorità del Governo pe’ suoi interessi locali.
11. Le provincie si compongono di comuni, aventi ognuna la propria amministrazione, sotto l’autorità dell’amministrazione provinciale, e del Governo.
12. Ogni altra divisione di provincie forma sezione di provincia; giammai amministrazione particolare.
13. Tutti i napoletani senza alcuna eccezione, sono ugualmente soggetti alle leggi, che regolano i loro dritti ed i loro doveri.
14. Niuna distinzione può farsi, né privilegio alcuno accordarsi nella distribuzione de’ pubblici impieghi. La libertà individuale, ed il dritto di proprietà sono egualmente garantiti a ciascuno dalla costituzione.
TITOLO II. Del re.
15. I re è il capo supremo dello Stato. La sua persona è sacra. Egli non va soggetto ad alcuna responsabilità.
16. Il re porta il titolo di Maestà Napolitana.
17. Concorre alla formazione delle leggi, le sanziona, e le fa promulgare, come verrà detto nel titolo X.
18. Egli ha il dritto di convocare, di aggiornare, di prorogare i parlamento, e di sciogliere il Consiglio de’ notabili.
19. Ha pienamente nelle sue attribuzioni il potere di far eseguire le leggi, e pubblica a questo effetto i decreti, i regolamenti, e le ordinanze che giudica necessarie.
20 Ogni giustizia emana da lui, e si rende in di lui nome da magistrati di sua scelta, ma inamovibili. Egli vigila perché sia resa prontamente, e compiutamente in tutta l’estensione del regno.
21. Egli ha dritto di far grazia, o di commutare le pene, toltine i casi fissati dalla legge.
22. Egli nomina i senatori, e distribuisce gli onori, i titoli e le distinzioni d’ogni genere, che le leggi ammettono nello Stato.
23. Egli nomina a tutti gl’impieghi giudiziarj, amministrativi, ecclesiastici, e militari.
24. Egli accorda le pensioni e le ricompense, cui la legge dà dritto per pubblici servigi.
25. Egli ordina e sorveglia la fabbricazione delle monete, il di cui peso e titolo è regolato dalle leggi. Le monete portano la sua effigie, e il suo nome.
26. Egli è generalissimo delle truppe di terra e di mare, e ne prescrive l’organizzazione, la disciplina, il movimento. A lui solo appartiene il dritto di levare armate, allestir flotte, costruir fortezze, e provvedere con ogni mezzo autorizzato dalle leggi alla sicurezza interna cd esterna del regno.
27. Egli dirige le relazioni politiche e commerciali colle altre potenze. Invia e riceve ambasciadori e ministri; nomina ed ammette i consoli, od altri agenti, a misura che lo crede utile agl’interessi della nazione, e conforme alla dignità della corona.
28. Il re può dichiarare la guerra, e fare la pace. Può negoziare e conchiudere trattati di alleanza e di commercio; purché nulla contengano di contrario a’ privilegj della nazione ed alle disposizioni delle leggi in vigore. Egli comunica al senato, ed al consiglio de’ notabili i motivi, ed i risultati delle negoziazioni intraprese; tosto che gl’interessi dello Stato non esigono che simili affari rimangano segreti.
29. Niuno atto di estraneo potere qualunque, può pubblicarsi nel regno, né ammettersi da ordine alcuno di cittadini, o da alcuna corporazione, senza l’autorizzazione del re, che non
l’accorda se non quando simili atti in nulla offendano i dritti ed i privilegj della nazione, né quei de’ particolari.
30. Lo Stato mantiene per la guardia del re un corpo di duemila uomini.
31 Nell’anno del suo avvenimento al trono, o essendo minore, della sua maggiorità, presta il re in presenza del senato, e del consiglio de’ notabili il seguente giuramento «Io giuro di governare, secondo la costituzione e le leggi dello Stato; di rispettare, e far rispettare la libertà individuale di non soffrire che il dritto di proprietà sia violato; di non interrompere giammai il corso della giustizia, e di non porre in uso il mio potere se non per la gloria e per la felicità della nazione Napolitana.»
TITOLO III. Della successione alla corona.
32. La corona di Napoli è ereditaria nella nostra discendenza mascolina, per ordine di primogenitura e con dritto di rappresentanza nella linea mascolina.
33. Il figlio del re erede presuntivo della corona, porta titolo di principe reale.
34. Per una eccezione, che non potrà mai rinnovarsi, ed attesa l’alta saviezza che distingue la regina nostra diletta sposa, come ancora i servigi da lei resi allo Stato, segnatamente nella reggenza avutane duranti le guerre che ce ne allontanarono; vien a lei devoluto il dritto di regnare dopo di noi, e l’ordine di successione stabilito colla costituzione presente, non incomincerà sulla testa del principe nostro erede, se non appresso la morte della regina.
35. Uno statuto particolare regolerà l’ordine della successione alla conel caso che mancasse la nostra discendenza mascolina. Noi ci riserbiamo di presentare un tale statuto al parlamento.
TITOLO IV. Della reggenza, e della cura del re minore.
