I complici, Mussolini

I complici, articolo di Benito Mussolini pubblicato sul “Il Popolo d’Italia” il 4 giugno 1919

I proletari evoluti e coscienti che gridano «Viva Lenin!» credendo di gridare «Viva il socialismo!», non sanno certamente ch’essi gridano «Abbasso il socialismo!». I falsi pastori che «mangiano e bevono» alle spalle delle masse sempre pronte a giurare, se non a morire, per gli ideali nuovi e lontani, danno ad intendere che quel che si è instaurato in Russia è socialismo. Colossale menzogna! In Russia si è stabilito il governo di una frazione del Partito Socialista. In Russia i proletari lavorano come prima; sono sfruttati come prima perché devono mantenere una burocrazia innumerevole e succhiona, secondo la testimonianza non sospetta del capitano Sadoul; sono mitragliati come prima, non appena osino insorgere contro il regime che li condanna alla schiavitù e alla fame; invece di uno czar ce ne sono, oggi, due, ma le forme e i metodi dell’autocrazia non sono affatto cambiati Si capisce perfettamente che alcuni scrittori venuti dagli ambienti borghesi, abbiano delle simpatie per il bolscevismo. C’è in Russia uno Stato, un Governo, un ordine, una burocrazia, una polizia, un militarismo, delle gerarchie. Ma il socialismo non c’è. Non c’è nemmeno il cominciamento del socialismo, non c’è niente che somigli a un regime socialista. Il leninismo è la negazione perfetta del socialismo. È il governo di una nuova casta di politicanti. Gli è per questo che è assai difficile trovare degli apologisti del leninismo fra le teste pensanti del socialismo russo e del socialismo· occidentale. Le più stroncanti requisitorie e contro il leninismo non sono venute dai borghesi, ma da uomini che avevano lottato e sofferto per la redenzione della massa operaia. Questi uomini si chiamano Plekanolf, il maestro dei marxisti russi; si chiamano Kropotkin, l’apostolo dell’anarchia. La demolizione dei metodi di governo leninista non è opera del Times, ma dì un Axelrod, chiamato il decano dei socialisti russi; di un Souckhomline, collaboratore per lungo tempo dell’Avanti! Il manifesto del partito operaio russo e dei socialisti menscevichi, non sono stati stampati dal Corriere della Sera, ma da Critica Sodale. Non sono state inventate da noi «rinnegati» – che in questo caso (è strano, ma vero!) difendiamo il socialismo! – le pagine di Bernstein, di Kautsky, di Eisner, di Troelstra, di Branting e di infiniti altri socialisti, che sì sono schierati contro la «caricatura del socialismo realizzatasi fra Pietrogrado e Mosca». Non siamo noi, ma un dott. Totomianz, veterano della cooperazione russa, che nell’ultimo numero della Critica Sociale di Filippo Turati, stampa queste parole eloquentissime:


