Indirizzo di Pio IX ai sudditi del gennaio 1849

PIVS PAPA IX. AL SUOI AMATISSIMI SUDDITI

Da questa pacifica stazione ove piacque alla Divina Provvidenza di condurci, onde potessimo liberamente manifestare i Nostri sentimenti, ed i No stri Voleri, stavamo attendendo che si facesse palese il rimorso dei Nostri figli traviati per i sacrilegi, ed i misfatti commessi contro le persone a Noi addette, fra le quali alcune uccise, altre oltraggiate nei modi i più barbari, non che per quelli consumati nella Nostra Residenza, e contro la stessa Nostra Persona.
Noi però non vedemmo che uno sterile invito di ritorno alla Nostra Capitale, senza che xi facesse parola di condanna dei suddetti attentati, e senza la minima garanzia che ci assicurasse dalle frodi, e dalle violenze di quella stessa schiera di forsennati, che ancora tiranneggia con un barbaro dispotismo Roma e lo Stato della Chiesa.
Stavamo pure aspettando, che le Proteste e Ordinazioni da Noi emesse richiamassero ai doveri di fedeltà e di sudditanza coloro, che l’una e l’altra disprezzano é conculcano nella Capitale stessa dei Nostri Stati. Ma in vece di ciò un nuovo e più mostruoso atto di smascherata fellonia, e di vera ribellione da essi audacemente commesso colmo la misura della Nostra afflizione, ed eccitò insieme la giusta Nostra indignazione, siccome sarà per contristare la Chiesa Universale. Vogliam parlare di quell’atto per ogni riguardo detestabile, col quale si pretese intimare la convocazione di una sedicente Assemblea Generale Nazionale dello Stato Romano, con un Decreto dei 29 Dicembre prossimo passato, per istabilire nuove forme politiche da farsi agli Stati Pontificj. Aggiungendo così iniquità ad iniquità, gli autori e fautori della demagogica anarchia tentano distruggere l’autorità temporale del Romano Pontefice sui dominj di Santa Chiesa, quantunque irrefragabilmente stabilita su i più antichi e solidi diritti, venerata, riconosciuta e difesa da tutte le nazioni, col supporre e far credere, che il di Lui Sovrano potere vada soggetto a controversia, o di penda dal capriccio dei faziosi. Risparmieremo alla Nostra dignità la umiliazione di trattenerci su quanto di mostruoso si racchiude in quell’atto abominevole per l’assurdità della sua origine, non meno che per la illegalità delle forme, e per l’empietà del suo scopo; ma appartiene bensì all’Apostolica Autorità, di cui, sebbene indegni, siamo investiti, ed alla responsabilità che ci lega co’ più sacri giuramenti al cospetto dell’Onnipotente, il protestare non solo, siccome facciamo nel più energico ed efficace modo contro dell’atto medesimo, ma di condannarlo eziandio alla faccia dell’universo, quale enorme e sacrilego attentato commesso in pregiudizio della Nostra indipendenza e sovranità, meritevole de’ castighi comminati dalle leggi sì divine come umane.
Noi siamo persuasi, che al ricevere l’impudente invito sarete rimasti commossi da santo sdegno, ed avrete rigettata lungi da una sì rea e vergognosa provocazione. Ciò non ostante perché niuno di voi possa dirsi illuso da fallaci seduzioni e da predicatori di sovversive dottrine, ne ignaro di quanto si trama da’ nemici di ogni ordine, d’ogni legge, d’ogni diritto, d’ogni vera libertà, e della stessa vostra felicità, vogliamo oggi nuovamente innalzare e diffondere la Nostra voce in guisa che vi rende vieppiù certi dello stretto divieto con cui vi proibiamo, a qualunque ceto, o condizione apparteniate, di prendere alcuna parte nelle riunioni che si osassero fare per le nomine degli individui da inviarsi alla condannata assemblea. In pari tempo vi ricordiamo come questa Nostra assoluta proibizione venga sanzionata dai Decreti dei Nostri Predecessori, e dei Concilii, e specialmente dal Sacrosanto Concilio generale di Trento ( Sess. XXII. C. XI. de Refor.) nei quali la Chiesa ha fulminato replicate volte le sue Censure e principalmente la Scomunica Maggiore da incorrersi, senza bisogno di alcuna dichiarazione, da chiunque ardisce rendersi colpevole di qualsivoglia attentato contro la temporale Sovranità dei Sommi Romani Pontefici, siccome dichiariamo esservi già disgraziatamente incorsi tutti coloro che hanno dato opera all’atto suddetto, ed ai precedenti di retti a danno della medesima Sovranità, od in qualunque altro modo, e sotto mentito pretesto hanno perturbata, violata, ed usurpata la Nostra Autorità.
Se però ci sentiamo obbligati per dovere di coscienza a tutelare il sacro deposito del patrimonio della Sposa di Gesù Cristo alle Nostre cure affidato, coll’adoperare la spada di giusta severità a tal’uopo dataci dallo stesso divino Giudice, non possiamo però mai dimenticarci di tenere in terra le veci di Colui, che anche nell’esercitare la sua giustizia non lascia di usare misericordia.
Innalzando per tanto al cielo le Nostre mani, mentre di nuovo s Lui rimettiamo e raccomandiamo una tal causa giustissima, la quale piucchè Nostra è Sua; e men tre di nuovo Ci dichiariamo pronti coll’ajuto della potente sua grazia, di sorbire sino alla feccia, per la difesa e la gloria della Cattolica Chiesa, il calice delle persecuzioni ch’Esso pel primo volle bere per la salute della medesima, non desisteremo dal supplicarlo e scongiurarlo, affinché voglia benigna mente esaudire le fervide preghiere, che di giorno e di notte non cessiamo versione e la salvezza dei d’innalzargli per la con traviati. Nessun giorno certamente più lieto per Noi e giocondo sorgerà di quello, in cui Ci sarà dato di veder rientrare nel l’ovile del Signore quei nostri figli, dai quali oggi tante tribolazioni, ed amarezze Ci provengono. La speranza di goder presto di un sì felice giorno si convalida in Noi al riflesso, che universali sono le preghiere, che unite alle nostre ascendono al trono della Divina Misericordia dalle labbra e dal cuore dei fedeli di tutto molano e la l’Orbe Cattolico, e che la stimolano e la forzano continuamente a mutare il cuore dei peccatori, e ricondurli nelle vie di verità e di giustizia.


Datum Cajeta e die 1 Januarii anni 1849.
PIVS PP. IX.

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