Guarentigie della Magistratura del 1946

Regio Decreto Legislativo 31 maggio 1946, n. 511. Guarentigie della Magistratura.

(GURI n. 136, 22 giugno 1946)

UMBERTO II
RE D’ITALIA
Visto l’art. 4 del decreto-legge Luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151;
Visto il decreto legislativo Luogotenenziale 1° febbraio 1945, n. 58;
Visto il R. decreto legislativo 10 maggio 1946, numero 262;
Visto l’ordinamento giudiziario approvato con Regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
Visto il decreto legislativo Luogotenenziale 8 febbraio 1945, n. 114;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia, di concerto col Ministro per il tesoro;
Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

TITOLO I. DELLE GUARENTIGIE DELLA MAGISTRATURA

CAPO I Della inamovibilità.
Art. 1.
(Disposizione generale)
I magistrati non possono essere privati delle funzioni e dello stipendio, collocati in aspettativa, in disponibilità o a riposo, oppure essere destinati ad altra sede o ad altre funzioni, se non nei casi e nelle forme previsti dal presente decreto.

Art. 2.
(Inamovibilità della sede)
I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore del Regno o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli articoli 16, 18 e 19 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, o quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, non possono, nella sede che occupano, amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario. Il parere del Consiglio superiore è vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti.
In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.
Qualora venga ridotto l’organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede.
Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.

Art. 3.
(Dispensa dal servizio o collocamento in aspettativa di ufficio per debolezza di mente od infermità).
Se per qualsiasi infermità, giudicata permanente, o per sopravvenuta inettitudine, un magistrato non può adempiere convenientemente ed efficacemente ai doveri del proprio ufficio, è dispensato dal servizio, previo parere conforme del Consiglio superiore della magistratura.
Se la infermità ha carattere temporaneo, il magistrato può, su conforme parere del Consiglio superiore, essere collocato di ufficio in aspettativa fino al termine massimo consentito dalla legge.
Decorso tale termine, il magistrato che ancora non si trovi in condizioni di essere richiamato dall’aspettativa, è dispensato dal servizio.
Le disposizioni precedenti per quanto concerne il parere del Consiglio superiore non si applicano agli uditori, i quali possono essere collocati in aspettativa o dispensati dal servizio con decreto del Ministro per la grazia e giustizia, previo parere del Consiglio giudiziario nel caso di dispensa.
Per gli uditori con funzioni giudiziarie la dispensa dal servizio è disposta con decreto Reale, su conforme parere del Consiglio giudiziario.
Avverso il parere del Consiglio giudiziario previsto nei due precedenti commi può essere proposto ricorso al Consiglio superiore della magistratura così dall’interessato come dal Ministro, entro dieci giorni dalla comunicazione. Il ricorso ha effetto sospensivo.

Art. 4.
(Formalità per il parere del Consiglio superiore e dei Consigli giudiziari).
Quando viene richiesto il parere del Consiglio superiore della magistratura o del Consiglio giudiziario ai sensi dei precedenti articoli 2 e 3, della richiesta e dei motivi è data comunicazione all’interessato, il quale ha diritto di prendere visione e copia degli atti trasmessi al Consiglio superiore o al Consiglio giudiziario, e può presentare deduzioni e chiedere di essere sentito personalmente.
Il Consiglio superiore e il Consiglio giudiziario non possono provvedere se non decorsi trenta giorni dalla data della comunicazione di cui al precedente comma.

