Legge sull’Ordinamento giudiziario del 1865

Legge 6 dicembre 1865, n. 2626. Sull’Ordinamento giudiziario.

(GURI n.320, 12 dicembre 1865)
VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA

Vista la Legge 2 aprile 1865, n.° 2215, colla quale il Governo del Re fu autorizzato a pubblicare la Legge per l’estensione alle Provincie Toscane dell’Ordinamento Giudiziario del 15 novembre 1859 e della Legge sugli stipendi della Magistratura del 20 dello stesso mese, costituente l’allegato C, e la Legge per alcune modificazioni all’Organico giudiziario del Regno, costituente l’allegato D, colle modificazioni necessarie per coordinarle fra loro e con altre Leggi dello Stato;
Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Ministro di Grazia e Giustizia e de’ Culti;
Abbiamo decretato e decretiamo sull’ordinamento giudiziario quanto segue:

TITOLO I. DISPOSIZIONI PRELIMINARI E GENERALI.

Capo I. Delle autorità alle quali è affidata l’amministrazione della giustizia.

Art. 1.
La giustizia, nelle materie civili e penali, è amministrata
Da conciliatori;
Da pretori;
Da tribunali civili e correzionali;
Da tribunali di commercio;
Da corti d’appello;
Da corti di assise;
Dalla corte di cassazione.
La giurisdizione pei reati militari e marittimi è regolata da leggi speciali.

Art. 2.
Presso le corti ed i tribunali civili e correzionali è stabilito un ufficio del pubblico ministero.
Le funzioni di pubblico ministero presso i pretori sono esercitate nei modi e nei casi determinati dalla legge.

Art. 3.
Presso ogni pretura, tribunale e corte vi ha un cancelliere e vi possono essere vice-cancellieri. Presso i tribunali e le corti vi possono essere anche vice-cancellieri aggiunti.
Negli uffici del pubblico ministero vi sono segretari e possono anche esservi sostituti segretari e sostituti segretari aggiunti a norma della presente legge e delle relative tabelle.

Art. 4.Ad ognuna delle autorità giudiziarie indicate nell’Art. 1, è pure addetto il numero di uscieri richiesto dai bisogni del servizio.

Art. 5.
Alle autorità giudiziarie possono essere applicati, a norma della presente legge, aggiunti giudiziari ed uditori.

Art. 6.
Sono funzionari dell’ordine giudiziario gli uditori, i conciliatori, i pretori, i vice-pretori mandamentali e comunali, gli aggiunti giudiziari, i giudici d’ogni grado dei tribunali e delle corti, i membri del pubblico ministero, i cancellieri, i vice-cancellieri e vice-cancellieri aggiunti, i segretari, i loro sostituti ed aggiunti.
Sono uffiziali addetti all’ordine giudiziario gli uscieri.

Art. 7.
Il numero, le residenze e le circoscrizioni territoriali delle autorità giudiziarie accennate negli articoli precedenti, come pure il numero dei funzionari addetti a ciascuna di esse, sono determinati da apposite tabelle, viste d’ordine nostro dal ministro della giustizia e da pubblicarsi con regio decreto.
Le suddette tabelle, dopo la loro pubblicazione, non potranno mutarsi, salvo che per legge.

Capo II. Norme generali circa la nomina e l’ammissione alle funzioni giudiziarie, e l’esercizio di esse.

Art. 8.
I funzionari dell’ordine giudiziario sono nominati dal Re sulla proposta del ministro della giustizia, salvo per gli uditori il disposto dell’articolo 19.
Gli uscieri sono nominati dal ministro della giustizia.

Art. 9.
Per essere ammesso a funzioni od uffizi giudiziari è necessario
1.° Essere cittadino del Regno;
2.° Avere l’esercizio dei diritti civili;
3.° Non trovarsi in alcuno dei casi d’incapacità contemplati dall’Art. 87 della presente legge;
4.° Riunire le altre condizioni richieste dalla medesima legge per le varie funzioni e per i diversi uffizi.
Chi riunisce le condizioni per la nomina ad un determinato posto, le conserva per la carriera avvenire anche nel caso di nomina ad un posto inferiore.

Art. 10.
I funzionari dell’ordine giudiziario e gli uscieri, prima di assumere l’esercizio delle loro funzioni, prestano giuramento nel rito prescritto dai regolamenti e con la formula seguente:- giuro d’essere fedele al Re, di osservare lealmente lo Statuto e tutte le leggi del Regno, e di adempiere da uomo d’onore e di coscienza le funzioni che mi sono affidate.
Il giuramento non è necessario nei casi di tramutamento collo stesso grado.

Art. 11.
I funzionari giudiziari debbono assumere l’esercizio delle loro funzioni nel termine di giorni trenta dalla data della registrazione alla corte dei conti del decreto di nomina o destinazione.
Il ministro della giustizia può abbreviare o prorogare per giuste cause il termine anzidetto, ma la proroga non può essere maggiore di altri giorni trenta.
Allorché per ragioni di servizio il ministro della giustizia abbia ordinato che il funzionario tramutato o promosso continui ad esercitare il precedente suo ufficio, i termini anzidetti decorrono dal giorno in cui cessi tale esercizio.

Art. 12.
Il funzionario che contravviene al disposto dall’articolo precedente, s’intende avere rinunziato all’impiego, e non può essere riammesso nella carriera che mediante un nuovo decreto di nomina.

Art. 13.
Ogni funzionario dell’ordine giudiziario ed usciere deve dimorare nel comune ove ha sede la pretura, il tribunale o la corte presso cui esercita le sue funzioni; e non può assentarsene senza una licenza ottenuta ai termini dei regolamenti.
Non sono sottoposti a quest’obbligo i vice-pretori, i quali non rivestano ad un tempo la qualità di uditori.
I contravventori alle disposizioni di quest’articolo sono soggetti a provvedimenti disciplinari, e possono essere privati pure dello stipendio per un tempo corrispondente all’assenza illecita.

Capo III. Delle incompatibilità e delle esenzioni.

Art. 14.
I funzionari dell’ordine giudiziario e gli uscieri non possono essere sindaci, assessori o segretari comunali, né occupare altri pubblici impieghi od uffici amministrativi, ad eccezione di quelli di consigliere comunale o provinciale, né esercitare la mercatura od altra professione qualunque.
Questa disposizione però non è applicabile ai conciliatori ed ai giudici di commercio.
I vice-pretori, che non siano uditori, possono pure esercitare la professione di avvocato, procuratore, o notaio, ed essere anche segretari dei comuni o di altre pubbliche amministrazioni.

Art. 15.
Non possono far parte contemporaneamente come giudici della stessa sezione nelle corti e nei tribunali i parenti e gli affini sino al quarto grado inclusivamente. Sono nulli gli atti che avessero luogo col loro concorso.

Art. 16.
I funzionari dell’ordine giudiziario e gli uscieri sono esenti da qualunque pubblico servizio estraneo alle loro funzioni, eccettuato il servizio militare.

Capo IV. Del tirocinio per le funzioni giudiziarie.

Art. 17.
Il tirocinio per le funzioni giudiziarie, escluse quelle di cancelleria e segreteria, ha luogo nella qualità di uditore.
Per l’ammissione al tirocinio, oltre le condizioni generali prescritte all’articolo 9, si richiedono pure quelle speciali di cui nei seguenti articoli.

Art. 18.
Per essere nominato uditore è necessario:
1.° Aver conseguito la laurea in legge in una università italiana;
2.° Aver vinto la prova di un concorso.

Art. 19.
Questo concorso ha luogo in iscritto, avanti una commissione esaminatrice, nominata dal ministro della giustizia, nei luoghi e nei modi determinati dai regolamenti.
Quegli che ha vinto la prova del concorso, è nominato uditore con decreto ministeriale.

Art. 20.
Gli uditori sono dal ministro della giustizia destinati alle diverse corti, tribunali ed uffizi, avuto riguardo ai bisogni ed alle convenienze del servizio.

