Filippo Corridoni – Prima parte

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Filippo Corridoni: sindacalista, rivoluzionario e interventista

Categoria: Saggi biografici

Il sindacalista rivoluzionario e interventista Filippo Corridoni nacque a Pausula (comune poi ribattezzato in suo onore Corridonia), in provincia di Macerata, il 19 agosto 1887 da una famiglia di ceto sociale modesto.
Il padre si chiamava Enrico ed era un operaio in una fornace, la madre Enrichetta Paccazocchi rimaneva invece a casa a curare la famiglia.
Oltre a Filippo detto Pippo, il primogenito, ebbero altri figli: Giuseppe detto Peppino, Ubaldo detto Baldino e Maria.
Grazie all’aiuto di un prozio francescano e predicatore, anch’egli di nome Filippo, Corridoni ricevette una infarinatura di cultura umanistica e riuscì così a superare l’esame di terza elementare. Grazie al suo istitutore ricevette anche le nozioni di base di latino e francese: ciò gli consentì poi di leggere gli scritti dei francesi Georges Eugène Sorel (1847-1922) e Gustave Hervé (1871-1944), scritti basilari per il movimento sindacalista rivoluzionario.
Venne avviato alle scuole tecniche a Macerata dopo la conclusione delle elementari, ma a causa di ristrettezze economiche dei genitori dovette lasciare gli studi e andare a lavorare anche lui in una fornace. Grazie alla sua intelligenza e ad un considerevole impegno però riuscì a proseguire gli studi presso l’Istituto superiore industriale di Fermo, avendo ottenuto una borsa di studio, e conseguì così, nel 1904, il diploma di perito meccanico e disegnatore di macchine.
Si appassionò alle letture delle opere di Carlo Pisacane, Giuseppe Mazzini e Karl Marx, letture politicamente eclettiche che caratterizzarono tutta la sua vita e che lo portarono a lottare per l’emancipazione delle classi sociali meno abbienti e ad avvicinarsi originariamente a posizioni repubblicane e mazziniane.
Per questo periodo successivamente lui affermò che nutriva “idealità repubblicane” nutrite “fin dalla prima infanzia” (La mia vita, in Rivista di cultura, 1936, p. 21).
Nel gennaio 1905, a diciotto anni, si trasferì a Milano, una metropoli in espansione per via della fase di rivoluzione industriale che stava vivendo. Qui trovò lavoro come disegnatore meccanico presso l’industria metallurgica “Miani e Silvestri” (la futura Om). Affiancò sin da subito all’attività lavorativa quella politica iscrivendosi al Partito Socialista e così incontrò le sue prime guide nella formazione politica, Braccialarghe e Giovanni Petrini spostandosi rapidamente su posizioni sindacaliste rivoluzionarie. Ben presto, dal gennaio 1907, divenne segretario della sezione giovanile di Porta Venezia del Partito socialista. In questo periodo venne licenziato dalla Miani e Silvestri ma trovò lavoro, nella stessa mansione, presso la ditta Helvetica, dove rimase fino al marzo 1907.
Nel marzo 1907 (questo fu un anno di intensa attività politica e propagandistica) fondò con una giovane anarchica, Maria Rygier (1885-1923), il giornale antimilitarista “Rompete le Righe!” (il motto del giornale era: “L’esercito non si nega. L’esercito si conquista. Faremo la rivoluzione con l’esercito non contro l’esercito”), avvicinandosi così alla corrente sindacalista rivoluzionaria. Di questo giornale uscirono circa una decina di numeri.
In aprile venne nominato vice segretario della federazione provinciale socialista di Milano ed in giugno, assieme a Costantino Lazzari, fondò il circolo anticlericale Giordano Bruno.
Nel frattempo partecipò attivamente allo sciopero generale dei metallurgici nell’aprile, che fu contrastato dai riformisti e fallì, e alle manifestazioni anticlericali di maggio. Dopo questi eventi venne arrestato e subì il suo primo processo venendo condannato a 33 giorni di reclusione nel maggio del 1907, ma venne rilasciato perché incensurato (nei successivi otto anni subì altri 30 processi).
Al fine di attirare l’attenzione sulla sua pubblicazione Corridoni inviò alcuni numeri all’onorevole romano di area conservatrice Felice Santini (1850-1922) al fine di suscitarne la reazione e provocare di conseguenza una bagarre pubblicitaria fingendosi un cittadino sdegnato:

Voi, on. Santini, che siete vigile sentinella dell’onore e della vita della Patria e della Dinastia, come non sentite l’anima vostra accendersi degli sdegni più fieri contro l’abbominevole opera di questo giornale che si può pubblicare a Milano? Svegliate i dormienti del governo. La Patria è in pericolo.[1]Masotti, Corridoni, pag.27

In seguito all’intervento dell’onorevole contro il giornale e alla sua distribuzione davanti ad una caserma, Corridoni venne condannato a cinque anni di detenzione per apologia di reato e il giornale chiuso. Uscì però prima della fine della pena, il 19 novembre 1907, grazie ad un’amnistia, riparando a Nizza dove fece amicizia con Edmondo Rossoni (1884-1965) e continuò la sua attività politica e antimilitarista; in questo periodo venne colpito dalla tisi.
Mentre era in esilio scrisse sul giornale “L’Internazionale”, l’organo della Camera del Lavoro “sindacalista rivoluzionaria”[2]Già nell’estate del 1907 a Ferrara si svolse un convegno nazionale dei sindacalisti rivoluzionari, durante il quale venne approvata l’espulsione dei mezzadri, affittuari e … Continue reading di Parma, poi pubblicato anche a Milano e a Bologna: oltre ai fratelli Alceste e Amilcare De Ambris (1884-1951, questi sposerà poi la sorella di Filippo, Maria), si occupavano del giornale anche Michele Bianchi (1883-1930), Paolo Mantica, Tullio Masotti (1886-1949), Umberto Pasella, Cesare (1887-1967) e Romualdo Rossi, Angelo Oliviero Olivetti (1874-1931), ed altri esponenti del sindacalismo rivoluzionario, che poi si ritroveranno, almeno in parte, nei Fasci d’Azione Internazionalista. Questi attivisti “concepiscono il sindacalismo come una lotta radicale, di classe e antipartitica, convinti che un’élite operaia ben organizzata possa sempre catalizzare attorno a sé il conflitto con la borghesia e uscirne vittoriosa.”
Quando a Parma nel 1908 incominciarono gli scioperi dei braccianti, lasciò Nizza sotto il falso nome di Leo Celvisio, in ricordo della rocca di San Leo, una fortezza papalina dove venivano rinchiusi soprattutto i detenuti politici, e tornò clandestinamente nel paese dove partecipò all’organizzazione dei moti rivoluzionari che scoppiarono a Parma (giunse in città il 20 giugno) e nella Pianura Padana nel maggio-luglio del 1908 (lo “sciopero agrario” contro l’Associazione Agraria parmense guidata da Lino Carrara, 1869-1955).
Il 20 giugno la polizia occupò la Camera del Lavoro e costrinse alla fuga De Ambris: a quel punto Corridoni assume la guida del movimento.
La polizia verso fine agosto lo identificò a causa di un articolo pubblicato da un giornale socialista e Corridoni dovette fuggire prima a Milano e poi a Lugano e a Zurigo (Svizzera) ove visse in povertà e dovette svolgere umili lavori per riuscire a vivere.
I moti parmensi vennero però condannati durante il X Congresso del PSI (Firenze 19-22 settembre 1908) guidato da Andrea Costa (1851-1910), durante il quale i riformisti ottennero la maggioranza nel partito e venne proclamata l’incompatibilità dei sindacalisti rivoluzionari con il partito, provocando così l’allontanamento di Corridoni.
Verso fine anno, a dicembre, Corridoni venne chiamato appositamente da Parma a dirigere la neonata Camera del Lavoro di S. Fedele sul Panaro (Modena) sindacalista rivoluzionaria, in opposizione a quella socialista riformista di Mirandola. Dopo questo il Segretariato comunale di Finale si trasforma a sua volta in Camera del lavoro, questo comportò la presenza in un’area ristretta di tre Camere del lavoro minori concorrenti, oltre alle due principali di Modena e Carpi.