Art. 5.
(Collocamento a riposo per limiti di età)
Tutti i magistrati sono collocati a riposo al compimento del settantesimo anno di età.
Con successivo decreto saranno emanate le norme transitorie e di attuazione relative alla disposizione di cui al precedente comma, che avranno efficacia dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

CAPO II Dei Consigli giudiziari e del Consiglio superiore della magistratura.
SEZIONE I. – Dei Consigli giudiziari.
Art. 6.
(Costituzione dei Consigli giudiziari)
Presso ogni Corte di appello è costituito un Consiglio giudiziario, presieduto dal primo presidente della Corte, e composto dal procuratore generale nonché da cinque membri, di cui due con funzioni di supplente, di grado non inferiore a consigliere di Corte di appello o equiparato, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con le modalità da stabilirsi con regolamento.
In caso di mancanza od impedimento, il primo presidente ed il procuratore generale sono sostituiti dal magistrato che ne esercita le funzioni.
I magistrati che, per il numero dei suffragi raccolti, seguono quelli risultati eletti, vengono, nell’ordine e in numero non superiore a tre per effettivi e a due per i supplenti, chiamati a sostituire quelli che cessano dalla carica nel corso del biennio.
Alla scadenza del biennio cessano dalla carica anche i membri che abbiano sostituito altri durante il biennio medesimo.
Il Consiglio giudiziario costituito presso la Corte di appello è competente anche per i magistrati appartenenti alla circoscrizione della sezione distaccata.
Le funzioni di segretario del Consiglio giudiziario sono esercitate da un magistrato designato dal primo presidente della Corte di appello.

SEZIONE II. – Del Consiglio superiore della magistratura.
Art. 7.
(Composizione del Consiglio superiore)
Il Consiglio superiore della magistratura ha sede in Roma ed è composto dal primo presidente della Corte Suprema di cassazione, che lo presiede, dal procuratore generale presso la stessa Corte, e da altri undici membri effettivi e sei supplenti, residenti in Roma.
Dei componenti effettivi cinque devono essere primi presidenti di Corte d’appello o presidenti di sezione di Cassazione, due procuratori generali di Corte di appello o avvocati generali di Cassazione, tre consiglieri di Cassazione o magistrati giudicanti di grado equiparato, e uno sostituto procuratore. Generale di Cassazione o magistrato requirente di grado equiparato.
I componenti supplenti devono rivestire il grado di consigliere di Cassazione o parificato, ed appartenere quattro alla carriera giudicante e due alla requirente.
La composizione del Consiglio superiore rimane invariata se taluno dei componenti, durante l’incarico, è promosso al grado terzo o passa dalla carriera giudicante alla requirente o viceversa.

Art. 8.
(Eleggibilità dei componenti del Consiglio)
Salvo per quanto concerne i membri di diritto, i componenti del Consiglio superiore durano in carica per un biennio, e sono eletti dai consigli giudiziari delle varie Corti di appello, nonché da cinque magistrati della Corte di cassazione e da cinque magistrati in servizio presso il Ministero di grazia e giustizia, eletti rispettivamente dai magistrati della Corte e del Ministero suddetti.
Le modalià della elezione saranno stabilite con regolamento.
I magistrati che, per il numero dei suffragi raccolti, seguono quelli risultati eletti, vengono la numero non superiore a sei per gli effettivi e a due per i supplenti, chiamati a sostituire quelli che cessano dalla carica nel corso del biennio, compatibilmente con il grado e le funzioni attribuiti, a norma dell primo comma dal presente articolo, ai componenti da sostituire.
Alla scadenza del biennio cessano dalla carica anche i membri che abbiano sostituito altri durante il biennio medesimo.

Art. 9.
(Segreteria del Consiglio superiore della magistratura)
Al Consiglio superiore sono addetti due magistrati nominati dal presidente del Consiglio stesso. Di essi uno, avente grado di consigliere di Corte di appello o parificato, esercita le funzioni di segretario; l’altro, avente grado di consigliere di Corte di appello, ovvero di giudice o gradi rispettivamente parificati, esercita le funzioni di vice segretario.
L’incarico ha la durata di un biennio, e non puo essere rinnovato, ed il magistrato cui è stato conferito non puo partecipare a scrutini se non decorsi due anni dalla cessazione di esso.

Art. 10.
(Divieto di cumulo di incarichi)
Le cariche di componente del Consiglio superiore della magistratura e di componente della Corte disciplinare non sono cumulabili, meno che per i componenti di diritto.