Art. 21.
Gli uditori sono tenuti di frequentare l’ufficio al quale trovansi addetti, di assistere alle udienze delle corti o dei tribunali e di attendere a quei lavori che sieno loro affidati dal capo dell’uffizio o da chi ne fa le veci.
Gli uditori, oltre le speciali attribuzioni che loro sono conferite dalla presente legge, hanno qualità per essere assunti alle funzioni di pubblico ministero nelle preture, quando vi siano assegnati dal procuratore generale.
I medesimi possono altresì, dopo sei mesi di tirocinio, e quando la necessità del servizio lo richieda, essere destinati con regio decreto ad esercitare le funzioni di vice-pretori.

Art. 22.
L’uditore deve sottoporsi ad un esame pratico non prima di un anno, se aspira alla carica di pretore, non prima di tre se a quella di aggiunto giudiziario.
Egli conserva la qualità di uditore e continua ad esercitarne le funzioni anche dopo l’esame, fino a diversa destinazione.

Art. 23.
L’esame pratico ha luogo contemporaneamente per tutto il Regno, innanzi a giunte speciali formate annualmente, nelle città sedi di corti d’appello; deve sostenersi in iscritto ed a voce, e versa sulla pratica giudiziaria.
Quando per gravi ragioni l’esame non possa aver luogo contemporaneamente in tutte le città sovrindicate, il ministro della giustizia può prorogarlo per un termine che non ecceda sei mesi.
Le relative norme sono stabilite nel regolamento.
All’uditore che lo abbia superato, viene rilasciato un certificato d’idoneità che attesti il grado dell’approvazione ottenuta.

Art. 24.
Nessuno può esser nominato aggiunto giudiziario senza essere stato prima uditore, ed aver compiuto l’età di anni venticinque e senza l’adempimento delle altre condizioni richieste dalla presente legge.

Art. 25.
Gli aggiunti giudiziari sono con regio decreto assegnati ai tribunali civili e correzionali nel numero richiesto dai bisogni della giustizia, avuto specialmente riguardo a quelli dell’uffizio del pubblico ministero, e ad altre considerazioni e circostanze di servizio.
Il numero degli aggiunti giudiziari non potrà mai eccedere quello che sia stabilito con apposito regio decreto per tutto il Regno.

Art. 26.
Gli aggiunti giudiziari votano nelle cause delle quali sono relatori, e, quando sia impedito uno dei giudici, anche nelle altre.
Possono inoltre, senza pregiudizio di quanto è prescritto all’articolo 138, essere applicati con decreto ministeriale agli uffizi del pubblico ministero presso i tribunali per esercitarne tutte le funzioni.

TITOLO II. DEI GIUDICI.

Capo I. Dei conciliatori.

Art. 27.
In ogni comune vi ha un conciliatore.
Nei comuni in cui per ragione di popolazione, o per altre cause, un solo conciliatore è insufficiente, può esserne stabilito un numero maggiore.

Art. 28.
Le funzioni del conciliatore sono:
1.° Comporre le controversie, quando ne sia richiesto;
2.° Giudicare le controversie ed esercitare le altre attribuzioni che gli sono deferite dalla legge.

Art. 29.
I conciliatori sono nominati dal Re sulla proposta dei rispettivi consigli comunali, fatta mediante la presentazione di tre candidati.

Art. 30.
Le funzioni del conciliatore sono puramente onorifiche e servono di merito per ottenere pubblici impieghi, quando concorrano i requisiti di legge.
Nelle solenni cerimonie egli prende posto immediatamente dopo il sindaco.
Egli dura in ufficio tre anni e può essere confermato.

Art. 31.
In mancanza o impedimento del conciliatore supplisce temporaneamente il conciliatore viciniore non impedito dello stesso mandamento, e in suo difetto il pretore. In questo caso le sentenze del Pretore sono inappellabili.

Art. 32.
Presso i conciliatori compiono le funzioni di cancellieri i segretari comunali o i loro sostituti.
In caso di loro mancanza od impedimento, il conciliatore provvede ugualmente anche senza la loro assistenza.

Art. 33.
Per essere nominato conciliatore è necessario:
1.° Avere l’età di anni 25;
2.° Dimorare nel comune;
3.° Essere iscritto nelle liste degli elettori comunali.

Capo II. Dei pretori e vice-pretori.
Art. 34.
In ogni mandamento havvi un pretore.
Nelle città la cui popolazione non sia minore di quaranta mila abitanti, e dove siano stabilite più preture, possono pure, con regio decreto da inserirsi negli atti del governo, e sopra domanda dei consigli comunali, essere istituite preture urbane pei giudizi penali.
Alle preture possono essere addetti uno o più vice-pretori.
Può nominarsi inoltre un vice-pretore per ciascun comune che non sia capo-luogo di mandamento. Le sue funzioni possono congiungersi a quelle del conciliatore.

Art. 35.
I pretori compiono, nei limiti assegnati dalle leggi, le funzioni:
1.° Di giudici in materia civile e commerciale;
2.° Di giudici in materia penale;
3.° Di ufficiali di polizia giudiziaria.
Esercitano inoltre, nei modi stabiliti dalle leggi, la giurisdizione volontaria e le altre attribuzioni loro deferite.
I pretori urbani, nelle città dove siano istituiti, esercitano le funzioni di giudici in materia penale entro i limiti della competenza e del territorio dei pretori delle stesse città, escluse le funzioni di uffiziali di polizia giudiziaria.

Art. 36.
I vice-pretori coadiuvano il pretore nel compimento delle sue funzioni, ove il numero degli affari lo richieda.
Nei casi di mancanza o d’impedimento del pretore, il vice-pretore più anziano ne esercita le funzioni.
I vice-pretori comunali esercitano nel proprio comune le funzioni di uffiziali della polizia giudiziaria, che nel codice di procedura penale sono attribuite ai sindaci, come altresì tutte le altre cui siano chiamati da particolari disposizioni legislative.

Art. 37.
In mancanza od impedimento del pretore e del vice-pretore supplisce temporariamente il pretore o vice-pretore del mandamento più vicino nella circoscrizione territoriale dello stesso tribunale.
Quando i bisogni del servizio siano per consigliare un provvedimento immediato, il presidente del tribunale, sulla richiesta del procuratore del Re, può destinare a supplire temporariamente al pretore o vice-pretore mancante od impedito, un uditore od altro vice-pretore del territorio dipendente dalla sua giurisdizione.

Art. 38.
Mancando od essendo impediti i pretori e vice-pretori urbani, ne esercitano le funzioni gli altri pretori o vice-pretori residenti nello stesso comune, per turno e secondo le norme contenute nel regolamento.
Il disposto dal capoverso dell’articolo precedente è pure applicabile alla supplenza delle preture urbane.

Art. 39.
Per essere nominato pretore si richiede un tirocinio non minore di un anno in qualità di uditore, e l’esame pratico indicato dall’Art. 23.
Possono altresì essere nominati pretori:
1.° I vice-pretori mandamentali laureati in legge, dopo quattro anni di esercizio;
2.° I laureati in legge, dopo cinque anni di esercizio effettivo dell’avvocatura avanti i tribunali o le corti;
3.° I procuratori laureati in legge, dopo otto anni di esercizio effettivo avanti le corti o i tribunali nella qualità di capi di ufficio;
4.° I notai laureati in legge, dopo otto anni di effettivo esercizio della loro professione.
Tuttavia i vice-pretori, di cui al n.° 1, gli avvocati che non abbiano un esercizio effettivo di sette anni, i procuratori e notai debbono, prima di essere nominati, sottoporsi ad un esame di abilitazione, conforme a quello prescritto dall’
Art. 23, e riportarne l’approvazione.
Nessuno può essere nominato pretore prima di aver compito l’età di anni venticinque.

Art. 40.
Possono essere nominati vice-pretori mandamentali i laureati in legge che abbiano l’età di anni ventuno ed i requisiti necessari per essere ammessi all’esercizio dell’avvocatura, come pure i notai esercenti da tre anni, fermo quanto agli uditori il disposto dall’
Art. 37 della presente legge.
Per essere nominato vice-pretore comunale sono necessari i requisiti prescritti dall’
Art. 33.

Capo III. Dei tribunali civili e correzionali.

Art. 41.
Vi ha un tribunale civile e correzionale in ciascuno dei comuni designati in apposita tabella.