«I bolscevichi hanno creato in fui dei conti non già. una vera democrazia, bensì fa denominazione della plebaglia, una “oclocrazia” che non si arresta davanti a nessun mezzo terroristico in una guerra di sterminio contro la borghesia e gli intellettuali».
Infinite volte, e specialmente dopo il congresso di Berna, noi abbiamo prodotto documenti inconfutabili della v era natura del regime russo. Chi non ricorda la lettera di Alexeyev, e quella della vedova di Plekanoff? Noi riaffermiamo che il leninismo non ha niente di comune col socialismo, eppure i socialisti ufficiali italiani, con clamori minacciosi, chiamano al soccorso per salvare la Russia. Ma la Russia non ha bisogno di essere salvata, perché non corre pericolo alcuno. Chi sostiene il bolscevismo – ficcatevelo bene in testa, miei cari proletari! – non è la forza del popolo russo che («subisce»), dopo aver cercato di spezzarlo, quel regime di barbarie contro il quale sono più volte insorti e anarchici e socialisti· rivoluzionari, con tentativi soffocati spietatamente nel sangue; chi sostiene il bolscevismo non è il famoso esercito rosso che esiste sulle carte di Trotzky, non nella realtà. Il giornale Humanité del 30 maggio, reca iatestimonianza «imparziale» del signor Paolo Birukoff, il quale, a proposito dell’esercito rosso, in cotal nonché significativa guisa si esprime:
«Il popolo russo così pacifico, detesta la guerra oggi, come ieri, come sempre. Oppone una resistenza accanita al reclutamento».
Altro che entusiastica risposta agli ordini di mobilitazione, secondo ci narravano gli «imbottitori» dei crani proletari d’Italia. Il signor Birukoff dice qualche cosa di ancor più interessante.
«Ci sono tanti disertori nell’armata rossa, quanti ce n’erano nell’esercito dello czar. Accade che un reggimento non arriva alla tappa designata perché tutti g li uomini si sono sbandati strada facendo».
Ed è questo esercito di sbandati che ferma Mannerheim e Kolčak? Mai più. Se Pietrogrado non cade, se Denikin segna il passo, gli è che così vogliono i grandi banchieri ebraici di Londra e di New York, legati da vincoli di razza cogli ebrei che a Mosca come a Budapest, si prendono una rivincita contro la razzi ariana, che li ha condannati alla dispersione per tanti secoli. In Russia l’80 per cento dei dirigenti dei Sovièts sono ebrei, a Budapest su 21 commissari del popolo, ben 17 sono ebrei. Il bolscevismo non sarebbe, per avventura, la vendetta dell’ebraismo contro il cristianesimo? L’argomento si presta alla meditazione. È possibile che il bolscevismo affoghi nel sangue di un progrom di proporzioni catastrofiche. La finanza mondiale i in mano degli ebrei. Chi possiede le casseforti dei popoli, dirige la loro politica. Dietro ai fantocci di Parigi, sono i Rotschild, i Warnberg, gli Schyff, i Guggheim, i quali hanno lo stesso sangue dei dominatori di Pietrogrado e di Budapest. La razza non tradisce la razza. Cristo ha tradito l’ebraismo, ma, opinava Nietzsche in una pagina meravigliosa di previsioni, per meglio servire l’ebraismo rovesciando la tavola dei valori tradizionali della civiltà elleno-latina, il bolscevismo è difeso dalla plutocrazia internazionale. Questa è la verità sostanziale. La plutocrazia internazionale dominata e controllata dagli ebrei, ha un interesse supremo a che tutta la vita russa acceleri sino al parossismo il suo processo di disintegrazione molecolare. Una Russia paralizzata, disorganizzata, affamata, sarà domani il campo dove la borghesia, sì la borghesia, o signori proletari, celebrerà la sua spettacolosa cuccagna. I re dell’oro pensano che il bolscevismo deve vivere ancora, per meglio preparare il terreno alla nuova attività del capitalismo. Il capitalismo americano ha già ottenuto in Russia una «concessione» grandiosa. Ma ci sono ancora miniere, sorgenti, terre, officine, che attendono di essere sfruttate dal capita1ismo internazionale. Non si salta, specialmente in Russia, questa tappa fatale nella storia umana. È inutile, assolutamente inutile, che i proletari evoluti e anche coscienti, si scaldino la testa per difendere la Russia dei Sovièts. Il destino del leninismo non dipende dai proletari di Russia o di Francia e meno ancora da quelli d’Italia. Il leninismo vivrà finché lo vorranno i re della finanza; morirà quando decideranno di farlo morire i medesimi re della finanza.
Gli eserciti antibolscevichi che di quando in quando sono colpiti da misteriose paralisi, saranno Semplicemente travolgenti a un momento dato che sarà scelto dai re della finanza. G li ebrei dei Sovièts precedono gli ebrei delle banche. La sorte di Pietrogrado non si gioca nelle steppe gelide della Finlandia: ma nelle banche di Londra, di New-York e dì Tokio.
Dire che la borghesia internazionale vuole oggi assassina re il regime dei Sovièts; è dire una grossa menzogna. Se, domani, la borghesia plutocratica si decidesse a questo assassinio, non incontrerebbe difficoltà di sorta poiché i suoi «complici», i leninisti, siedono già e lavorano per lei al Kremlino.

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