36. La maggiorità del re di Napoli è fissata a diciotto anni compiti.
37. Durante la minorità del re, vi ha una reggenza.
38. Il re può conferire la reggenza, come ancora la cura del re minore che debbe succedergli.
39. Il reggente nominato dal re, debbe essere scelto tra i principi della famiglia reale in età d’oltre i 25 anni o tra i ministri ed i grandi uffiziali della corona.
40 Devolvendosi il trono ad un re minore, senza che il re suo predecessore abbia disposto della reggenza,
questa appartiene di dritto alla regina madre, qualora esista.
41. Se non avvi regina madre, la reggenza appartiene al principe della famiglia reale in età di 25 anni compiti, il più prossimo in grado nell’ordine di eredità.
42. Se non avendo il re designato reggente, niuno de’ principi della famiglia reale trovisi in età d’anni 25 compiti; i ministri in esercizio, i grandi uffiziali della corona, l’arcivescovo di Napoli, il più antico de’ dignitarj del nostro ordine reale, il più antico de’ presidenti delle sezioni del consiglio di Stato, il più antico de’ tenenti’ generali, il presidente della corte di cassazione, quello della corte de’ conti, riuniti tutti sotto la cura e presidenza del ministro più antico nel ministero, conferiranno la reggenza alla maggiorità assoluta de’ voti. In caso di parità tra due concorrenti, il più antico sarà preferito; ed in eguaglianza di età, deciderà la sorte.
43. Se il re minore viene a morire lasciando un fratello erede del trono la reggenza, quale trovasi stabilita alla di lui morte, continua senza niuna formalità novella, sino alla maggiorità del nuovo re.
44. Se la regina madre essendo reggente, viene il re minore a morire lasciando il trono ad un re minore che non sia figlio della regina; questa cessa di esercitar la reggenza, dovrà provvedervisi in conformità di ciò che si dispone negli articoli 41, 42 e seguenti.
45. Se per l’età minore del principe chiamato alla reggenza nell’ordine d’eredità, trovasi questa conferita ad un parente più remoto, o ad uno de’ grandi uffiziali della corona, il reggente entrato in esercizio continua le sue funzioni fino alla maggiorità del re.
46. In caso di morte della reggente, provvedesi alla reggenza, come se questa si aprisse per l’avvenimento del re minore; ed il principe, che dopo la morte dell’ultimo re fosse divenuto abile ad esercitarla, rientra ne’ suoi dritti.
47. La regina reggente O il reggente, esercitano fino alla maggiorità del re, inindidi lui lui nome e col parere del consiglio di reggenza, tutte le attribuzioni dell’autorità reale; non potendo tuttavia nominare né grandi uffiziali della corona, né senatori: ed avendo solo la facoltà di fare delle nomine provvisorie per gli altri impieghi, le di cui funzioni sieno a vita.
Tali nomine provvisorie non divengono diffinitive, se non mediante la conferma del re, un anno dopo la sua maggiorità.
48. La regina reggente, o il reggente, debbono prendere il parere del consiglio di reggenza in tutti gli affari dello Stato.
49. Il consiglio di reggenza è composto:
De’ ministri che trovansi in esercizio all’avvenimento del re minore, e che restano inamovibili durante la sua minorità:
De’ tre grandi ufficiali della corona i più antichi:
Dal presidente della corte di cassazione:
Dal presidente della corte de’ conti.
50. I membri del consiglio della reggenza hanno voce deliberativa ed il parere della maggioranza debbe venire adottato, qualora si tratti:
1. di conferire la cura del re minore;
2. di trattare il suo matrimonio;
3. di dichiarare la guerra;
4. di ratificare un trattato di pace, di alleanza, o di commercio;
5. di convocare il senato o il consiglio de’ notabili, e di chiudere le loro sessioni;
6. disciogliere il consiglio de’ notabili;
7. di fissare progetti da inviarsi alle due camere o di sanzionare gli atti che le medesime hanno deliberato;
8. di nominare ad un ministero in caso di morte o di dimessione di un ministro; divenendo per dritto il nominato uno de’ membri del consiglio di reggenza, ed inamovibile durante la minorità;
9. di pronunziare sulle dimande di grazie; facendo in ciò il consiglio di reggenza le funzioni del consiglio privato.
51. Su tutte le altre materie, il consiglio di reggenza non ha che voce consultiva.
52. In caso di divisione sulle deliberazioni del consiglio di reggenza, la voce della regina reggente, o del reggente, hanno la preponderanza.
53. Se il presidente della corte di cassazione, e di quella de’ conti, vengono a morire o a dimettersi durante la minorità; la regina reggente, o il reggente, suppliscono alle funzioni del loro impiego con una nomina provvisoria ma i nuovi magistrati non entrano nel consiglio di reggenza.
54. In ogni caso che voglia il re stabilire una reggenza per doversi allontanare dal regno; potrà conferirla,
regolarla, e comporne il consiglio, come stimerà più conforme alle sue intenzioni, ed al bene dello Stato.
55. In mancanza di disposizione dell’ultimo re, la cura del re minore appartiene per dritto a sua madre; e non esistendo essa, al principe del sangue in età d’anni 25 almeno, il più prossimo dopo il reggente nell’ordine d’eredità, e non discendente da questo.