Art. 42.
Ai tribunali civili e correzionali appartiene:
1.° Giudicare in materia civile in prima istanza ed in appello di tutte le cause loro deferite dalle leggi;
2.° Esercitare le funzioni di tribunale di commercio dove questo non esiste;
3.° Giudicare in materia penale in prima istanza ed in appello dei reati loro deferiti dalle leggi;
4.° Esercitare tutte le altre attribuzioni che ad essi sono dalle leggi assegnate.

Art. 43.
In ogni tribunale uno dei giudici è incaricato per ciascun anno con decreto reale dell’istruzione delle cause penali. Occorrendo il bisogno possono, pure per decreto reale, essere applicati all’ufficio d’istruzione anche altri giudici e gli aggiunti giudiziari.
Le funzioni degli istruttori quand’anche esercitate da giudici inamovibili, sono sempre rivocabili.
I giudici istruttori possono essere temporariamente destinati ad un tribunale diverso da quello di cui fanno parte, qualora per istraordinarie circostanze il bisogno del servizio lo richieda.

Art. 44.
I tribunali civili e correzionali possono per decreto reale, ove la necessità del servizio lo richieda, e lo acconsenta il numero del personale, esser divisi in più sezioni.
Nei tribunali divisi in più sezioni sono in ogni anno designati per reale decreto i giudici che debbono comporre ciascuna sezione.
Lo stesso decreto designa le sezioni alle quali sono devoluti gli affari civili, gli affari correzionali, e gli appelli in materia correzionale e di polizia, ovvero gli uni e gli altri promiscuamente.

Art. 45.
Nei tribunali divisi in più sezioni il presidente presiede alla sezione prima; le altre sezioni sono presiedute da vice-presidenti od anche provvisoriamente da giudici anziani.

Art. 46.
I tribunali civili e correzionali giudicano col numero invariabile di tre votanti.

Art. 47.
Mancando od essendo impedito il presidente di una sezione, ne fa le veci il giudice anziano della sezione stessa.
Il presidente del tribunale, nelle funzioni che gli sono specialmente attribuite, è supplito dai vice-presidenti secondo l’ordine dell’anzianità, ed in mancanza di essi dal giudice anziano del tribunale.

Art. 48.
Quando per mancanza o legittimo impedimento dei magistrati, una delle sezioni del tribunale non si trovi in numero legale per giudicare, il presidente può intervenire egli stesso, ovvero destinare un giudice od aggiunto di un’altra sezione. Qualora poi tutti questi funzionari siano mancanti o impediti, il presidente, o chi ne fa le veci, richiederà per sedere nel tribunale un pretore dello stesso comune, secondo l’ordine delle preture, e qualora questi pure sia impedito, assente o mancante, un vice-pretore del comune se laureato in leggi, ed in suo difetto, il pretore più vicino non impedito.
Rimane sempre vietato l’intervento in ciascuna sezione di più d’un aggiunto giudiziario o di più di un supplente estraneo al corpo del tribunale.

Art. 49.
Essendo mancante un giudice istruttore, il presidente delega uno dei giudici del tribunale a farne le veci.
La stessa disposizione ha luogo quando sia impedito il giudice istruttore e non sia sufficiente ai bisogni del servizio il sussidio degli aggiunti giudiziari.

Art. 50.
Per essere giudice di un tribunale civile e correzionale si richiede l’età non minore di anni venticinque.
Possono essere nominati giudici dei tribunali civili e correzionali:
1.° I sostituti procuratori del Re ed i pretori, dopo un anno di esercizio
2.° Gli aggiunti giudiziari, dopo due anni di esercizio;
3.° I laureati in legge, dopo sette anni di esercizio effettivo dell’avvocatura o dopo dieci anni di esercizio della professione di procuratore avanti le corti ed i tribunali.
Per essere nominato vice-presidente è necessario essere stato giudice di un tribunale civile e correzionale almeno per un anno.

Art. 51.
Per essere nominato presidente di tribunale civile e correzionale è necessario avere l’età di anni trenta ed essere stato giudice di tribunale o sostituto procuratore del Re per anni sei, o vice-presidente per anni due, ovvero per anni dieci avvocato esercente avanti le corti o per egual tempo professore di leggi in una università dello Stato, salvo il disposto dall’Art. 137 della presente legge.

Capo IV. Dei tribunali di commercio.

Art. 52.
Vi ha un tribunale di commercio in ciascuno dei luoghi designati nella tabella.

Art. 53.
Ove il bisogno della giustizia lo richieda, possono ancora istituirsi altri tribunali di commercio con decreto reale, sentito il consiglio provinciale e il consiglio di Stato.

Art. 54.
I tribunali di commercio giudicano in prima istanza ed in appello delle cause loro deferite dal codice di commercio e dalle altre leggi, ed esercitano pure quelle attribuzioni che sono ad essi demandate.

Art. 55.
Ogni tribunale di commercio è composto di un presidente, di giudici ordinari e di supplenti, scelti tutti nel ceto dei commercianti.
Ove particolari circostanze locali nell’interesse del pubblico servizio lo esigano, può nominarsi presidente o vice-presidente di tribunale di commercio un magistrato, od un avvocato, che abbia le qualità richieste per essere presidente o vice-presidente di tribunale civile e correzionale.
I tribunali di commercio possono anche essere divisi in più sezioni; nel quale caso la prima sezione sarà presieduta dal presidente e le altre da vice-presidenti.
Per la formazione delle sezioni si osservano le norme prescritte pei tribunali civili e correzionali.

Art. 56.
Il presidente, i giudici ed i supplenti del tribunale di commercio sono nominati dal Re, sulle proposte fatte dalle rispettive camere di commercio.

Art. 57.
Le camere di commercio fanno la proposta mediante la formazione di una lista di nomi, il cui numero sia triplo di quello dei membri da nominarsi.

Art. 58.
Mancando od essendo impedito il presidente di una sezione, ne fa le veci il giudice anziano della sezione stessa.
Il presidente del tribunale, nelle funzioni che gli sono specialmente attribuite, è supplito dai vice-presidenti secondo l’ordine dell’anzianità, in mancanza di essi dal giudice anziano del tribunale, ed in caso di anzianità pari dal decano di età.
In caso di mancanza o di impedimento dei giudici ordinari, questi vengono surrogati dai supplenti.

Art. 59.
I membri dei tribunali di commercio durano in ufficio tre anni.
Ogni anno un terzo dei giudici ordinari e dei supplenti scade dall’uffizio ed è rinnovato.
Tale rinnovazione si fa per ordine di anzianità e fra coloro che hanno nomina contemporanea decide la sorte.
Essi possono essere proposti e nominati di nuovo ed immediatamente per altri tre anni; trascorso il secondo triennio possono essere proposti e nominati soltanto dopo un anno di intervallo.

Art. 60.
Le funzioni dei membri dei tribunali di commercio sono meramente onorifiche. Quando per altro il presidente o vice-presidente sia un magistrato, egli avrà il grado, lo stipendio e gli onori competenti ai presidenti o vice-presidenti dei tribunali civili e correzionali.

Art. 61.
I tribunali di commercio giudicano col numero invariabile di tre votanti.

Art. 62.
Ove per difetto di giudici ordinari e supplenti un tribunale di commercio non possa esercitare le sue funzioni, si dichiarerà con regio decreto da pubblicarsi nella raccolta delle leggi, che la sua giurisdizione è provvisoriamente devoluta al tribunale civile e correzionale del circondario.
Con altro decreto, da pubblicarsi nello stesso modo, sarà stabilito il giorno, in cui il tribunale di commercio riprenderà le sue funzioni.

Art. 63.
Per essere eletto membro di un tribunale di commercio è necessario aver compiuto l’età di anni venticinque, essere commerciante, o in difetto dell’attualità di esercizio del commercio, averlo esercitato onorevolmente per dieci anni continui.

Capo V. Delle corti d’appello.

Art. 64.
Vi ha una corte di appello nei luoghi designati nella relativa tabella.

Art. 65.
In ogni corte di appello vi è un primo presidente che presiede alla prima sezione.
Ciascuna delle altre è presieduta da un presidente di sezione.
I giudici delle corti di appello hanno il titolo di consiglieri.

