Intimazione di Fanti al generale pontificio Moricière

Intimazione del Generale Manfredo Fanti Comandante dell’Esercito Sardo di operazione al Generale La Moricière Comandante dello Esercito Ecclesiastico

Arezzo, 9 Settembre 1860.
ECCELLENZA,
S. M. il Re Vittorio Emanuele II che porta un si vivo interesse alla felicità dell’Italia si è gravemente preoccupata degli avvenimenti che hanno luogo nelle provincie delle Marche e dell’Umbria.
S. M. non ignora che ogni manifestazione nel senso nazionale presso la frontiera meridionale del suo regno, la quale fosse repressa da truppe straniere, che fra loro non hanno nemmeno alcun vincolo di nazionalità, produrrebbe inevitabilmente un contraccolpo funesto in tutti i suoi Stati.
È in forza di queste gravi considerazioni che S. M. ha ordinato una concentrazione di truppe alle frontiere delle Marche e dell’Umbria, e che mi ha fatto l’onore di affidarmi il comando supremo di queste truppe.
S. M. mi ha prescritto nello stesso tempo di dirigermi a V. E. per farle conoscere che queste truppe occuperebbero immedia tamente le Marche e l’Umbria, nei casi seguenti, vale a dire:
1. Quando truppe sotto ai di Lei ordini che si trovassero in una città delle Marche e dell’Umbria avessero a far uso della forza per comprimere una manifestazione nel senso nazionale.
2. Se truppe delle quali V. E. ha il comando avessero a ricever ordine di marciare contro una città delle dette provincie, dato che si producesse una manifestazione nel senso nazionale.
3. Quando essendosi prodotta in una città una manifestazione nel senso nazionale, ed essendo stala compressa coll’impiego della forza di codeste truppe, queste non ricevano immediatamente da V. E. ordine di ritirarsi lasciando la città che si era pronunciata, libera di esprimere i suoi voti.
Niuno meglio di V. E. può intendere come il sentimento nazionale debba rimanere oltraggiato a fronte di una occupazione straniera, ed io oso aver la fiducia che accettando francamente e senza ritardo le proposte che io ho fatto in nome del governo del Re, V. E. risparmierà la protezione delle nostre armi a queste provincie, e le funeste conseguenze che potrebbero derivarne.
Aggradisca Eccellenza ecc.
M. FANTI.

Risposta del Cardinale Antonelli al Conte di Cavour sulla intimazione del dissolvimento della Milizia straniera condotta agli stipendi della Chiesa

ECCELLENZA,
Astraendo dal mezzo, di cui Vostra Eccellenza stimo valersi per farmi giungere il suo foglio del 7 corrente, ho voluto con tutta calma portare la mia attenzione a quanto Ella mi esponeva in nome del suo Sovrano, e non posso dissimularle che ebbi in ciò a farmi una ben forte violenza. I nuovi principii di diritto pubblico, che Ella pone in campo nella sua rappresentanza, mi dispenserebbero per verità da qualsivoglia risposta, essendo essi troppo in opposizione con quelli sempre riconosciuti dall’universalità dei governi e delle nazioni. Nondimeno, tocco al vivo dalle incolpazioni che si fanno al Governo di Sua Santità, non posso ritenermi dal rilevare dapprima essere quanto odiosa, altrettanto priva d’ogni fondamento ed affatto ingiusta la taccia che si porta contro le truppe recentemente formatesi dal Governo pontificio; ed essere poi inqualificabile l’affronto che ad esso vien fatto nel disconoscere in lui un diritto a tutti gli altri comune, ignorandosi fino ad oggi che sia impedito ad alcun governo di avere al suo servigio trappe estere, siccome infatti molti le hanno in Europa sotto i loro stipendi. Ed a questo proposito sembra qui opportuno il notare che, stante il carattere che riveste il Sommo Pontefice di comun padre di tutti i fedeli, molto meno potrebbe a lui impedirsi di accogliere nelle sue milizie quanti gli si offrono dalle varie parti dell’orbe cattolico in sostegno della S. Sede e degli Stati della Chiesa.
Niente poi potrebbe essere più falso e più ingiurioso, che l’attribuirsi alle truppe pontificie i disordini deplorabilmente avvenuti negli Stati della Santa Sede, nè qui occorre il dimostrarlo, dappoichè la storia ha già registrato quali e donde provenienti siano state le truppe, che violentemente imposero alla volontà delle popolazioni, e quali le arti messe in opera per gettare nello scompiglio la più gran parte dell’Italia e manomettere quanto v’ha di più inviolabile e di più sacro per di ritto e per giustizia.
E rispetto alle conseguenze di cui si vorrebbe accagionare la legittima azione delle truppe della Santa Sede per reprimere la ribellione di Perugia, sarebbe in vero stato più logico l’attribuirle a chi promosse la rivolta dall’estero; ed Ella, signor Conte, troppo ben conosce donde quella venne suscitala, donde furono somministrati danaro, armi e mezzi di ogni genere, e donde partirono le istruzioni e gli ordini d’insorgere.
Tatto pertanto dà luogo a conchiudere, non avere che il carattere della calunnia quanto declamasi da un partito ostile al governo della Santa Sede a carico delle sue milizie, ed essere non meno calunniose le imputazioni che si fanno ai loro capi, dando a crederli come autori di minaccie provocatrici, e di proclami propri a suscitare un pericoloso fermento.
Dava poi termine alla sua disgustosa comunicazione l’Eccellenza Vostra coll’invitarmi in nome del suo Sovrano ad ordinare immediatamente il disarmo e lo scioglimento delle suddette milizie, e tale invito non andava disgiunto da una specie di minaccia di volersi altrimenti dal Piemonte impedire l’azione di esse per mezzo delle regie truppe. In ciò si manifestà una quasi intimazione, che io bene volentieri qui mi astengo di qua
lificare. La Santa Sede non potrebbe che respingerla con indignazione, conoscendosi forte del suo legittimo diritto, ed appellando al gius delle genti, sotto la cui egida ha fin qui vissulo l’Europa; qualunque siano del resto le violenze alle quali potesse trovarsi esposta senza averle punto provocate, e contro le quali fin da ora mi corre il debito di protestare altamente in nome di Sua Santità.
Con sensi di distinta considerazione mi confermo
Di Vostra eccellenza

Roma, 11 Settembre 1860.
Firmato: G. CARD. ANTONELLI.

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