Nel febbraio del 1909 gli fu possibile rientrare nel modenese grazie ad una nuova amnistia e si recò dalla famiglia a Pausula. Nella sua nuova funzione di segretario camerale tentò di operare una sintesi fra le posizioni rivoluzionarie e quelle riformiste del proletariato socialista (ricercò una soluzione unitaria tra riformisti e rivoluzionari in funzione degli obiettivi della tariffa unica, del controllo del collocamento e delle migrazioni interne), pur propendendo per le prime. L’operazione non riuscì e Corridoni venne emarginato dal movimento sindacale, in cui prevalse l’ala riformista; in agosto al riguardo propose la fusione delle camere del lavoro di zona, progetto che andò in porto con una soluzione di compromesso in novembre. In questo periodo partecipò anche all’organizzazione dello sciopero di Piombino contro il caro vita.
Nel maggio partecipò a Bologna al Congresso Nazionale dell’Azione Diretta, dove sostenne l’unità sindacale e la permanenza nella Confederazione Generale del Lavoro.
Per affrontare questa situazione conflittuale nel territorio modenese nell’agosto del 1909, a seguito di svariati scontri anche tra i membri delle CdL, si svolse un congresso per l’unificazione delle tre che si concluse con la vittoria dell’ala guidata da Corridoni e l’approvazione del progetto di unificazione delle tre CdL in una unitaria (i socialisti riformisti a loro volta riunirono le loro CdL di Mirandola e Finale).
Dopo un altro arresto in ottobre (Corridoni fu arrestato circa trenta volta nella sua vita) che gli comportò una condanna ad 8 mesi per “eccitamento alla rivolta e al saccheggio” dopo una protesta svoltasi a Mirandola per la fucilazione di un anticlericale anarchicheggiante spagnolo, Francisco Guardia Ferrer. Dopo questo si svolsero in novembre le elezioni per la CdL unitaria che videro la vittoria dei socialisti con 6.867 voti contro i 6.670 dei sindacalisti.
Corridoni, lontano da queste vicende a causa dell’arresto, tornò a Modena dopo la scarcerazione avvenuti nel maggio del 1910 vi fondò un Comitato Sindacalista e il settimanale “La Bandiera Rossa” (in opposizione all’organo della nuova CdL “La Bandiera del Popolo”), da questo giornale attaccò la politica adottata dalla guida riformista della CdL, la sua estromissione dalla stessa e l’accordo concluso tra sindacalisti e socialisti nell’area.
Passò poi a collaborare con due testate dirette da Edmondo Rossoni “Bandiera Proletaria” e “Bandiera del Popolo”, giornali sui quali condusse una campagna anticlericale.
Altro significativo elemento del suo sviluppo politico fu la sua partecipazione al dibattito sulla costituzione di un partito insurrezionalista, promosso da Ottavio Dinale (1871-1959) sulla rivista da lui diretta “Demolizione” (pubblicata tra il 1907 e il 1911 prima in Francia e poi in Italia, a Milano). Corridoni definì l’idea “solo una trovata romantica”, non ritenendola realistica per la situazione contingente di sviluppo del paese.
Dopo essere tornato nell’ottobre 1910 a Pausula, visto il fallimento del suo tentativo di innescare principi rivoluzionari nel movimento sindacale, si trasferì a Milano nel gennaio del 1911 e qui riprese la sua azione propagandistica diretta verso la classe operaia, tentando di introdurre nel sindacato di mestiere, legato alla qualifica, un diverso metodo organizzativo, ossia i sindacati di industria, basato sull’unità produttiva (organizzazione degli operai fabbrica/utilità produttiva per fabbrica e non in base alla qualifica) e sull’espansione del ruolo del lavoratore e la promozione della “contrattazione aziendale”, stimolata dal’azione delle rappresentanze sindacali sui luoghi di lavoro.
Secondo lui questo metodo avrebbe portato alla nascita di nuovi tipi di relazioni industriali, ma nel contempo avrebbe introdotto un principio interclassista dal punto di vista politico. Nonostante tale metodo non avesse fatto proseliti, Corridoni fu riconosciuto come uno dei capi del sindacalismo rivoluzionario di Milano. Corridoni commentò:

Milano è una delle poche città d’Italia che è ricca di tutte le caratteristiche necessarie ad un completo trionfo delle nostre idealità: industrialismo sviluppatissimo, contrasti di classe netti e vivi, nessuna infatuazione elettoralistica, accentuato spirito battagliero, fusione completa tra indigeni e immigrati e quindi nessuna acredine regionalistica: purtuttavia il riformismo- e cioè: l’armonia fra le classi, l’intrigo piccolo borghese e bottegaio, il cretinismo schedaiolo, la repugnanza per qualsiasi lotta che potrebbe accentuare la lotta di classe a detrimento della pace sociale e quindi dell’iride elettorale- da dieci anni vi ha regno incontrastato, e, proprio a Milano, è riuscito ad esercitare i suoi più malsani esperimenti.[3]Masotti, Corridoni, pag. 51-52

A Milano svolse l’attività di cronista per il quotidiano dei ferrovieri “La Conquista”, diretto da Livio Ciardi (1881-1943), in questo periodo assunse anche la guida del sindacato Gasisti (né divenne segretario nel 1911) e divenne in seguito segretario della Camera del Lavoro di Legnano.

La guerra in Libia

Al tempo della guerra di Libia (azione definita dai suoi oppositori “brigantaggio coloniale”) Corridoni prese una posizione di netta contrarietà al conflitto, condivisa anche da Alceste De Ambris, non per motivazioni strettamente ideologiche ma perché riteneva in sé inutile per le sorti del paese questo conflitto[4]La sua contrarietà era condivisa anche dal socialista Amilcare Cipriani (1844-1918), dal sindacalista rivoluzionario Alfredo Polledro (1885-1948), da Alceste De Ambris, mentre erano favorevoli … Continue reading e fu uno dei propugnatori con i suoi seguaci dello sciopero generale contro l’intervento in Africa svoltosi il 27 settembre ed approvato durante un comizio indetto a Milano il 24 da Corridoni e Paolo Valera.
Nel 1911 quindi, alla vigilia della spedizione, pubblicò l’opuscolo Le rovine del neo-imperialismo Italico (pubblicata nel 1912 dalla Tip. Camerale) nel quale conduceva un’analisi comparata della situazione economica del paese e sondava i rischi e le scarse opportunità che tale impegno, la guerra libica, comportava; vi opponeva il proletariato senza patria alla borghesia che concepisce la patria come “quell’insieme di organismi repressivi e compressivi che proteggono i suoi affari e le sue digestioni”, questa borghesia agitava il patriottismo perché presupponeva “armonia di classe e interessi convergenti”, se il proletariato avesse accettato questo punto di vista sarebbe stato inevitabilmente condotto alla collaborazione tra le classi, per opporvisi il proletariato deve adottare una rigida intransigenza classista.
Questa sua battaglia continuò anche l’anno successivo quando presentò anche, il 23 giugno 1912, un ordine del giorno durante un comizio tenuto congiuntamente all’Arena dalla Camera del Lavoro e dai sindacati, approvato a larga maggioranza, nel quale si propone alla Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) di indire uno sciopero generale per sollecitare il ritiro delle truppe dall’Africa e la liberazione dei prigionieri politici.
Secondo Corridoni, per gli operai e le masse lavoratrici non era possibile ottenere dei concreti miglioramenti nella loro condizione sociale proporzionati ai sacrifici che erano loro richiesti per affrontare lo sforzo bellico del paese. Questo pensiero è indicativo dell’eclettismo ideologico corridoniano in riferimento a quella che doveva essere l’azione propriamente intesa “di classe” (come intesa normalmente nell’area marxista) e che troverà la sua sintesi in Sindacalismo e Repubblica (pubblicato postumo nel 1921 a Parma): non una contrapposizione frontale (se non nel momento dello scontro che si esplica nella forma dello sciopero) quanto piuttosto un criticismo propositivo, strada che sarà poi intrapresa dall’USI (Unione Sindacale Italiana) alla fine della prima guerra mondiale.