Art. 66.
Le corti di appello conoscono:
1.° In materia civile:
a) delle cause giudicate in prima istanza dai tribunali civili e correzionali e di commercio, ovvero dagli arbitri nei limiti della competenza di essi tribunali;
b) degli affari di volontaria giurisdizione loro deferiti dalle leggi
2.° In materia penale:
a) degli appelli dalle sentenze proferite dai tribunali civili e correzionali;
b) dei casi di sottoposizione ad accusa nelle cause che spettano alla cognizione delle corti d’assise, e degli altri deferiti al loro giudizio dalle leggi di procedura penale.
Esercitano inoltre le altre attribuzioni loro dalla legge assegnate.

Art. 67.
Le corti d’appello giudicano invariabilmente col numero di cinque votanti nelle cause civili, con quello di quattro nelle cause per gli appelli correzionali.

Art. 68.
La sezione d’accusa è in ciascuna corte composta di cinque membri oltre ad uno o più supplenti, ove il bisogno lo richieda. I membri ed i supplenti della sezione d’accusa possono anche far parte delle altre sezioni.
La sezione di accusa giudica col numero invariabile di tre votanti.
Il lavoro viene distribuito fra i componenti la sezione di accusa in modo regolare ed invariabile da determinarsi con regolamento.

Art. 69.
In ogni anno un decreto reale designa i presidenti ed i consiglieri che fanno parte di ciascuna sezione, come pure il presidente ed i membri che compongono la sezione d’accusa, ed i supplenti, e la sezione che deve, promiscuamente cogli affari civili, occuparsi degli appelli in materia correzionale.
È applicabile anche alle corti di appello il disposto dalla prima parte dell’Art. 44.

Art. 70.
Mancando od essendo impedito il presidente di una sezione, ne fa le veci il consigliere anziano della medesima.
Il primo presidente, nelle funzioni che gli sono specialmente attribuite, è supplito dai presidenti di sezione, secondo l’ordine dell’anzianità, ed in mancanza di questi dal consigliere anziano della corte.

Art. 71.
Quando in una sezione manca per legittimo impedimento il numero dei magistrati necessari per giudicare, il primo presidente, quando non creda d’intervenire egli stesso, lo compie coi consiglieri applicati ad altre sezioni.
In mancanza di essi è chiamato a supplire il presidente del tribunale civile e correzionale o l’anziano dei vice-presidenti, rimanendo però sempre vietato l’intervento in ciascuna sezione di più di un supplente estraneo al corpo della corte.

Art. 72.
Per essere nominato consigliere di una corte di appello è necessario aver l’età di trent’anni ed essere stato presidente o per anni due vice-presidente, ovvero per anni sei giudice di tribunale civile e correzionale, oppure per anni dieci avvocato esercente avanti le corti, o per egual tempo professore di leggi in una università dello Stato, salvo il disposto dall’articolo 137 della presente legge.

Capo VI. Delle assise e dei giurati.

Sezione I. Delle corti d’assise.

Art. 73.
Le corti d’assise siedono nei comuni designati in apposita tabella.
Ogni distretto di corte d’appello comprende uno o più circoli di corte d’assise.
Si può ordinare con decreto reale la formazione di due o più corti d’assise in un medesimo circolo, anche in comune che non sia capo-luogo, se il bisogno lo richieda.

Art. 74.
Le corti d’assise conoscono e giudicano, con l’intervento dei giurati, dei reati assegnati alla loro competenza dal codice di procedura penale, nei modi e limiti da questo stabiliti.

Art. 75.
In principio d’ogni anno giuridico sono con regio decreto designati i presidenti e i giudici delle assise.
Il primo presidente della corte d’appello ha sempre facoltà di presiedere alla corte di assise.

Art. 76.
Ogni corte d’assise è composta d’un presidente, scelto fra i consiglieri della corte d’appello e di due giudici del tribunale civile e correzionale del luogo ove sono tenute le assise.
Può esservi aggiunto come supplente un altro giudice dello stesso tribunale.

Art. 77.
Nei circoli di assise, dove per l’abbondanza delle cause le sessioni si debbano protrarre per più quindicine, possono essere designati due presidenti. Ciascuno di essi terrà alternativamente i dibattimenti, secondo l’ordine che sarà determinato dal primo presidente della corte d’appello nel ruolo da esso formato d’accordo col procuratore generale, per le cause da spedirsi nel periodo di ogni turno trimestrale.

Art. 78.
Il presidente o giudice che abbia atteso all’istruzione del processo, o che abbia concorso a pronunziare l’accusa di cui è giudizio, non può far parte della corte di assise.

Art. 79.
Mancando od essendo impedito il presidente o i presidenti delle assise, essi vengono surrogati dai consiglieri designati dal primo presidente della corte d’appello, inteso il procuratore generale.
Se la mancanza del presidente o dei presidenti derivi da morte o da collocamento a riposo od in aspettativa, si provvede alla loro surrogazione per decreto reale.
Fino a che questo non intervenga, si provvede temporariamente nel modo indicato nella prima parte di questo articolo.

Art. 80.
Mancando od essendo impedito prima dell’apertura della sessione taluno dei giudici, egli è surrogato dal giudice del tribunale, che viene designato dal primo presidente della corte d’appello. Ove poi la mancanza o l’impedimento avvenga nel corso della sessione, questa designazione è fatta dal presidente della corte d’assise.
Qualora i giudici assegnati al servizio della corte d’assise non possano essere surrogati da altri giudici del tribunale nel modo sovra espresso per essere tutti impediti, sono suppliti da altri giudici del tribunale più vicino nel distretto della corte di appello, destinati a tale uffizio dal primo presidente.

Art. 81.
Il pubblico ministero presso le corti di assise è rappresentato dal procuratore generale personalmente, o da uno de’ suoi avvocati generali, sostituti o sostituti aggiunti.
Il procuratore generale può eziandio commettere tali funzioni all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale civile e correzionale, nella cui giurisdizione sono convocate le assise. Può anche delegare personalmente il procuratore del Re od un di lui sostituto.

Art. 82.
Le funzioni di cancelliere delle corti d’assise sono esercitate, nei comuni ove ha sede una corte d’appello, dal cancelliere o dai vice-cancellieri della medesima, e negli altri comuni dal cancelliere o dai vice-cancellieri del tribunale civile e correzionale, ovvero da coloro che possono ai termini della presente legge essere assunti a farne le veci.

Art. 83.
Le assise si tengono ordinariamente ogni trimestre nei comuni capo-luogo di circolo; possono però essere straordinariamente convocate in ogni tempo, con decreto del primo presidente della corte d’appello, sia nel capo-luogo, sia in qualunque altro comune del circolo.
Sezione II. Dell’elezione dei giurati, e della formazione delle liste.

Art. 84.
Per essere giurato si richiede il concorso delle seguenti condizioni:
1.° Saper leggere e scrivere;
2.° Avere non meno di trenta, e non più di settant’anni compiuti;
3.° Essere elettore politico.

Art. 85.
Non possono essere iscritti sulle liste dei giurati:
1.° I ministri del Re;
2.° I segretari generali e i direttori generali dei ministeri;
3.° I prefetti delle provincie ed i sotto-prefetti dei circondari;
4.° I funzionari dell’ordine giudiziario e gli uscieri;
5.° I ministri di qualunque culto;
6.° I militari in attività di servizio.

Art. 86.
I senatori del Regno ed i membri della camera dei deputati sono dispensati dall’uffizio di giurato.

Art. 87.
Non possono essere giurati coloro:
1.° Che furono condannati a pene criminali;
2.° Che furono condannati per falso, furto, truffa, appropriazione indebita, vagabondaggio od attentato ai costumi;
3.° Che sono in istato d’accusa o di contumacia o sotto mandato di cattura;
4.° Che sono in istato di fallimento dichiarato e non riabilitati, e coloro che sono nello stato d’interdizione o inabilitati.

Art. 88.
In ogni comune si forma una lista generale degli individui, aventi la residenza nel territorio comunale, nei quali concorrano i requisiti necessari per essere eletti giurati.
Questa lista è permanente.