Art. 11.
(Divisione in sezioni)
Il Consiglio superiore della magistratura si divide in tre sezioni, formate ciascuna da sette componenti, compreso il presidente.
La prima sezione è presieduta dal primo presidente della Corte Suprema di cassazione, ed è composta dal procuratore generale presso la Corte medesima e da cinque componenti, tutti di grado 3°.
La seconda e la terza sezione sono presiedute rispettivamente dal primo presidente della Corte Suprema di cassazione e dal procuratore generale presso la Corte medesima, e sono composte ciascuna di sei membri di cui tre supplenti.
Ciascuna sezione delibera con l’interevento di cinque votanti, compreso il presidente.
Alle deliberazioni della seconda e della terza sezione non possono prendere parte più di due supplenti.
Alla assegnazione dei componenti alle varie sezioni provvede il primo presidente della Corte Suprema di cassazione d’accordo con il procuratore generale presso la Corte medesima.
Le sezioni unite del Consiglio superiore sono presiedute dal primo presidente della Corte Suprema di cassazione e deliberano con l’intervento di dieci votanti, compreso il presidente. Fanno parte del Consiglio superiore a sezioni unite il procuratore generale presso la Suprema Corte di cassazione, ed i componenti più elevati in grado, o, a parità di grado, più anziani, delle tre sezioni, appartenenti due alla prima, tre alla seconda e tre alla terza sezione.
A parità di voti prevale quello del presidente.

Art. 12.
(Competenza delle sezioni del Consiglio superiore)
La prima sezione del Consiglio superiore dà il parere circa la promozione di magistrati al grado di primo presidente di Corte di appello od equiparati, ed è altresì competente per i pareri concernenti i magistrati di grado superiore a consigliere di Cassazione.
La seconda sezione procede agli scrutini per le promozioni al grado di consigliere di Corte di cassazione e parificati, e dà i pareri concernenti i magistrati aventi grado di consigliere di Corte di appello o di Corte di cassazione e parificati.
La terza sezione procede agli scrutini per le promozioni in appello, e dà pareri concernenti i magistrati di grado non superiore a giudice o parificato.
Le sezioni unite del Consiglio superiore provvedono sui ricorsi avversi le deliberazioni delle sezioni semplici, nei casi ammessi dalla legge.

TITOLO II DELLA DISCIPLINA DELLA MAGISTRATURA

SEZIONE I. – Della sorveglianza sui magistrati.
Art. 13.
(Poteri di sorveglianza spettanti al Ministro)
Il Ministro per la grazia e giustizia esercita l’alta sorveglianza, su tutti gli uffici giudiziari, su tutti i giudici e su tutti i magistrati del pubblico ministero.

Art. 14.
(Poteri di sorveglianza sui magistrati giudicanti)
Il primo presidente della Corte Suprema di cassazione esercita la sorveglianza sugli uffici e sui magistrati della Corte.
Il primo presidente della Corte di appello esercita la sorveglianza sugli uffici del distretto comprese le sezioni distaccate e sui magistrati della Corte medesima, dei tribunali, delle preture e degli uffici di conciliazione del distretto e delle circoscrizioni delle sezioni distaccate.
Il presidente della sezione distaccata esercita la sorveglianza sugli Uffici e sui magistrati giudicanti compresi nella circoscrizione della sezione.
Il presidente del tribunale esercita la sorveglianza, oltre che sugli uffici e sui magistrati del tribunale, anche su quelli del tribunale dei minorenni, delle preture, e degli uffici di conciliazione del circondario.
Il pretore esercita la sorveglianza su tutti i magistrati del suo ufficio e sui conciliatori del mandamento.

Art. 15.
(Poteri di sorveglianza del presidente e del pretore in udienza)
Il presidente del Collegio giudicante ed il pretore esercitano la sorveglianza durante l’udienza su tutti i magistrati che vi partecipano.
Il presidente del Collegio esercita inoltre la sorveglianza durante le deliberazioni sui magistrati che vi prendono parte.