56. In mancanza del principe del sangue in età d’anni 25, e non discendente dal reggente, la cura del re minore si conferisce dal consiglio di reggenza deliberante in conformità dell’art. 50.
57. All’apertura della prima sessione del parlamento, consecutiva all’avvenimento del re minore, la regina reggente, o il reggente, prestano il giuramento che presiegue, al re assiso sul trono, circondato da’ ministri, da’ grandi ufficiali della corona, da due magistrati membri del consiglio di reggenza, e da’ consiglieri di Stato in senza del senato, e del consiglio de’ notabili riuniti: «Io giuro fedeltà al re. Giuro di esercitare la reggenta in conformità della costituzione e delle leggi, pe’ soli interessi del re e della nazione Napolitana, che riguarderò sempre come inseparabili.»
TITOLO V. Della lista civile, e del mantenimento della famiglia reale.
58. Il tesoro e le rendite della casa reale, sono totalmente distinte dal tesoro dello Stato.
59. Il re ha la libera amministrazione e godimento del demanio della corona, quale trovasi attualmente, e che resta inalienabile.
60. Gode innoltre a titolo di lista civile, sul tesoro dello Stato, di una somma bastante a sostenere lo splendore del trono, e che vien determinata dalla rappresentanza nazionale al principio di ogni regno, per tutta la durata del regno medesimo.
61. Il re nomina un intendente o amministratore del demanio della corona e della lista civile, ch’esercita tutte le azioni giudiziarie del re, e contro di cui dirigonsi tutte le azioni a carico del re medesimo e se ne pronunziano i giudizj. Le condanne ottenute da’ creditori del demanio della corona, o della lista civile, verranno personalmente eseguite contro l’amministratore, e sopra i di lui beni.
62. Le regine vedove godono a titolo d’assegnamento vedovile, un’annua rendita pagabile sul tesoro dello Stato, ed uguale al decimo della somma pagata annualmente dal tesoro medesimo a titolo di lista civile, durante il regno del re defunto.
65. Il principe reale, giunto all’età di anni 18, gode a titolo d’appannaggio un’annua rendita sul tesoro dello Stato, uguale al duodecimo della somma che si paga dal tesoro medesimo per la lista civile del re.
64. I figli cadetti del re giunti all’età medesima, godono una rendita di appannaggio sul tesoro dello Stato, uguale alla metà di quella fissata pel principe reale.
65. Le principesse figlie del re, giunte del pari all’età di anni 18, ottengono fino al loro matrimonio, sul tesoro dello Stato, un’annua rendita, enguale a due terzi di quella di cui godono i principi cadetti.
66. Allorquando una principessa figlia del re si marita, la di lei dote pagabile sul tesoro dello Stato, è eguale al decimo dell’annua somma, pagata dallo stesso tesoro per la lista civile, al tempo del matrimonio.
67. Il re può disporre come più stima, e senza restrizione alcuna, de’ beni ch’egli possiede nel suo avvenimento al trono, o che indi acquista a titolo singolare : ma non disponendone, tali beni si riuniscono di pieno dritto al demanio della corona dopo la di lui morte, ed al pari di tutti gli altri appartenenti a questo demanio, divengono inalienabili.
TITOLO VI. De’ grandi uffiziali della corona.
68. I grandi ufficiali della corona sono in numero di sei; cioè :
Un grande Elemosiniere;
Un gran Ciamberlano.
Un gran Maresciallo;
Un grande Scudiere;
Un gran Cacciatore;
Un gran Maestro di cerimonie.
69. Gl’impieghi di grandi ufficiali della corona sono compatibili con tutti gli altri dello Stato.
70. I grandi uffiziali della corona sono inamovibili.
10 71. Se per un atto della volontà del re, o per altra causa qualunque, un grande uffiziale della corona cessa dalle sue funzioni, conserva sempre il suo grado, il suo titolo, e le sue prerogative.
TITOLO VII. De ministri.
72. Il re esercita la sua autorità per mezzo de’ ministri, che nomina e congeda a suo volere. Egli ne determina il numero, e ne fissa le attribuzioni con regolamenti, che comunica alle due camere del parlamento.
73. I ministri possono essere membri del senato, o del consiglio de’ notabili. Hanno inoltre l’ingreso nell’una e nell’altra camera come ancora i loro posti contrasegnati, e debbono esservi intesi, qualora lo chieggano.
74. Ogni ordine del re debb’essere contrassegnato da un ministro.
75. I conti che i ministri rendono al re, e segnatamente i conti annui e generali delle finanze e del tesoro dello Stato, vengono messi sotto gli occhi del parlamento, e renduti pubblici per via della stampa.
76. I ministri son risponsabili di ogni violazione della costituzione e delle leggi del regno; di ogni abuso del danaro pubblico, e di ogni atto, che avesse manifestamente compromesso l’interesse o la sicurezza del re e dello Stato.
77. Per ogni atto che non rechi una contravvenzione formale e diretta alla costituzione ed alle leggi, cesserà la risponsabilità personale de’ ministri, qualora consti che la determinazione presa, siasi deliberata e risoluta in un consiglio del re, composto almeno di cinque suoi consiglieri, ministri, o altri. In questo caso, l’azione di risponsabilità non potrà esercitarsi contro il ministro esecutore se non in quanto si eserciti nel tempo stesso contro il consiglio intero o contro quelli de’ suoi membri, i dí cui voti abbiano provocato l’atto in quistione.