Art. 89.
In ogni comune vi è una commissione, composta del sindaco o di chi ne fa le veci, che ne ha la presidenza e di due consiglieri che sono eletti ogni anno dal consiglio comunale a maggioranza assoluta di voti insieme a due altri consiglieri incaricati di supplire ad essi.
La commissione così composta, prima della metà di agosto di ciascun anno, procede alla revisione della lista generale: vi cancella i nomi degli individui che sono defunti, o che hanno in qualunque modo perduto l’idoneità richiesta e vi aggiunge i nomi di coloro che hanno acquistato l’idoneità.

Art. 90.
La lista riveduta dalla commissione è pubblicata alla porta della casa comunale, e dopo la seguita pubblicazione resta affissa nell’uffizio dell’amministrazione comunale, con facoltà a chiunque di prenderne cognizione.

Art. 91.
Coloro che si credono indebitamente inscritti od omessi nella lista predetta, e tutti gli altri cittadini godenti del diritto elettorale nel comune, possono presentare i loro richiami alla giunta municipale, entro dieci giorni dalla pubblicazione prescritta dall’articolo precedente.
La giunta municipale dà le sue deliberazioni sui richiami entro i dieci giorni successivi.

Art. 92.
La lista riveduta dalla commissione, i ricorsi dei reclamanti e le relative deliberazioni della giunta municipale sono immediatamente trasmesse al sotto-prefetto, il quale pronuncia sui fatti richiami.
Questi, raccolte le opportune informazioni dalle autorità locali, può aggiungere d’uffizio alla lista i nomi di coloro che sono stati a suo giudizio indebitamente omessi, e cancellare quelli indebitamente inscritti, udita prima la giunta municipale.
Premesse tali operazioni, il sotto-prefetto procede alla definitiva approvazione della lista generale, ed il suo decreto è pubblicato, prima che finisca il mese di settembre, in ogni comune colla tabella delle rettificazioni.

Art. 93.
Coloro che credono di avere fondato motivo per contraddire alle decisioni del sotto-prefetto od a lagnarsi di denegata giustizia, possono promuovere la loro azione dinanzi alla corte d’appello, notificando al sotto-prefetto, sotto pena di nullità, la loro domanda entro dieci giorni dalla pubblicazione menzionata nell’articolo precedente, qualunque sia la distanza.
La causa è decisa sommariamente in via d’urgenza, senza che sia d’uopo del ministero di procuratore e sulla relazione che n’e’ fatta in udienza pubblica da uno dei consiglieri della corte, sentita la parte od il suo difensore, e sentito pure il pubblico ministero nelle sue conclusioni orali.

Art. 94.
Le liste approvate a termini dell’Art. 92, sono immediatamente trasmesse al prefetto, il quale per ogni circolo delle assise forma una lista generale per ordine alfabetico di tutti i giurati.

Art. 95.
In ogni provincia vi è una commissione composta del presidente del consiglio provinciale, di due consiglieri del medesimo come membri ordinari, e di altri due come supplenti, eletti gli uni e gli altri dallo stesso consiglio a maggioranza assoluta di voti.
Prima che scada il mese di novembre di ciascun anno, la commissione così composta esamina la lista generale dei giurati di ciascun circolo e per via di eliminazione riduce alla metà il numero degli iscritti, eccedente quello dei giurati assegnati a norma dell’Art. 97 ai diversi circoli. Così ridotta la lista, è trasmessa al prefetto, il quale, sentito il consiglio di prefettura, ne elimina la restante metà.

Art. 96.
Le liste così ridotte sono dal prefetto trasmesse ai presidenti dei tribunali delle città, capo-luogo di circolo, nelle quali debbono tenersi ordinariamente le assise, come pure ai presidenti degli altri tribunali compresi nello stesso circolo di corte d’assise.

Art. 97.
La lista annuale dei giurati sarà:
Pel circolo di Napoli di 800;
Pel circolo di Milano di 500;
Pei circoli di Bologna, Firenze, Genova, Palermo e Torino di 400;
Pei circoli di Brescia, Catania, Livorno e Messina di 300, e se vi siano più corti di 200 per ciascuna di esse.
Per tutti gli altri di 200 per ciascuna corte.

Art. 98.
Qualora un circolo consti di circondari dipendenti da diverse provincie, il numero dei giurati assegnato dall’
Art. 97 al circolo stesso, sarà ripartito fra i circondari appartenenti alle diverse provincie, nella proporzione che verrà stabilita con regio decreto in ragione delle rispettive popolazioni.

Art. 99.
Se la lista generale di ciascun circolo comprende solo il numero d’individui assegnati al medesimo, ovvero un numero minore, sono questi destinati tutti a prestar servizio come giurati presso la corte d’assise nell’anno seguente.
Se però il numero fosse inferiore a 100, il circolo s’intende temporariamente aggregato al circolo viciniore, che viene designato con reale decreto in ciascun anno e finché ne dura il bisogno.

Art. 100.
Oltre la lista dei giurati ordinari menzionata negli articoli antecedenti, ne vien fatta un’altra di giurati supplenti per ciascun circolo delle assise.
A tale scopo la commissione provinciale ed il prefetto procedono alla formazione della lista dei giurati supplenti, eliminando nelle forme stabilite all’
Art. 95 dalla lista permanente del comune in cui sederà la corte, gl’inscritti eccedenti il numero dei giurati supplenti richiesti.
Questa lista conterrà il seguente numero di giurati:
Pel circolo di Napoli 200;
Pel circolo di Milano 150;
Pei circoli di Bologna, Firenze, Genova, Palermo e Torino 100;
Per quelli di Brescia, Catania, Livorno e Messina 80;
Per gli altri 60.

Art. 101.
La lista annuale dei giurati e dei supplenti sta sempre affissa nel vestibolo della sala d’udienza del tribunale civile e correzionale.

Art. 102.
Occorrendo il bisogno nel corso dell’anno, le commissioni provinciali ed i prefetti devono, a richiesta del primo presidente della corte d’appello, accrescere, nelle forme stabilite, d’un numero da determinarsi secondo le esigenze del servizio dal presidente stesso, le liste dei giurati ordinari, ed a richiesta del presidente del tribunale quella dei giurati supplenti.

Art. 103.
Laddove nel corso dell’anno siavi bisogno di istituire una o più corti d’assise straordinarie nei circoli indicati nei due ultimi capoversi dell’Art. 97, si procede all’accrescimento delle relative liste nel modo prescritto dall’articolo precedente.

Art. 104.
Qualora le commissioni comunali e provinciali trascurino di procedere nei tempi prefissi alle operazioni loro commesse dagli articoli 89, 95 e 100, sono queste eseguite per cura del sotto-prefetto o del prefetto.
Nel caso che si trovi sciolto il consiglio comunale o provinciale, le operazioni stesse sono eseguite dal commissario governativo delegato ad amministrare il comune, o dal prefetto.

Art. 105.
Ove le assise abbiano a tenersi in più comuni dello stesso circolo, si formano nel modo stabilito all’Art. 100 altrettante liste di giurati supplenti, quanti saranno i comuni in cui sederanno le corti.

Art. 106.
Dieci giorni prima dell’apertura delle assise il presidente del tribunale civile e correzionale residente nel capo-luogo del circolo, in una delle udienze pubbliche del tribunale, previa lettura del decreto di convocazione, estrae trenta nomi dalla lista annuale dei giurati ordinari. Le persone i cui nomi sono così estratti debbono prestare il servizio per le cause da spedirsi nella sessione.
Estrae quindi dieci nomi dalla lista dei giurati supplenti, e questi sono tenuti a prestare servizio per tutta la sessione pel caso di mancanza o d’impedimento dei giurati ordinari.
Il cancelliere stende il processo verbale della estrazione, il quale è sottoscritto dal presidente, dai due giudici che vi hanno assistito, e dal cancelliere stesso, sotto pena di nullità.

Art. 107.
Quando in uno stesso circolo sono stabilite due o più corti d’assise, si fanno nel modo prescritto dall’articolo precedente tante estrazioni di giurati ordinari e supplenti, quante sono le corti.

Art. 108.
I presidenti delle corti d’assise distribuiscono gli affari da spedirsi nel corso di ogni sessione, in guisa che i giurati estratti a sorte ed inscritti, giusta i due precedenti articoli, nella lista dei giurati di servizio, non debbano intervenire alle sedute della corte d’assise per un termine maggiore di 15 giorni.
Incominciato però col loro intervento un dibattimento, non possono esserne dispensati, qualunque ne sia la durata.
Le estrazioni a sorte contemplate nei detti articoli 106 e 107 sono rinnovate secondo le esigenze del servizio.