In seguito ad una nuova ondata di scioperi che si svolsero dappertutto in Italia, la componente rivoluzionaria socialista riprese importanza e poté portare alla dirigenza delle organizzazioni diversi esponenti e Benito Mussolini (1883-1945) alla direzione dell'”Avanti!”.
Nel giugno 1912 Corridoni indisse uno sciopero generale dei gasisti milanesi dell’Union de Gaz, in qualità di segretario della relativa lega, carica assunta nel 1911. La protesta fu provocata dal licenziamento di alcune decine di operai e dal rifiuto di Corridoni di cercare soluzioni intermedie, come la sotto-posizione della vertenza ad un collegio arbitrale, soluzione caldeggiata dai riformisti. Lo sciopero non conseguì alcun risultato, dopo questo insuccesso ricoprì la carica di segretario del sindacato provinciale edile a Bologna.
Nel novembre 1912 Corridoni partecipò a Modena al congresso istitutivo dell’Unione Sindacale Italiana (USI)[5]La sede di questo sindacato venne posta a Parma. Alla fine del 1913 questo sindacato giunge i 150.000 iscritti, la CGdL ne aveva 300.000. che si svolse dal 23 al 25 novembre con la partecipazione di 153 delegati in rappresentanza di circa 73.000 aderenti. Durante il congresso presentò una relazione sulle “forme di lotta e di solidarietà” sostenendo la necessità di agire al fine di accelerare la caduta del regime capitalistico mediante la proclamazione di scioperi antiproduttivi, vi affermava che solo con “la più assoluta e rigorosa lotta di classe combattuta direttamente dal sindacato di mestiere”, il proletariato avrebbe conquistato la sua emancipazione dalla schiavitù del capitale.
In questo congresso si fronteggiarono due mozioni, uno presentato da Ines Bitelli, contraria alla scissione dalla confederazione che ottenne 28.856 voti ed una mozione di Alceste De Ambris favorevole che ottenne 42.114 voti e nella quale delineava i motivi della rottura con la CGdL, identificati con la sua subordinazione alla linea politica del partito socialista e alla sua azione parlamentare; l’accentramento; il burocraticismo; il corporativismo derivante dalla prevalenza delle federazioni di mestiere sulle Camere del lavoro, le alte quote di iscrizione, che si decise la fondazione di questo nuovo sindacato; per questo l’USI avrebbe avuto come caratteristiche fondanti la apartiticità e l’autonomia delle organizzazioni affiliate.
Ala fine del congresso venne anche approvata una mozione da lui presentata nella quale si affermava che solo con “la più assoluta e rigorosa lotta di classe combattuta direttamente dal sindacato di mestiere” il proletariato avrebbe conquistato la sua emancipazione dalla schiavitù del capitale, per farlo aveva come “armi transitorie” lo sciopero di categoria, il boicottaggio, il sabotaggio e lo sciopero generale di tutti i lavoratori “l’unico mezzo efficace e idoneo alla definitiva espropriazione della classe borghese”[6]Furiozzi, Il sindacalismo rivoluzionario italiano, pag.52. mediante la sua progressiva erosione del profitto capitalistico fino a ridurlo alla sola difesa del capitale.
Il Comitato Centrale del neo-costituito sindacato assegnò a Corridoni il compito di formare, con sede a Milano, un Sindacato Metallurgico, uno dei tre sindacati nazionali che si era progettato di formare, gli altri erano dei Lavoratori della Terra e delle Costruzioni.
Questo sindacato venne creato in seguito ad una scissione dei sindacalisti rivoluzionari dalla CGdL, il sindacato confederale legato al partito socialista da cui i rivoluzionari si erano già allontanati nel 1907 e poi riavvicinate nel 1909. Vari personaggi di spicco passarono all’USI: dai fratelli De Ambris a Giuseppe Di Vittorio (1892-1957), Tullio Masotti, Pulvio Zocchi, Alberto Meschi.
Il programma di questa organizzazione venne riassunto in un articolo apparso su l’Internazionale, organo del sindacato:

Il sindacalismo rivoluzionario antipolitico, decentratore, autonomista, libertario, non burocratico, combattivo, non idolatra di mezzi finanziari … prepara l’avvento di una società in cui non vi siano nuovi padroni in sostituzione degli attuali; ma una uguaglianza, una libertà che non siano solo parole vuote di significato.[7]http://www.grandeguerra.ccm.it

Già nel 1906 si erano avuti i primi grossi dissidi tra le varie anime del sindacato (quell’anno infatti l’ala minoritaria aveva lasciato il Congresso di Modena), ma fu solo l’anno successivo che per iniziativa della Camera del Lavoro di Parma venne costituito un gruppo unitario per raggruppare le opposizioni. La Camera del Lavoro il 23 ottobre deliberò di sospendere ogni adesione alla CGdL e il 3 novembre organizzò un convegno tra le forze sindacali contrarie alla stessa. Queste forze decisero di formare un Comitato di Resistenza per coordinarsi e per “sanzionare la volontà proletaria mediante l’azione diretta culminante in supremi momenti nello sciopero generale”[8]http://www.grandeguerra.ccm.it.<br”>
L’USI ottenne numerose adesioni a livello nazionale, soprattutto a Genova, ove le camere del lavoro più importanti, come quella di Sestri Ponente, passarono in gran parte all’USI.
Nel gennaio 1913[9]Questo anno, il 26 febbraio, presentò anche un progetto per l’istituzione di un sindacato dei lavoratori metalmeccanici, questo prevedeva la formazione di organi di fabbrica chiamati … Continue reading l’ordine del giorno proposto da Corridoni al Consiglio generale della Camera del Lavoro di Milano, mirante a consentire ad ogni lega dei lavoratori di scegliere a quale organizzazione nazionale aderire (linea decisa nel congresso di Modena del novembre del 1912 dei sindacalisti rivoluzionari), venne bocciato, causando così l’uscita di varie organizzazioni, che poi confluiranno nell’Unione Sindacale Milanese (USM), organizzazione autonoma associata all’USI fondata nell’aprile 1913 a Milano su inspirazione di Corridoni e della quale divenne responsabile. Tra maggio e giugno partecipò attivamente allo sciopero generale metalmeccanico di Milano (lo sciopero era iniziato il 19 aprile sotto la guida di Corridoni e poi si era esteso a questi settori), con l’appoggio di Mussolini e della locale Camera del Lavoro ma non della CGdL che lo boicottò. Per questa sua azione, nello stesso mese, venne rinviato a giudizio per questo e poi condannato ad una pena detentiva.
La mobilitazione delle masse si estese il 1° maggio quando si svolse una grande manifestazione degli aderenti: due cortei, formati nel complesso da 50.000 lavoratori, si riunirono all’Arena. Ai primi del 1914 l’USM guidata da Corridoni affiancò la sinistra rivoluzionaria milanese per l’elezione di Amilcare Cipriani alla Camera nel VI Collegio di Milano dopo che Treves, eletto anche a Bologna, scelse quest’ultimo collegio (Cipriani venne eletto ma non assunse la carica per essersi rifiutato di prestare il giuramento). I due movimenti, grazie anche a Mussolini che appoggiò inizialmente le azioni e le agitazioni promosse da Corridoni, si avvicinarono per la lotta in corso presso le officine Miani e Silvestri ma alla fine lo sciopero venne interrotto senza sostanziali risultato il che causò una polemica tra Corridoni e il direttore dell'”Avanti!”.
Il 27 e 28 maggio lo sciopero poi si estese anche ai lavoratori tranvieri fatto che paralizzò la città e portò all’intervento del governo che dispose l’arresto di Corridoni. In risposta a questo intervento il 13 giungo i sindacalisti rivoluzionari indissero, con la Camera del lavoro, un nuovo sciopero generale che però non ebbe grande successo.
Con la collaborazione dei fratelli De Ambris, organizzò una serie di scioperi che continuarono, che durarono per tre mesi a partire da maggio a Milano fino ad agosto quando indisse uno sciopero generale, ed ottenne l’adesione al sindacato USM dei sindacati metallurgici, dei gassisti (fu segretario della loro lega dal 1911), dei lavoratori del settore vestiario, dei tappezzieri di carta e dei decoratori, raggiungendo una trentina di leghe e circa 17.000 organizzati. Durante questi stessi anni (1913-14), oltre che dai fratelli De Ambris venne appoggiato nella sua azione da Benito Mussolini, allora direttore del giornale socialista l'”Avanti!”.
In settembre, dal 15, prese parte invece allo sciopero delle lavoratrici del settore delle calzature, sciopero che si protrasse per quattro mesi, a novembre iniziarono a palesarsi i primi seri problemi, e si concluse senza alcun risultato per le maestranze.

Filippo Corridoni – Seconda parte

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References

References
1 Masotti, Corridoni, pag.27
2 Già nell’estate del 1907 a Ferrara si svolse un convegno nazionale dei sindacalisti rivoluzionari, durante il quale venne approvata l’espulsione dei mezzadri, affittuari e compartecipanti e l’uscita dal PSI.
3 Masotti, Corridoni, pag. 51-52
4 La sua contrarietà era condivisa anche dal socialista Amilcare Cipriani (1844-1918), dal sindacalista rivoluzionario Alfredo Polledro (1885-1948), da Alceste De Ambris, mentre erano favorevoli all’operazione Angelo Oliviero Olivetti, il sindacalista rivoluzionario Arturo Labriola (1873-1959) e il giornalista Paolo Orano (1875-1945).
5 La sede di questo sindacato venne posta a Parma. Alla fine del 1913 questo sindacato giunge i 150.000 iscritti, la CGdL ne aveva 300.000.
6 Furiozzi, Il sindacalismo rivoluzionario italiano, pag.52.
7, 8 http://www.grandeguerra.ccm.it
9 Questo anno, il 26 febbraio, presentò anche un progetto per l’istituzione di un sindacato dei lavoratori metalmeccanici, questo prevedeva la formazione di organi di fabbrica chiamati “cellule”, uniti a quattro in “aggruppamenti”, corrispondenti ai quattro rami del settore (industrie ferrovie, industrie ciclistiche e automobilistiche, costruzioni meccaniche e macchine utensili, piccola meccanica) ed infine in una “federazione d’industria” che svolgeva l’attività di coordinatore di singoli sindacati.

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