78. I ministri accusati, non potranno mai addurre in discolpa ordini del re contrarj alla costituzione, o alle leggi o al bene dello Stato; dovendo simili ordini riguardarsi come errori in cui siasi indotto il sovrano, e da cui i ministri avrebbono dovuto garantirlo; non mai come espressioni della sua volontà.
79. Le accuse contro i ministri e consiglieri del re non possono prodursi che al consiglio de’ notabili. Il senato le giudica, ed i prevenuti hanno dritto di essere intesi per se stessi e pe’ loro consigli. Una legge determinerà la forma e le solennità di procedura da osservarsi su tali accuse ed in tali giudizj.
80. I giudizj che saranno resi dal senato contro i ministri e consiglieri, debbono sottoporsi alla sanzione del re, che in questo caso non può far grazia.
TITOLO VIII. Del consiglio di Stato.
81. Il consiglio di Stato è composto de’ ministri in esercizio, di consiglieri di Stato, di relatori, e di altri ufficiali, che il re crede a proposito di nominare.
82. Il re determina e regola a suo giudizio, le attribuzioni ed il travaglio del consiglio di Stato e de’ membri che lo compongono, per la preparazione delle leggi, e di altri atti che debbono presentarsi al parlamento; come ancora de’ regolamenti e disposizioni di ogni specie, che concernano l’esecuzioni delle leggi, e l’andamento generale dell’amministrazione e degli affari del regno.
83. Nelle materie contenziose, le attribuzioni del consiglio di Stato vengono determinate dalla legge.
TITOLO IX. Del senato.
84. Il numero de’ senatori è indeterminato. Tuttavia non può il senato comporsi d’un numero di membri inferiore al triplo del numero delle provincie del regno.
85. Fino all’anno 1825, il numero de’ senatori non potrà eccedere il numero delle provincie del regno moltiplicato per sei.
86. I senatori si nominano a vita dal re tra le persone titolate.
87. Nel senato vi sono sempre sei senatori ecclesiastici almeno, scelti tra gli arcivescovi o vescovi del regno.
88. Il re può rendere ereditarie le dignità de’ senatori, in favore di quei che possiedono de’ majoraschi, formando la dotazione de’ loro titoli.
89. Avanti che spiri l’anno 1820, non potranno esservi più di 25 dignità senatorie ereditarie.
go. Dopo l’anno 1820, non potranno mai in un anno medesimo stabilirsene più di cinque.
91. Niuno potrà nominarsi senatore prima dell’età d’anni 30.
92. I senatori ereditarj hanno luogo in senato, e voce consultiva a 25 anni.
Non vi hanno la deliberativa che a 30.
93. Il grado de’ senatori fra loro è regolato secondo quello de’ loro titoli.
94. I principi della famiglia reale sono senatori per dritto di nascita.
Hanno nel senato sedi distinte dopo il presidente, e voce deliberativa a 25 anni.
95. I principi non possono sedere in senato, che d’ordine del re, espresso ad ogni sessione per un messaggio, sotto pena di nullità di tutto ciò che altrimenti facciasi, in loro presenza.
96. Non può il senato adunarsi, se non in forza di lettere di convocazione, spedite per ordine del re dal ministro incaricatone.
97. Ad ogni sessione del parlamento, e prima del giorno destinato dalle lettere di convocazione, il re nomina un presidente, ed un vice-presidente del senato.
TITOLO X. Del consiglio de’ notabili.
98. Il consiglio de’ notabili si compone di deputati delle provincie, delle città, del commercio, dell’università di Napoli, delle corti d’appello del regno.
’99. Niuno potrà scegliersi deputato delle provincie o delle città se non abbia l’età di anni 30, e se non paghi una contribuzione diretta di 40 ducati almeno, o non sia figlio di genitori che paghino tale contribuzione.
A questo effetto, in ogni distretto ed in ogni città aventi dritto di deputazione, si formerà prima della scelta una lista di eligibili.
100. Nella formazione di questa lista in ogni distretto, si avrà non solo riguardo alla contribuzione ogni contribuente paga nel distretto di suo domicilio, ma benanche a quella di cui giustificherà essere caricato in altri.
101. Niuno potrà esser portato sulla lista degli eligibili, se non di quel distretto e di quella città, in cui abbia dichiarato il suo domicilio di dritto.
102. Nell’epoche che saran determinate dal re, i sindaci di ogni distretto, insieme con un elettore specialmente nominato da ogni comune, si riuniranno nella città capoluogo del distretto, e sotto la presidenza del sindaco di questa, nomineranno alla maggiorità assoluta di voti, due deputati;
l’uno de’ quali dovrà essere necessariamente scelto fra gli eligibili del distretto, e l’altro indifferentemente tra questi o tra gli eligibili di altri distretti e città della provincia. Nomineranno altresì, e colle medesime condizioni, due supplenti.