Art. 109.
Quando le assise si tengano straordinariamente in qualche comune che non sia capo-luogo del circolo, la estrazione dei giurati ordinari sarà fatta nella forma stabilita dall’
Art. 106, dal presidente del tribunale civile e correzionale del luogo in cui dovrà sedere la corte, il quale avrà cura di far conoscere i trenta nomi estratti dalla lista generale dei giurati ordinari ai presidenti che sono chiamati a fare da tale lista una simile estrazione.
Il presidente estrae successivamente altri dieci nomi d’individui aventi la residenza nel comune, e questi sono i giurati supplenti.

Art. 110.
Coloro che hanno prestato il loro servizio durante una sessione della corte d’assise, come giurati ordinari o come supplenti, non sono più chiamati, ove le esigenze del servizio lo consentano, alle sessioni che si tengono nella rimanente parte dell’anno.
Sezione III. Della composizione definitiva del giurì.

Art. 111.
L’avviso del giorno in cui hanno principio le assise, è recato individualmente a ciascuno dei giurati estratti a sorte, come negli articoli 106, 107 e 109, per cura del presidente del tribunale civile e correzionale.
I giurati sì ordinari che supplenti devono trovarsi presenti alla prima e ad ogni altra seduta della corte d’assise, a meno che ne siano dalla medesima dispensati.

Art. 112.
Il presidente della corte d’assise, 24 ore prima dell’udienza, fa dare al pubblico ministero ed all’accusato comunicazione dell’intera nota de’ giurati ordinari e supplenti, estratti a sorte pel servizio della sessione.

Art. 113.
Se nel giorno stabilito per la trattazione di ciascun affare non vi sono trenta giurati ordinari presenti, queste numero è compiuto coi giurati supplenti già estratti a sorte, a termini dell’alinea dell’Art. 106 e dell’Art. 109, secondo l’ordine della loro estrazione.
In mancanza di detti supplenti già designati, il presidente della corte d’assise fa l’estrazione di altri nomi dalla lista contemplata nell’Art. 100, finché il prescritto numero sia compiuto.
I giurati estratti continuano a prestare servizio, anche per le cause fissate pel rimanente periodo della quindicina, tranne il caso che cessi la mancanza che ha dato luogo alla estrazione. Per le cause, che saranno trattate nelle successive udienze, seguirà la comunicazione prescritta dall’articolo precedente; ma per quelle fissate pel giorno seguente basta che segua nel giorno stesso della estrazione.
Per le assise straordinarie a cui accenna l’Art. 109, i giurati mancanti sono suppliti merce’ l’estrazione a sorte di altri giurati domiciliati nel comune ove siede la corte.

Art. 114.
Nella stabilita udienza, avutasi, previo appello nominale, la presenza di trenta giurati ordinari o supplenti, il presidente pone nell’urna i loro nomi.

Art. 115.
Il presidente fa poscia ritirare gli stessi giurati nella stanza per essi destinata: indi a porte chiuse, ed in presenza del pubblico ministero e dell’accusato, assistito dal proprio difensore, procede all’estrazione a sorte dei quattordici giurati necessari pel giudizio.

Art. 116.
Il pubblico ministero e gli accusati possono ricusarli, senza addurre motivi, sino a che rimangano nell’urna tanti nomi che, uniti a quelli estratti e non ricusati, raggiungano il numero di quattordici.
Il pubblico ministero deve dichiarare prima degli accusati se ricusi o no il giurato estratto.
Egli peraltro non può mai ricusare oltre la metà del numero eccedente i quattordici.
La ricusa deve essere fatta al momento dell’estrazione.

Art. 117.
Se vi sono più accusati, essi possono accordarsi fra loro per esercitare in comune o separatamente il diritto di ricusa, come nell’articolo precedente.
In mancanza di tale accordo preventivo, la sorte regolerà fra essi l’ordine nel quale saranno ammessi a ricusare, ed in questo caso i giurati estratti e ricusati da uno nell’ordine suespresso, s’intendono anche ricusati per gli altri, sino a che sia esaurito il numero delle ricuse permesse.
Se l’accordo tra più accusati riguarda una parte soltanto delle ricuse, le altre sino al numero stabilito possono da ciascuno di essi farsi nell’ordine che verrà fissato dalla sorte.

Art. 118.
I due ultimi giurati estratti a sorte sono i supplementari pel dibattimento che sta per aprirsi.

Art. 119.
Coloro che malgrado la notificazione loro fatta della stabilita udienza, non si trovano presenti, o venendo estratti a sorte per comporre il numero prescritto dei giurati, rifiutano di assumere l’incarico, sono condannati ad una multa dalle lire trecento alle mille, con sentenza della corte di assise proferita prima di aprire il dibattimento.

Art. 120.
I giurati che si assentano prima che sia terminato il dibattimento, ovvero che per loro colpa rendono impossibile la deliberazione del giurì o la regolare sua dichiarazione, oltre alla multa prescritta dall’articolo precedente, sono condannati al rifacimento delle inutili spese cagionate all’erario pubblico, e ai danni ed interessi verso le parti.

Art. 121.
Coloro che, essendo stati condannati per la loro mancanza all’udienza, giustificano entro il termine di giorni quindici successivi all’intimazione della sentenza, l’impossibilità in cui sieno stati di obbedire al precetto, sono dalla corte esonerati dagli effetti della condanna.
Se prima che siasi presentata istanza per questa esonerazione, la sessione della corte d’assise è stata chiusa, l’istanza medesima è portata davanti alla corte d’appello, sezione degli appelli correzionali, e da essa giudicata sulla semplice lettura del ricorso e dei relativi documenti. In ambi i casi deve essere sentito il pubblico ministero.

Capo VII. Della corte di cassazione.

Art. 122.
La corte di cassazione è istituita per mantenere l’esatta osservanza delle leggi.

Art. 123.
La corte di cassazione conosce:
1.° In materia civile e commerciale dei ricorsi per annullamento delle sentenze pronunciate in grado di appello;
2.° In materia penale dei casi di annullamento delle sentenze inappellabili o in grado di appello, proferite dalle corti, dai tribunali e dai pretori e degli atti d’istruzione che le abbiano precedute.
Pronunzia inoltre negli altri casi, che le sono deferiti dalle leggi.

Art. 124.
Le regole speciali sulla competenza e sulle discipline della corte di cassazione e le altre sue attribuzioni sono determinate dalle leggi di procedura, dalle leggi particolari, e dai regolamenti che la riguardano.

Art. 125.
La corte di cassazione è composta di un primo presidente, di un presidente di sezione e di consiglieri.
Si divide in due sezioni, la prima per le materie civili, la seconda per le materie penali.

Art. 126.
Il primo presidente presiede alla prima sezione ed anche all’altra, ove lo stimi conveniente, alle adunanze solenni, ed alle udienze a sezioni unite nei casi determinati dalla legge.
La composizione annuale delle sezioni è stabilita con decreto reale al principio dell’anno giuridico.

Art. 127.
La corte di cassazione in ciascuna sezione giudica col numero invariabile di sette membri.
Mancando in una sezione il numero dei votanti, viene completato coi consiglieri dell’altra sezione.
Per le deliberazioni a sezioni unite la votazione ha luogo in numero dispari, non minore di quindici.

Art. 128.
Per esser nominato consigliere della corte di cassazione è necessario essere stato membro di una corte di appello per anni sei, o presidente d’un tribunale civile e correzionale per lo stesso tempo, oppure per anni dodici avvocato esercente o per egual tempo professore di leggi in una università dello Stato, salvo il disposto dall’Art. 137 della presente legge.

TITOLO III. DEL MINISTERO PUBBLICO.

Capo I. Della costituzione del ministero pubblico.

Art. 129.
Il pubblico ministero è il rappresentante del potere esecutivo presso l’autorità giudiziaria, ed è posto sotto la direzione del ministro della giustizia.