Art. 16.
(Poteri di sorveglianza sui magistrati requirenti)
Il procuratore generale presso la Corte Suprema di cassazione esercita la sorveglianza sui magistrati e sugli uffici della procura generale presso la Corte medesima.
Il procuratore generale presso la Corte di appello esercita la Sorveglianza sui magistrati e sugli uffici della procura generale e delle procure del Regno del distretto, nonché delle dipendenti procure generali presso le sezioni distaccate e delle procure del Regno comprese nelle circoscrizioni di tali sezioni.
L’avvocato generale presso la sezione distaccata della Corte di appello esercita la sorveglianza sui magistrati e sugli uffici del pubblico ministero della circoscrizione della sezione.
Il procuratore del Regno esercita la sorveglianza su tutti i magistrati del pubblico ministero del circondario.

SEZIONE II. – Della disciplina dei magistrati.
Art. 17.
(Disposizione generale)
I magistrati non possono essere sottoposti a sanzioni disciplinari se non nei casi e nelle forme previsti dal presente decreto.

Art. 18.
(Responsabilità disciplinare dei magistrati)
Il magistrato che manchi ai suoi doveri, o tenga in ufficio o fuori una condotta tale, che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario, è soggetto a sanzioni disciplinari, secondo le disposizioni degli articoli seguenti.

Art. 19.
(Sanzioni disciplinari)
Le sanzioni disciplinari sono:
1) l’ammonimento;
2) la censura;
3) la perdita dell’anzianità;
4) la rimozione;
5) la destinazione.
Le sanzioni disciplinari, ad eccezione dell’ammonimento, devono essere precedute dal procedimento disciplinare stabilito dal presente decreto, salvo quanto è disposto dall’art. 38 relativamente agli uditori.
Il magistrato, al quale è attribuito un fatto che può importare una delle sanzioni previste nei numeri 4 e 5 del presente articolo, non ha diritto di sottrarsi al procedimento disciplinare e ai conseguenti provvedimenti per effetto delle sue dimissioni, che il Ministro per la grazia e giustizia ha facoltà di respingere.

Art. 20.
(Ammonimento)
L’ammonimento consiste nel rilievo della mancanza commessa e nel richiamo del magistrato all’osservanza dei suoi doveri.
Esso, quando non sia conseguente ad un procedimento disciplinare, è disposto dal Ministro per la grazia e giustizia o dal magistrato che ha il potere di sorveglianza.
L’ammonimento è rivolto oralmente dal capo gerarchico immediato, il quale ne redige verbale, trasmettendone copia al Ministero.
Entro i successivi trenta giorni il magistrato cui fu rivolto l’ammonimento può chiedere di essere sottoposto a procedimento disciplinare.

Art. 21.
(Altre sanzioni disciplinari)
La censura consiste in un biasimo formale per la trasgressione accertata a carico del magistrato.
Il provvedimento che infligge la censura è eseguito dal capo gerarchico immediato del magistrato.
Il magistrato che esegue il provvedimento redige verbale, con la indicazione della trasgressione commessa. Copia del verbale è trasmessa al Ministero.
La perdita dell’anzianità può estendersi da due mesi a due anni, ed ha per effetto il ritardo, di durata corrispondente a quella della sanzione inflitta, nella ammissione ad esami, concorsi e scrutini, e nelle promozioni.
Lo spostamento nel ruolo, conseguente alla perdita dell’anzianita, non può essere inferiore ad un quarantesimo, né superiore ad un decimo dei posti di organico del relativo grado, ed è determinato dallo stesso Tribunale disciplinare.
Il Tribunale disciplinare, quando infligge una sanzione più grave dell’ammonimento, può stabilire che il magistrato, anche se inamovibile, sia trasferito di ufficio.
La destituzione può comportare la perdita totale o parziale del trattamento di quiescenza, da deliberarsi dallo stesso Tribunale disciplinare.
Il magistrato rimosso o destituito non può essere riammesso in servizio.
In ogni caso, rimane fermo il disposto dell’art. 155, primo e secondo capoverso del vigente ordinamento giudiziario.