103. I sindaci che non potranno intervenire all’assemblea del distretto, vi saranno suppliti dal loro aggiunto, o dal più antico membro del decurionato, che non si trovi impedito.
104. Ogni città del regno capoluogo di provincia, o la di cui popolazione sorpassi 14000 abitanti, nominerà un deputato.
105. La città di Napoli ne nominerà sei.
106. Questa nomina si farà in Napoli nella forma seguente, alla presenza del consiglio municipale. Tra i contribuenti, che avendo giustificato di pagare 40 ducati di contribuzione, si trovino portati sulla lista degli esigibili della città, si tireranno priemieramente a sorte 60 nomi di cittadini domiciliati nella città medesima. Riunitisi indi questi nel giorno, e senza separarsi, nomineranno alla maggiorità assoluta di voci sei candidati, niuno de’ quali potrà prendersi fra i Go elettori.
107. Nel giorno seguente a questa nomina, si tireranno dalla stessa urna contenente i nomi di tutti gli eligibili, altri 60 nomi, ed i nuovi 60 elettori nomineranno altri sei candidati. Niuno de’ nuovi elettori potrà esser compreso in questa nomina; ma potranno bensì comprendervisi quelli del giorno innanzi.
108. Nel dì consecutivo, sotto la presidenza del sindaco, alla presenza del corpo municipale, e de’ 120 elettori, si metteranno in un urna separata i sei nomi risultanti da ciascuna elezione: tre di essi verranno estratti da ogni urna i sei candidati, che indicheranno, saranno i deputati della città.
109. Dopo questa operazione, i nomi restanti nelle due urne, verranno messi in una sola, ed estratti successivamente. L’ordine col quale usciranno, determinerà quello col quale i sei candidati saranno chiamati come supplenti al rimpiazzo de’ deputati della città, in caso di loro morte o perentorio impedimento.
110. Le formalità medesime si osserveranno nelle altre città del regno, ove ogni corpo di 60 elettori nominerà un sol candidato. I due nomi saranno posti in un’urna medesima, e la sorte indicherà il deputato della città che avrà per supplente l’altro candidato.
111. Se in una città non trovinsi duecento contribuenti, che paghino ducati 40 di contribuzione; i centoventi elettori saranno estratti a sorte fra i duecentoquaranta contribuenti che pagano nella città medesima la contribuzione maggiore.
112. Ogni elettore indicato dalla sorte, che non si presenti all’ora stabilita per l’elezione, verrà rimpiazzato da un altro cittadino, il di cui nome si estrarrà dall’urna in presenza degli elettori riuniti; né quello potrà nominarsi candidato qualunque causa lo abbia impedito di presentarsi.
113 I deputati del consiglio de’ notabili saranno eletti per cinque anni, ed ogni anno rimpiazzati per la quinta parte.
114. Cinque serie di rimpiazzi saranno determinate dai re, e la sorte regolerà tali serie.
115. Se usando del suo privilegio il re scioglie il consiglio de’ notabili, l’ordine della serie dovrà nuovamente regolarsi dalla sorte, in conformità dell’articolo precedente.
116. Il commercio del regno avrà cinque deputati al consiglio de’ notabili. Saranno essi scelti da un collegio di cento negozianti del regno, nominati a vita dal re, su di una doppia lista presentata dalla camera di commercio di Napoli.
117. L’università di Napoli nominerà due deputati, alla maggiorità assoluta delle voci de’ membri che la compongono.
118. Ogni corte di appello del regno nominerà un deputato preso fuori del suo seno, ed alla maggiorità delle voci de’ suoi membri, compresi i procuratori generali ed i loro sostituti. In caso di parità tra due concorrenti, verrà preferito chi abbia più anni. In uguaglianza d’anni, deciderà la sorte 119. Per essere deputato a nomina del commercio, dell’università, e delle corti d’appello, basta di essere cittadino originario del regno, ed in età d’anni 30.
120. I deputati del consiglio de’ notabili possono ritenere gl’impieghi, che occupano al momento della loro nomina. Ognuno però di essi, che durante il suo esercizio quinquennale accetti un impiego o una pensione dal governo, cessa nell’istante di far parte della camera, e vi è rimpiazzato dal suo supplente.
121. Nel cominciamento d’ogni sessione, il consiglio de’ notabili nomina cinque candidati, trai quali il re designa un presidente ed un vice presidente della camera.
TITOLO XI. Disposizioni comuni alle due camere.
122. Il senato, ed il consiglio de’ notabili concorrono ugualmente alla formazione delle leggi, nel modo che si stabilisce in appresso.
123. Le due camere debbono riunirsi in ogni anno. Esse verranno sempre convocate, aggiornate, e prorogate in un medesimo tempo.
124. Qualunque riunione delle due camere, o di una tra esse, senza convocazione, o dopo l’aggiornamento o la prorogazione dal re, o dopo lo scioglimento del consiglio de’ notabili, verrà considerata e trattata come un atto flagrante di ribellione contro la costituzione dello Stato.
125. L’apertura e la chiusura delle sessioni del parlamento si fa dal re, o da una delegazione regale al senato, in cui chiamasi ad intervenire il consiglio de’ notabili.
126. Le formalità da osservarsi nel ricevimento del re, o della delegazione regale al parlamento, vengono regolate dal re medesimo.