Art. 130.
Le funzioni di pubblico ministero presso la corte di cassazione e presso le corti d’appello sono esercitate da procuratori generali, presso i tribunali civili e correzionali da procuratori del Re.
I procuratori generali compiono le loro funzioni personalmente, o per mezzo di avvocati generali, di sostituti procuratori generali o di sostituti procuratori generali aggiunti.
I procuratori del Re le compiono personalmente o per mezzo di sostituti od aggiunti giudiziari.

Art. 131.
Le funzioni di pubblico ministero presso le corti di assise si esercitano nel modo stabilito dall’Art. 81 della presente legge.

Art. 132.
Le funzioni del pubblico ministero presso le preture sono esercitate da aggiunti giudiziari, da uditori, da vice-giudici, da delegati di pubblica sicurezza che vi sieno stati dai rispettivi capi specialmente addetti, ed in loro mancanza, impedimento od assenza, dal sindaco del comune, il quale può surrogarvi il vice-sindaco o un membro del consiglio municipale da lui destinato, ovvero anche il segretario comunale od il suo sostituto.
Se il funzionario incaricato di rappresentare il pubblico ministero non interviene alle udienze, sebbene debitamente avvisato, il pretore assumerà per esercitarne provvisoriamente le funzioni un avvocato, un notaio od un procuratore residente nel mandamento.

Art. 133.
I funzionari del pubblico ministero presso le corti ed i tribunali sono scelti fra i membri delle corti e dei tribunali e fra i pretori.
Possono pure scegliersi fra gli aggiunti giudiziari dopo il biennio, fra gli avvocati ed i professori i quali abbiano almeno i requisiti per essere nominati pretori, o membri di tribunale civile e correzionale, fra i funzionari di magistratura chiamati presso il ministero di grazia e giustizia, ed altresì fra i laureati in legge impiegati nel ministero di grazia e di giustizia e fra quelli che abbiano già esercitato le funzioni di pubblico ministero presso uffizi di contenzioso finanziario, ovvero presso tribunali militari, dopo un tempo di applicazione uguale almeno a quello prescritto pel tirocinio degli aggiunti.

Art. 134.
Il ministro della giustizia ha facoltà di applicare temporariamente i sostituti ai vari uffizi del pubblico ministero presso le diverse corti e tribunali nel numero richiesto dal bisogno del servizio.

Art. 135.
Le carriere della magistratura giudicante e del ministero pubblico sono parallele e distinte.

Art. 136.
I procuratori generali sono pareggiati in grado ai primi presidenti, gli avvocati generali ai presidenti di sezione, i sostituti procuratori generali ai consiglieri delle corti, i sostituti procuratori generali aggiunti ed i procuratori del Re ai presidenti di tribunale, ed i sostituti procuratori del Re ai giudici dei tribunali civili e correzionali.

Art. 137.
I funzionari del ministero pubblico, in via di eccezione, possono essere trasferiti nella magistratura giudicante, purché, rispetto al tempo, abbiano le condizioni richieste dalla presente legge per la nomina ai diversi uffici. A. questo effetto vien loro eziandio computato il tempo passato negli uffici del ministero pubblico al ragguaglio di quello fissato pei giudici di tribunale. Per la nomina a consigliere della corte di cassazione sono necessari nove anni di esercizio in un ufficio del pubblico ministero, sei dei quali in qualità di sostituto procuratore generale.

Art. 138.
In mancanza od impedimento del procuratore generale o del procuratore del Re, regge l’uffizio l’avvocato generale o il sostituto anziano, quando il ministro della giustizia non abbia delegato un altro.
In mancanza od impedimento di alcuno dei membri del pubblico ministero ne esercita temporariamente le funzioni davanti le corti l’ultimo consigliere non impedito; davanti ai tribunali civili e correzionali l’aggiunto giudiziario addetto all’ufficio, ed in caso pure di sua mancanza od impedimento, il giudice meno anziano del tribunale, o quello che venga destinato dal presidente di concerto col procuratore del Re, salvo che il ministro della giustizia non abbia all’uopo destinato altro consigliere, giudice od aggiunto.

Capo II. Delle attribuzioni del ministero pubblico.

Art. 139.
Il pubblico ministero veglia all’osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, dei corpi morali e delle persone che non abbiano la piena capacità giuridica, provocando a quest’uopo nei casi di urgenza quei provvedimenti conservatorii che siano necessari;
promuove la repressione dei reati;
fa eseguire i giudicati in conformità dell’Art. 144;
ha pure azione diretta per far eseguire ed osservare le leggi d’ordine pubblico e che interessano i diritti dello Stato, sempreché tale azione non sia ad altri pubblici ufficiali attribuita.

Art. 140.
In materia penale il ministero pubblico procede per via di azione.
Nelle materie civili dà il suo parere, o procede anche per via di azione nei casi rispettivamente determinati dalla legge.
Può inoltre chiedere facoltà di parlare e conchiudere in tutti gli altri affari che si trattano nelle pubbliche udienze, ogni qual volta lo ravvisi conveniente nell’interesse della giustizia.

Art. 141.
Un uffiziale del ministero pubblico assiste a tutte le udienze delle corti e dei tribunali civili e correzionali.
In mancanza del suo intervento l’udienza non è legittima.

Art. 142.
Il ministero pubblico fa le opportune requisitorie per l’ordine delle udienze.

Art. 143.
Il ministero pubblico presso la corte di cassazione assiste alle deliberazioni per le decisioni delle cause civili.
Presso le corti d’appello ed i tribunali non può assistere alla votazione nelle cause civili o penali.
Deve peraltro intervenire a quelle deliberazioni, che riguardano l’ordine ed il servizio interno.

Art. 144.
La esecuzione delle sentenze in materia penale è promossa dal pubblico ministero, secondo le disposizioni del codice di procedura penale.
Nelle cause civili il pubblico ministero fa eseguire d’uffizio le sentenze, in quanto interessino l’ordine pubblico.

Art. 145.
Il ministero pubblico interviene alle assemblee generali delle corti e dei tribunali nel modo indicato all’Art. 193.
Esercita poi in materia disciplinare quelle attribuzioni che gli sono deferite dalla presente legge.

Art. 146.
Il procuratore generale presso la corte di appello esercita nel distretto di essa un’azione direttiva ed una superiore vigilanza sugli ufficiali del pubblico ministero, come pure sulla polizia giudiziaria e sugli ufficiali della medesima.
La direzione della polizia giudiziaria in ciascun circondario viene anco esercitata dal procuratore del Re.

Art. 147.
Il ministero pubblico sopraintende alla polizia delle carceri giudiziarie e degli stabilimenti penali, in conformità delle leggi.

Art. 148.
Il procuratore generale presso la corte di cassazione richiede nell’interesse della legge l’annullamento delle sentenze nei casi e nei modi stabiliti dalle leggi di procedura.

Art. 149.
Occorrendo di far rappresentanze, sia per l’osservanza delle leggi e dei regolamenti, sia per oggetti relativi al servizio o alla disciplina, il procuratore generale o il procuratore del Re richiede, ed il presidente della corte o del tribunale convoca all’assemblea generale; questa delibera sulle requisitorie che le sono presentate.

Art. 150.
Nella prima udienza del mese di gennaio di ciascun anno il procuratore generale ed il procuratore del Re rendono conto in pubblica udienza all’assemblea generale della corte e del tribunale, a cui sono rispettivamente addetti, del modo con cui la giustizia fu amministrata in tutta la circoscrizione territoriale della corte e del tribunale. Notano quindi in camera di consiglio gli abusi che fossero invalsi, e fanno le requisitorie che giudicano convenienti pel bene del servizio, sulle quali la corte od il tribunale deve deliberare.

Art. 151.
I membri del pubblico ministero hanno nell’esercizio delle loro funzioni il diritto di richiedere direttamente la forza armata.

TITOLO IV. DELLE CANCELLERIE E DELLE SEGRETERIE.

Capo I. Dei cancellieri.

Art. 152.
Presso ogni corte, tribunale e pretura vi ha un cancelliere. Vi possono essere anche vice-cancellieri e presso le corti ed i tribunali vice- cancellieri aggiunti, a nonna della presente legge e della relativa tabella.

Art. 153.
I cancellieri e vice-cancellieri e quelli che ne fanno le veci assistono i giudici nelle udienze e nell’esercizio delle loro funzioni, contrassegnandone le firme; ricevono gli atti giudiziari e pubblici concernenti il loro uffizio; eseguiscono le registrazioni degli atti, li conservano in deposito e ne rilasciano le copie e gli estratti a termini delle leggi di procedura.