SEZIONE III. – Dei Tribunali disciplinari.
Art. 22.
(Competenza per i procedimenti disciplinari)
La giurisdizione disciplinare sui magistrati di grado non superiore a giudice od equiparato compete al Consiglio giudiziario presso la Corte di appello nel cui distretto trovasi l’ufficio al quale il magistrato apparteneva quando commise il fatto per il quale si procede.
Del Consiglio giudiziario costituito quale tribunale disciplinare fa parte, invece del procuratore generale presso la Corte di appello, il più anziano dei presidenti di sezione o dei consiglieri della Corte medesima.
Se il fatto è stato commesso da un magistrato durante il periodo in cui era, per qualsiasi motivo collocato fuori ruolo, e non prestava servizio presso un ufficio giudiziario ai sensi del penultimo comma dell’art. 210 dell’Ordinamento giudiziario, è competente il Consiglio giudiziario del distretto nel quale è compreso l’ufficio cui il magistrato stesso apparteneva prima di esser collocato fuori ruolo.
Per i magistrati di grado superiore a giudice e parificati il giudizio è devoluto alla Corte disciplinare per la magistratura.
Alla stessa Corte è attribuita, in unica istanza, la giurisdizione disciplinare sui magistrati di qualunque grado che prestano servizio presso il Ministero di grazia e giustizia, per i fatti commessi durante il collocamento fuori ruolo.

Art. 23.
(Facoltà di avocazione e di rimessione)
La Corte disciplinare può, su richiesta del Ministro per la grazia e giustizia, del pubblico ministero o su istanza dell’incolpato, avocare a se’ o rimettere ad altro Consiglio la istruzione o la decisione di un procedimento di competenza di un Consiglio disciplinare, quando gravi motivi lo richiedano.

Art. 24.
(Composizione della Corte disciplinare)
La Corte disciplinare ha. Sede in Roma ed è composta dal primo presidente della Corte Suprema di cassazione, che la presiede, e da otto componenti, residenti in Roma, eletti secondo le norme di cui al precedente art. 8, e con le modalità da stabilirsi con regolamento.
I componenti elettivi durano in carica due anni, e devono essere quattro primi presidenti di Corte d’appello o presidenti di sezione di Cassazione, due procuratori generali di Corte di appello o avvocati generali di Cassazione, e due consiglieri di Cassazione o magistrati di grado equiparato. Appartenenti uno alla carriera giudicante ed uno alla requirente.
In caso di mancanza o di impedimento del presidente, ne fa le veci il più anziano fra i componenti di grado terzo appartenente alla carriera giudicante.
Gli otto magistrati che, per i suffragi raccolti, seguono quelli risultati eletti, sono chiamati a sostituire i componenti che cessano dalla carica durante il biennio.
La sostituzione ha luogo secondo lordine della graduatoria formata in base ai suffragi raccolti, compatibilmente con il grado e le funzioni che il magistrato deve rivestire ai sensi del primo e del secondo comma del presente articolo.
Alla scadenza del biennio cessano dalla carica anche i componenti che hanno sostituito altri nel corso del biennio stesso.
Le funzioni di segretario della Corte disciplinare sono esercitate dal segretario o dal vice segretario del Consiglio superiore della magistratura.

Art. 25.
(Corte disciplinare – Costituzione del Collegio giudicante)
La Corte disciplinare delibera col numero di cinque votanti, compreso il presidente.
Nei procedimenti a carico di magistrati del pubblico ministero, due almeno dei componenti devono appartenere al pubblico ministero.
Nella costituzione del Collegio sono preferiti i componenti più elevati in grado, e, a parità di grado, i più anziani.
I componenti aventi grado di consigliere di Cassazione od equiparati non possono far parte del Collegio quando il procedimento concerne un magistrato di grado superiore.

