Discorso di Vittorio Emanuele al primo parlamento nazionale

Discorso della Corona, tenuto dal re Vittorio Emanuele II, nell’apertura della prima legislatura del Regno d’Italia

SIGNORI SENATORI, SIGNORI DEPUTATI!
Libera ed unita quasi tutta, per mirabile aiuto della Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli, e per lo splendido valore degli Eserciti – l’Italia confida nella virtù e nella sapienza vostra.
A voi si appartiene il darle istituti comuni, stabile assetto.
Nello attribuire le maggiori libertà amministrative a popoli che ebbero consuetudini ed ordini diversi veglierete perchè la unità politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata.
L’opinione delle genti civili ci è propizia, ci sono propizi gli equi e liberali principii che vanno prevalendo nei Consigli d’Europa. L’Italia diventerà per essa una guarentigia di ordine e di pace, e ritornerà efticace strumento della civiltà universale.
L’Imperatore dei Francesi, mantenendo ferma la massima del non intervento, a noi sommamente benefica, stimo tuttavia di richiamare il suo inviato. Se questo fatto ci fu cagione di rammarico, esso non altero i sentimenti della nostra gratitudine, nè la fiducia nel suo affetto alla causa italiana.
La Francia e l’Italia, che ebbero comune la stirpe, le tradizioni, il costume, strinsero sui campi di Magenta e di Solferino un nodo indissolubile.
Il Governo ed il popolo d’Inghilterra, patria antica delle libertà, affermarono altamente il nostro diritto ad essere arbitri delle proprie sorti e ci furono larghi di confortevoli uffici, dei quali durerà imperitura la riconoscente memoria.
Salito sul trono di Prussia un leale ed illustre Principe, gli mandai un ambasciatore a segno di onoranza verso di Lui e di simpatia verso la nobile Nazione Germanica, la quale, io spero, verrà sempre più nella persuasione che l’Italia costituita nella sua unità naturale non può offendere i diritti nè gl’interessi delle altre Nazioni.
SIGNORI SENATORI, SIGNORI DEPUTATI!
Io son certo che vi farete solleciti a fornire al mio Governo i modi di compiere gli armamenti di terra e di Diare. Cosi il Regno d’Italia, posto in condizione di non temere offesa, troverà più facilmente nella coscienza delle proprie forze la ragione dell’opportuna prudenza.
Altra volta la mia parola suono ardimentosa, essendo savio cosi lo osare a tempo come lo allendere a tempo. Devoto all’Italia, non ho mai esitato a porre a cimento la vita e la corona; ma nessuno ha diritto di cimentare la vita e le sorti d’una Nazione.
Dopo molte segnalate vittorie, l’Esercito italiano, crescente ogni giorno in fama, conseguiva nuovo titolo di gloria espugnando una fortezza delle più formidabili. Mi consolo nel pensiero che là si chiudeva per sempre la serie dolorosa dei nostri conflitti civili. L’Armata navale ha dimostrato nelle acque di Ancona e di Gaeta che rivivono in Italia i marinai di Pisa, di Genova e di Venezia.
Una valente gioventù, condotta da un Capitano che riempi del suo nome le più lontane contrade, fece manifesto che ne la servitù nè le lunghe sventure valsero a snervare la fibra dei popoli Italiani.
Questi fasti hanno inspirato alla Nazione una grande confidenza nei propri destini.
Mi compiaccio di manifestare al primo Parlamento d’Italia la gioia che ne sente il mio animo di Re e di Soldato.
VITTORIO EMANUELE.

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