127. Tutte le comunicazioni necessarie tra le due camere ed il governo, hanno luogo per mezzo d’un ministro che n’è specialmente incaricato.
128. Nella morte del re, il parlamento è prorogato per dritto, né l’una e l’altra camera possono più riunirsi, senza una convocazione del nuovo sovrano, o della reggenza in caso di minorità.
129. I membri delle due camere sono inviolabili per tutto ciò che riguarda gli atti delle loro attribuzioni. Non possono essi inquisirsi giammai sotto qualunque titolo o pretesto per le opinioni, o pe’ voti che abbiano emessi.
130. I membri del senato o del consiglio de notabili, non possono venire arrestati durante la sessione del parlamento, senza l’autorizzazione della camera cui appartengono, o nel caso di flagrante violenza.
131. Se un membro del senato del consiglio de’ notabili viene arrestato nel caso di flagrante violenza prevista coll’articolo antecedente, dovrà porsi a disposizione della camera, di cui è membro, entro lo spazio di 24 ore.
132. Ciascuna delle due camere esercita la polizia nella sala delle sue sedute e nel recinto che ne dipende.
Può in conseguenza pronunziare contro i proprj membri, o altri individui che ne abbiano turbato l’ordine, una punizione non eccedente un mese di prigionia; salvo il rinvio del prevenuto a’ tribunali, se vi abbia luogo, quando siasi incorso in pene più gravi, indipendentemente da quella pronunziata dalla camera.
133. Le due camere si dividono in commissioni per l’esame delle materie, loro sottoposte dal re.
134. Ciascuna camera può supplicare il re, di prendere in considerazione oggetti legislativi, o amministrati vi, o anche affari particolari, che si riferiscano ad interessi pubblici; come il mantenimento della libertà individuale e del dritto di proprietà, o di ogni altro dritto garantito dalla costituzione e dalle leggi. Ma su di tali oggetti non possono le camere farsi tra loro alcuna comunicazione, nè prendere l’iniziativa per la redazione di alcun progetto di legge o di regolamento.
135. Le due camere hanno la facoltà di ricevere petizioni, ed interpellare testimonj su i fatti, che stimeranno a proposito di verificare; affinché sempre possano col loro intervento proteggere i dritti d’ogni cittadino.
136. Le petizioni ad ambe le camere debbono farsi per iscritto, ed i petizionarj non possono in caso alcuno essere intesi né al senato, né al consiglio de’ notabili, sia personalmente, sia per mezzo de’ loro incaricati.
137. I testimonj non possono rispondervi se non sulle domande di fatto che loro dirigonsi, e che saranno prima determinate nella camera. Né il presidente, né membro alcuno possono nulla aggiungere a tali dimande né i testimonj parlare più d’una volta su ciascuna di esse. Le loro dichiarazioni verranno redatte in iscritto alla loro presenza, e contrassegnate da loro.
138. Ciascuna camera ha un segretario redattore e conservatore nominato dalla medesima. Egli è responsabile del registro de’ processi verbali
e ne ha la custodia sotto la vigilanza del presidente.
Il numero e le funzioni degli altri ufficiali ed impiegati necessarj in ciascuna camera, verrà determinato dal re sulla proposta de’ presidenti.
139. Le sedute delle due camere sono pubbliche, ma la dimanda d’un terzo de’ membri presentì sarà bastante perché ciascuna camera si formi incomitato segreto. Similmente dovranno le camere deferire ad ogni invito del re per la discussione in comitato segreto di affari, che non converrebbe discutere altrimenti, salvo di render pubbliche le loro deliberazioni, quando alla maggiorità di oltre due terzi, credano che possa farsi senza inconveniente.
TITOLO XII. elle leggi, e degli atti del parlamento.
140. La proposizione delle leggi, e di tutti gli atti che debbono per loro natura discutersi nelle due camere del parlamento, appartiene al re.
141. La proposizione della legge annua sulle finanze, ed ogni proposizione di legge o atto concernente le contribuzioni pubbliche, vengono prima comunicate al consiglio de’ notabili, né passano al senato che dopo la deliberazione di quello.
142. Le proposizioni di leggi o atti su d’ogni altra materia, possono, a grado del re, portarsi prima al senato o al consiglio de’ notabili.
143. Tutte le leggi esistenti, e non contrarie alla presente costituzione rimanendo in vigore, il re farà attendere alla revisione di diversi rami di legislazione, affine di perfezionarli, coordinarli, metterli in armonia tra loro in modo da formare nelle parti e nel tutto, un corpo compiuto e regolare di leggi. Questo lavoro verrà presentato alle deliberazioni del parlamento.
I progetti di legge da presentarsi al parlamento, verranno tutti parati e discussi alla presenza del re, quando egli lo stimi a proposito, mediante una commissione di ministri e di consiglieri, formata a suo piacimento; o mediante l’intero consiglio di Stato. Allorquando il Re approverà i progetti sottomessigli, e sistemerà che possano discutersi al parlamento, egli ne ordinerà il rinvio ad una delle due camere colla formola seguente: “Rinviato al senato (o rinviato al consiglio de’ notabili) per essere esaminato dal parlamento”.