Art. 26.
(Pubblico ministero nei giudizi disciplinari)
Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate Tal procuratore generale presso la Corte d’appello o dal procuratore generale presso la Corte Suprema di cassazione, o da chi ne fa le veci, rispettivamente per i giudizi devoluti ai Consigli giudiziari o alla Corte disciplinare.
È ammessa la delega, volta per volta, ad altro magistrato requirente di grado non inferiore al 6° nel primo e al 4° nel secondo caso.

CAPO IV. Del procedimento disciplinare.
Art. 27.
(Titolari dell’azione disciplinare)
L’azione disciplinare è promossa, su richiesta del Ministro per la grazia e giustizia, dal pubblico ministero presso il Tribunale disciplinare competente.

Art. 28.
(Rapporti tra il procedimento disciplinare e il giudizio civile o penale)
Il procedimento disciplinare è promosso indipendentemente dall’azione civile o penale che procede dal medesimo fatto, od anche se il procedimento civile o penale è in corso.
Nel caso in cui il magistrato sia sottoposto a procedimento penale, si applicano gli articoli 3 del Codice di procedura penale e 31 dei presente decreto.
Qualora nei confronti del magistrato sia pronunziata sentenza penale, si applica l’art. 29 del presente decreto.

Art. 29.
(Effetti disciplinari dei giudicati penali)
Il magistrato incorso nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale, ovvero condannato alla reclusione per delitto non colposo, diversa da quelli previsti dagli articoli 581, 582 capv. 594 e 612 prima parte del Codice penale, è destituito di diritto, e può, con le forme stabilite per il procedimento disciplinare, essere privato in tutto o in parte del trattamento di quiescenza.
Il magistrato che, negli stessi casi, viene prosciolto dal giudice penale con sentenza, pronunziata nell’istruzione o nel giudizio, per insufficienza di prove o per una causa estintiva del reato ovvero per impromovibilità o improseguibilità dell’azione penale, deve sempre essere sottoposto al procedimento disciplinare.
In tutti gli altri casi di condanna o di proscioglimento, il Ministro decide se deve farsi luogo a procedimento disciplinare.
Nel procedimento disciplinare fa sempre stato l’accertamento dei fatti che formarono oggetto del giudizio penale, risultanti dalla sentenza passata in giudicato.

Art. 30.
(Sospensione del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare)
All’inizio o nel corso del procedimento, il Tribunale disciplinare, su richiesta del Ministro o del pubblico ministero presso il Tribunale stesso, può, sentito l’incolpato, disporne la sospensione provvisoria dalle funzioni e dallo stipendio.
Al magistrato sospeso, od alla moglie ed ai figli minorenni, può essere attribuito un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo.
In caso di urgenza, i provvedimenti di cui ai precedenti commi possono essere adottati con decreto del Ministro, il quale però deve richiedere contemporaneamente il giudizio disciplinare.
Il Tribunale disciplinare può, anche di ufficio, revocare la sospensione, o concedere l’assegno alimentare negato o modificare la misura di quello concesso.
Contro i provvedimenti, emanati dal Consiglio giudiziario ai sensi dei precedenti commi, è ammesso ricorso alla Corte disciplinare, da parte dell’incolpato o del pubblico ministero presso il Tribunale disciplinare entro cinque giorni dalla comunicazione, e da parte del Ministro entro venti giorni dalla comunicazione stessa.
Il ricorso non ha effetto sospensivo ed è presentato a norma dell’art. 37.

Art. 31.
(Sospensione preventiva del magistrato sottoposto a procedimento penale)
Il magistrato sottoposto a procedimento penale è sospeso di diritto dalle funzioni e dallo stipendio, e collocato fuori del ruolo organico della magistratura, dal giorno in cui è stato emesso contro di lui mandato e ordine di cattura.
Qualora l’arresto sia avvenuto senza ordine o mandato, la sospensione decorre dal giorno dell’arresto se l’autorità giudiziaria ha ritenuto che l’imputato deve rimanere in stato di detenzione a norma dell’art. 246 del Codice di procedura penale.
Il magistrato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo può, con provvedimento del Ministro per la grazia e giustizia, essere provvisoriamente sospeso dalle funzioni e dallo stipendio.
Il Ministro per la grazia e giustizia può concedere al magistrato sospeso, o alla moglie e ai figli minorenni di lui, un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo.
In caso di sentenza di proscioglimento il magistrato riacquista il diritto agli stipendi e assegni non percepiti, detratta la somma corrisposta per assegno alimentare, salvo che, essendo istituito o istituendosi il procedimento disciplinare per il medesimo fatto, sia altrimenti disposto.

Art. 32.
(Istruttoria nel procedimento disciplinare)
Il pubblico ministero procede in via sommaria alla istruttoria, o richiede l’istruzione formale al presidente del Tribunale disciplinare.
Quando debba procedersi ad istruzione formale, le funzioni di istruttore sono conferite dal presidente ad uno dei componenti del Tribunale disciplinare.
Per l’istruzione si osservano, in quanto compatibili, le norme relative alla istruzione dei procedimenti penali.
Il pubblico ministero o il commissario istruttore, per gli atti da compiersi fuori della sua residenza, può richiedere un altro magistrato superiore in grado o più anziano del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare.
I periti e i testimoni sono sentiti previa prestazione del giuramento, nel modo indicato dagli articoli 142, 316 e 449 del Codice di procedura penale.
Sono applicabili, quanto ai periti e ai testimoni, le disposizioni degli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del Codice penale.

Art. 33.
(Chiusura dell’istruzione)
Compiuta la istruzione, il pubblico ministero formula le sue richieste, sulle quali il Tribunale disciplinare provvede in Camera di consiglio.
Il Tribunale disciplinare dichiara non farsi luogo a rinvio al dibattimento solo se, su conforme richiesta del pubblico ministero, ritiene che dalle prove risultino esclusi gli addebiti.
In ogni altro caso, il presidente del Tribunale disciplinare fissa, con suo decreto, il giorno della discussione orale, e decide se i testi ed i periti sentiti nella istruzione, o alcuni di essi debbono essere nuovamente sentiti.
Il decreto è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata, al pubblico ministero ed al magistrato, il quale ha diritto di comparire personalmente.

Art. 34.
(Discussione nel giudizio disciplinare)
Nella discussione orale un membro del Tribunale disciplinare, nominato dal presidente fra anelli che non hanno avuto l’incarico di istruttore, fa la relazione.
Si osservano, in quanto compatibili con la natura del procedimento e con le disposizioni del presente decreto, le norme dei dibattimenti penali.
Si osservano, in quanto compatibili con la natura del procedimento e con le disposizioni del presente decreto, le norme dei dibattimenti penali.

Art. 35.
(Sentenza disciplinare)
Il Collegio delibera immediatamente dopo l’assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero, sentito per ultimo l’incolpato. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in Camera di consiglio.
Se non è raggiunta prova sufficiente delle colpe del magistrato, ma risulta che egli ha perduto nella opinione pubblica la stima, la fiducia e la considerazione richieste dalla sua funzione, può essere deliberata la dispensa dall’ufficio.

Art. 36.
(Corresponsione degli arretrati al magistrato sospeso)
Quando l’incolpato è, con sentenza definitiva, assolto o condannato a pena diversa dalla rimozione o destituzione, cessa di diritto la sospensione provvisoria eventualmente disposta, e sono corrisposti gli arretrati dello stipendio e degli altri assegni non percepiti.