145. I progetti di legge potranno rimettersi al parlamento o con un semplice dispaccio del ministro incaricato diretto al presidente della camera cui il re ne ordina il rinvio, o per mezzo di commissarj specialmente delegati dal re a questo effetto de’ quali il ministro avrà annunciata la missione.
146. I commissarj nominati esporranno alla camera i motivi de’ progetti che recano. Avranno la facoltà di assistere e prender parte alle discussioni nell’una e nell’altra camera; ed a questo effetto il presidente ne farà loro conoscere il giorno destinato. Non avranno però in caso alcuno voce deliberativa.
147. Allorché un progetto è rimesso al parlamento, la camera che lo riceve, ne fa subito il rinvio ad una delle commessioni indicate nell’art. 133, né può aprirsene la discussione che sul rapporto della commissione medesima.
148. Approvato da una camera il progetto ricevuto, il presidente lo trasmette al presidente dell’altra, e ne previene il ministro.
149. La camera, cui il progetto è stato trasmesso, lo rinvia, come la prima, ad una delle commissioni menzionate nell’art. 133, e sul di lei rapporto ne apre la discussione.
150. Insorgendo objezioni al parlamento su i progetti presentativi per ordine del re, o proponendosi delle modificazioni; le commessioni, se ve ne sono, o i consiglieri che hanno preparati i progetti, possono sull’autorizazione del re, concertarsi colle commissioni d’ambe le camere, affine di
appianare le difficoltà, e di concorrere ad una redazione, che secondi le vedute del re e del parlamento.
151. Il re può in ogni tempo richiamare i progetti che ha fatti rimettere al parlamento, o per modificarli, o per sopprimerli, se lo stimi a proposito.
152. Allorché un progetto ha ricevuta l’approvazione delle due camere, il presidente di quella che lo ha esaminato in ultimo luogo, ne dirige al ministro una spedizione certificata, munita del suggello della camera. Ne dirige al tempo stesso una simile al presidente dell’altra camera, che ne ordina il deposito agli archivj.
153. I progetti discussi ed adottati dalle due camere, non ottengono forza di legge, se non in quanto vengono promulgati dal re.
154. La formola della promulgazione delle leggi, è così concepita : Per la grazia di Dio, e per la Costituzione dello Stato, re di Napoli.
Abbiamo proclamato e proclamiamo come legge dello Stato le seguenti disposizioni, esaminate sulla nostra proposizione nelle due camere del parlamento; cioè : nel senato il giorno … , e nel consiglio de’ notabili il giorno … (nominando sempre in primo luogo quella delle due camere, deliberato la prima).
Sieguono gli art. della legge.
Vogliamo e comandiamo che questa nostra legge da noi sottoscritta, e munita del nostro sigillo, si pubblichi colle ordinarie solennità in tutto il regno per mezzo delle autorità, cui appartiene, le quali dovranno registrarla ed assicurarne l’adempimento.
155. Ogni progetto adottato dalle due camere, e non promulgato dal re nello spazio di 30 giorni consecutivi a quello, in cui il presidente della camera ultima a discuterlo, ne fece la comunicazione al ministro, non può più acquistare forza di legge, se non dopo essere di nuovo rinviato al parlamento, e discussovi con tutte le solennità richieste.
TITOLO XIII. Del potere giudiziario.
156. L’applicazione delle leggi nelle cause civili e criminali, appartiene esclusivamente a’ magistrati dell’ordine giudiziario, secondo le giurisdizioni determinate dalla legge.
157. La corte di cassazione sarà conservata.
158. I magistrati dell’ordine giudiziario non possono essere destituiti, se non in vigore di un giudizio, reso nelle forme prescritte dalla legge.
159. Non possono essere sospesi, se non a ragione di un’acccusa, legalmente intentata, ed ammessa.
160. Nulla viene innovato relativamente a’ giudici di pace.
161. I corpi giudiziarj non possono deliberare che sugli affari contenziosi, loro sottomessi. È ad essi vietato di are regolamento alcuno, o di emettere sotto qualsiasi forma, alcuno avviso interpetrativo delle leggi, la di cui applicazione possa estendersi ad altre questioni, oltre quella il di cui giudizio fu loro commesso.
162. Tutti i cittadini dello Stato, sia in materia criminale, sia in civile, sono egualmente sottomessi alle stesse giurisdizioni, senza eccezione, né privilegio.
163. Niuno potrà essere sottratto a’ suoi giudici naturali . Resta quindi vietata ogni commissione straordinaria per l’esercizio delle funzioni giudiziarie.
164. Tutte le corti speciali resteranno disciolte al pubblicarsi di questa costituzione. Non potrà giammai stabilirsene alcuna, se non in forza d’una legge speciale.
165. Cogli articoli precedenti nulla s’intende innovato quanto alle giurisdizioni militari.
166. La pena della confisca de’ beni rimane abolita.
167. Contando al più tardi dall’anno 1816, l’ordine delle procedure criminali sarà regolato in guisa, che si pronunzj sulle quistioni di fatto da’ magistrati delle corti competenti, e da un numero eguale di Giuri non magistrati. I soli giudici applicheranno la legge.
TITOLO XIV. Delle amministrazioni provinciali.
168. Ogni provincia essendo capace di stabilimenti, di rendite, d’interessi che le son proprj, e che non dipendono da quelli appartenenti allo Stato in corpo, o al corpo dello Stato, avrà.
un procuratore sindaco, specialmente incaricato d’invigilarvi.
169. Questo procuratore sindaco verrà nominato dal re per cinque anni sulla presentazione di tre candidati, fatta dal corpo elettorale de’ sindaci ed elettori speciali, allorché si riuniranno per l’elezioni al consiglio de’ notabili.
Potrà egli essere continuato nelle sue funzioni, finché il suo nome venga riprodotto tra quei de’ candidati, che presenterà il corpo elettorale.
170. Il procuratore sindaco sarà membro aggiunto del consiglio d’Intendenza, e del consiglio provinciale.
171. Egli farà presso l’intendente tutte le istanze necessarie al compimento delle misure proposte dal consiglio di provincia, che abbiano ottenuta l’approvazione del Governo.
172. Egli sarà il controlloro di tutti gl’introiti ed esiti provinciali propriamente detti, come di quei degli stabilimenti della provincia.
173 I fondi appartenenti a ciascuna provincia, o a’ suoi stabilimenti, non potranno sotto qualunque pretesto distrarsi dalla destinazione avuta, è se ne renderà in ogni anno un conto particolare.
TITOLO XV. Delle amministrazioni comunali.
174. Dovendo i sindaci concorrere cogli elettori speciali d’ogni comune nell’elezione de’ deputati delle provincie al consiglio de’ notabili; la nomina de’ sindaci dovrà emanare da’ cittadini della comune che essi rappresenteranno in qualità d’elettori.
175. In conformità del disposto nell’articolo precedente, gli abitanti d’ogni comune, riuniti in parlamento generale secondo le antiche pammatiche ed usi del regno, nomineranno il decurionato della comune, ed il decurionato farà la nomina del sindaco; salva l’approvazione del Governo, che non potrà negarsi senza motivo. Le funzioni de’ decurioni e de’ sindaci dureranno cinque anni.
176. I parlamenti generali delle comuni, all’epoca di riunirsi per la nomina de’ decurionati, designeranno prima di tutto i loro elettori speciali, di cui si è parlato nell’art. 110. Questi
elettori potranno in un tempo essere membri de decurionati, qualora trovinsi destinati a tali funzioni dal voto de’ parlamenti comunali.
177. Le rendite comunali d’ogni specie saranno esclusivamente applicate alle spese, che i parlamenti generali delle comuni o i decurionati abbiano avuto in voto, ed il Governo abbia approvato. Non potranno esse distrarsi da tale destinazione.
TITOLO XVI. Disposizioni generali.
178. La carriera de’ pubblici impieghi è aperta ad ogni napolitano senza distinzione alcuna.
179. I pubblici impieghi non possono conferirsi nel regno che ad individui napolitani.
180. La legge determina le condizioni necessarie, perché un estraneo possa essere naturalizzato, e godere i dritti di cittadino napoletano.
181. In qualunque epoca siasi la naturalizzazione ottenuta, o possa ottenersi, non vi è caso in cui renda un estraneo ammissibile al senato o al consiglio de’ notabili, né agl’impieghi di ministro e di grande ufficiale della corona; dovendo tali impieghi appartenere in ogni tempo ai napolitani di origine.
182. Alla disposizione contenuta nell’articolo precedente, non potrà mai farsi alcuna eccezione se non per eminenti servigj militari, e per un atto, proposto dal re al parlamento, discusso ed ammesso nelle sue camere.
183. Nel regno di Napoli ogni cittadino ha dritto di fare imprimere e pubblicare le sue opinioni; salve le disposizioni legislative, destinate a prevenire o a reprimere gli abusi di tale libertà. Queste disposizioni verranno proposte dal re al primo parlamento, riunito costituzionalmente.
184. Il dritto di proprietà è inviolabile. Niuno può essere privato di quella che possiede a giusto titolo se non a motivo di utilità pubblica dichiarata dal Governo, e per mezzo di una giusta e precedente indennità.
185. Il debito pubblico è garantito, ed il pagamento delle rendite inscritte al gran libro a pro de’ creditori dello Stato, sarà sempre la prima e la più urgente spesa, cui il tesoro reale dovrà provvedere.
186. Tutte le alienazioni fatte dal Governo in qualunque tempo, ed a qualunque titolo, sono irrevocabili.
187, Niuna alienazione di demanio, o di ogni altra proprietà dello Stato, potrà in avvenire aver luogo, se non in virtù di una legge, e colle formalità che la legge avrà prescritte.
188. Il parlamento verrà indispensabilmente convocato nel corso dell’anno presente, affine di deliberare sulla legge dalle finanze per l’anno 1816.
Data dal nostro quartiere generale di
Rimini li 30 marzo 1815.
Firm. GIOACCHINO NAPOLEONE.
Da parte del Re,
Il Ministro Segretario di Stato
Firmato CONTE DI MOSBOURG.
Pubblicata in Napoli il dì 18 Maggio 1815.