Art. 37.
(Impugnazioni delle decisioni dei Tribunali disciplinari)
Avverso le decisioni dei Consigli giudiziari possono ricorrere alla Corte disciplinare l’incolpato, il pubblico ministero presso il Consiglio ed il Ministro per la grazia e giustizia.
Il ricorso deve essere depositato nella segreteria del Consiglio giudiziario che ha emessa la decisione impugnata entro dieci giorni dalla pronuncia. Il termine per il Ministro è di giorni venti dalla comunicazione.
Se l’incolpato non è presente al dibattimento, il termine decorre per lui dalla comunicazione del dispositivo.
La dichiarazione di impugnazione dell’incolpato può essere presentata anche al proprio superiore gerarchico, e quella del Ministro può essere depositata anche nella segreteria della Corte disciplinare per la magistratura.
Il ricorso ha effetto sospensivo.
In ogni tempo può essere richiesta, dal Ministro o dall’interessato o, se questi sia morto, da un suo erede o prossimo congiunto, che ne abbia interesse anche soltanto morale, la revisione del procedimento disciplinare, se siano sopravvenuti nuovi fatti, o nuovi elementi di prova, ovvero se risulti che la decisione fu determinata da errore di fatto o da falsità.
Avverso le sentenze dei Tribunali disciplinari non è ammesso alcun altro gravame.

Art. 38.
(Disposizione speciale per gli uditori)
Le disposizioni sul procedimento disciplinare non si applicano agli uditori, ai quali le sanzioni previste dal Precedente art. 19 sono inflitte con decreto del Ministro per la grazia e giustizia, sentito il parere del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello nella cui circoscrizione trovasi l’ufficio al quale l’uditore è addetto, fermo il disposto dell’art. 3 per la dispensa di uditori con funzioni giudiziarie.
Si applica il disposto dell’art. 4.

TITOLO III DISPOSIZIONI VARIE E TRANSITORIE

Art. 39.
(Funzioni del pubblico ministero)
L’art. 69 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è sostituito dal seguente:
“Il pubblico ministero esercita, sotto la vigilanza del Ministro per la grazia e giustizia, le funzioni che la legge gli attribuisce”.

Art. 40.
(Ammissioni straordinarie nella magistratura delle Corti)
Il secondo comma dell’art. 122 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è sostituito dal seguente:
“Per la nomina occorre il motivato parere conforme del Consiglio superiore della magistratura, a sezioni unite”.
È soppresso il terzo comma del suddetto art. 122.

Art. 41.
(Promozioni al grado 3°)
L’art. 188 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è sostituito dal seguente:
Le promozioni a primo presidente di Corte di appello e gradi parificati sono conferite, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, a magistrati aventi almeno cinque anni di grado di consigliere di Corte di cassazione od equiparato scelti fra coloro che, per il modo col quale hanno esercitato le loro funzioni, per i precedenti di carriera, e per speciali incarichi assolti, risultano non solo distinti per cultura giuridica, ma anche particolarmente adatti a funzioni direttive.
La proposta del Ministro per la grazia e giustizia deve essere preceduta dal parere motivato del Consiglio superiore della magistratura”.

Art. 42.
(Applicazione di magistrati inamovibili)
Fino al 31 dicembre 1947 è data facoltà al Ministro per la grazia e giustizia di disporre, per esigenza di servizio, l’applicazione, anche senza il loro consenso, di magistrati di grado non superiore a consigliere di Corte di appello od equiparato a posti vacanti od occupati da magistrati che non prestino effettivo servizio, ed ai quali non sia possibile provvedere diversamente.
Per tali applicazioni che non possono avere durata superiore a sei mesi, e che possono essere rinnovate per eguale periodo, è necessaria la proposta, anche non nominativa, del capo di Corte alla cui dipendenza il magistrato deve prestare servizio durante l’applicazione.

Art. 43.
(Abrogazione di disposizioni contrarie o incompatibili)
Sono abrogati i titoli sesto, settimo ed ottavo dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, ed ogni altra disposizione contraria od incompatibile con quelle del presente decreto.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare come legge dello Stato.

Dato a Roma, addì 31 maggio 1916
UMBERTO

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