Art. 154.
I cancellieri, o coloro che ne fanno le veci, percepiscono, a norma delle tariffe e dei regolamenti, i diritti di cancelleria che siano stabiliti per ciascun atto, provvedono e vegliano all’osservanza delle leggi di bollo e registro e di ogni istruzione relativa, ed esercitano pure nel servizio interno delle corti, dei tribunali e delle preture e sugli uscieri quelle attribuzioni che loro siano deferite.

Art. 155.
I diritti originali di cancelleria, i quali, a termini delle vigenti tariffe, debbano riscuotersi per gli atti di qualsiasi natura, sono devoluti al tesoro dello Stato, riservato soltanto ai cancellieri od a chi ne fa le veci il dieci per cento, a norma di quanto viene determinato nei relativi regolamenti.

Art. 156.
I diritti di semplice copia e quelli d’indennità di viaggio appartengono ai cancellieri, coll’obbligo di sostenere, secondo l’ordine qui indicato, gli oneri seguenti:
1.° di sopperire alle spese d’ufficio per la cancelleria ed a quelle occorrenti per le sale di udienza quanto alle preture;
2.° di retribuire gli scrivani necessari al servizio delle cancellerie rispettive, in quel numero e modo che sarà stabilito dal regolamento;
3.° di provvedere pure e di retribuire gli scrivani che fossero necessari alle segreterie del pubblico ministero, presso le corti od i tribunali.
Qualora l’importare dei diritti percetti in un anno non basti a supplire alle spese sovraccennate, vi provvede sussidiariamente il governo; ma in questo caso la retribuzione degli scrivani diminuita di un quinto.
Quando invece l’ammontare dei diritti di copia ecceda l’importare delle spese contemplate ai n.i 1°, 2°, 3°, o di quelle che siano altrimenti già state dal governo irrevocabilmente imposte ai cancellieri, l’eccedente sarà assegnato per una parte ai cancellieri stessi, per un’altra agli impiegati di cancelleria e scrivani a titolo di retribuzione straordinaria ed in ragione dei servizi prestati; e un’altra parte infine sarà destinata a sopperire a spese straordinarie di servizio, secondo quanto verrà stabilito nel regolamento.
Saranno pure nel regolamento od in apposito regio decreto stabilite le ulteriori norme pel numero, per l’assunzione in servizio e retribuzione degli scrivani, per la loro ammissibilità alla carriera delle cancellerie e per l’esecuzione d’ogni altra parte di quest’articolo.

Art. 157.
Il ministro della giustizia ha facoltà di applicare i funzionari di cancelleria alle corti, ai tribunali e alle preture nel numero richiesto dai bisogni del servizio, purché non si ecceda mai quello complessivo determinato nella tabella.

Art. 158.
Nei casi di assoluta urgenza o di necessità di servizio il primo presidente della corte d’appello, di concerto col procuratore generale, ed i presidenti dei tribunali, di concerto coi procuratori del Re, possono nel rispettivo distretto o circondario destinare temporariamente e finché non sia altrimenti provvisto, un vice-cancelliere o vice-cancelliere aggiunto da una pretura ovvero da un tribunale ad altra pretura o tribunale, oppure alla corte.

Art. 159.
Verificandosi presso un’autorità giudiziaria il caso di mancanza od impedimento del cancelliere o di vice-cancellieri, possono anche essere assunti per le relative funzioni vice-cancelliere o sostituti segretari addetti ad altra autorità giudiziaria del luogo, oppure alunni di cancelleria che abbiano sostenuto favorevolmente l’esame d’idoneità, ovvero notai esercenti.
I notai e gli alunni di cancelleria, prima di procedere ad alcun atto, prestano il giuramento prescritto dai regolamenti.

Art. 160.
Per essere nominato all’ufficio di cancelliere o vice-cancelliere presso le preture o di vice-cancelliere aggiunto presse i tribunali e’ necessario:
1.° Aver compito gli anni ventuno;
2.° Aver subito con successo un esame di idoneità a norma del regolamento;
3.° Avere fatto il tirocinio di alunnato prescritto. secondo i gradi, dal regolamento stesso.
Sono dispensati dall’esame quelli che già avessero superato il concorso pei posti di uditore o fossero stati funzionari giudiziari.

Art. 161.
Per essere ammesso all’ufficio di cancelliere o vice-cancelliere presso i tribunali, o di vice-cancelliere aggiunto presso le corti di appello, si richiede l’età di anni venticinque: è necessario inoltre avere i requisiti prescritti dall’articolo precedente e quelli altresì che, relativamente al tirocinio e al tempo di esercizio, sieno determinati dal regolamento.

Art. 162.
Possono essere nominati cancellieri di una corte di appello purché abbiano compiuto l’età di anni trenta:
1.° I laureati in legge che abbiano esercitato funzioni giudiziarie nella magistratura giudicante o nel pubblico ministero pel corso di quattro anni;
2.° I segretari d’un ufficio di procuratore generale ed i cancellieri dei tribunali, dopo quattro anni di funzione se laureati, e dopo sei anni se non laureati.
A vice-cancellieri delle corti di appello e vice-cancellieri aggiunti della corte di cassazione possono essere nominati laureati in legge che abbiano esercitato funzioni giudiziarie per anni due, i sostituti segretari dei procuratori generali, i vice-cancellieri aggiunti delle corti di appello, i segretari dei procuratori del Re, i vice-cancellieri dei tribunali, i cancellieri delle preture, purché abbiano compiuto l’età di anni venticinque.

Art. 163.
Per essere nominato cancelliere della corte di cassazione si richiedono l’età di anni trenta e la laurea in legge. È necessario ancora avere esercitato funzioni giudiziarie nella magistratura giudicante o nel ministero pubblico per anni otto, o la professione di avvocato innanzi alle corti od ai tribunali per anni dieci; ovvero essere stato vice-cancelliere della corte di cassazione, cancelliere di una corte di appello o segretario nell’ufficio della procura generale presso la corte di cassazione per anni quattro.
Possono essere nominati vice-cancellieri della corte di cassazione i laureati in legge dell’età di anni venticinque, che abbiano esercitato funzioni giudiziarie per anni due o l’avvocatura per anni cinque, ovvero che sieno stati vice-cancellieri di una corte d’appello, segretari o sostituti segretari d’una procura generale per anni tre.

Art. 164.
Possono essere nominati ad uffici di cancelleria i funzionari del ministero della giustizia, purché abbiano i requisiti prescritti ai numeri 1 e 2 dell’Art. 160, o gli equivalenti ivi determinati, e l’età richiesta per le diverse funzioni.
Il servizio prestato nel ministero è equiparato, per gli effetti del tempo, a quello prestato negli uffici di cancelleria e segreteria.
Pei posti indicati nell’Art. 163 è necessaria la laurea in leggi.

Capo II. Dei Segretari.

Art. 165.
Presso ogni ufficio del pubblico ministero vi ha un segretario, e vi possono essere pure sostituti segretari e sostituti segretari aggiunti, a norma della tabella.

Art. 166.
I segretari del pubblico ministero sopraintendono alla segreteria dell’uffizio, assistono il capo in tutti quegli atti nei quali la legge richiede il loro intervento, e compiono quelle funzioni che vengono loro delegate dal medesimo o da chi ne fa le veci.
I sostituti segretari e i sostituti segretari aggiunti coadiuvano i segretari nelle funzioni anzidette.

Art. 167.
Ai funzionari delle segreterie del pubblico ministero sono applicabili le disposizioni dell’Art. 157.

Art. 168.
In caso di mancanza od impedimento del segretario o dei sostituti segretari ed aggiunti può esser destinato a farne le veci un vice-cancelliere o vice-cancelliere aggiunto del tribunale o della corte, cui è addetto l’uffizio del pubblico ministero.
Sono pure estese ai capi del pubblico ministero pei bisogni delle rispettive segreterie le disposizioni di cui all’aut. 158, al quale scopo i procuratori generali ed i procuratori del Re provvederanno di concerto coi primi presidenti delle corti e coi presidenti dei tribunali.

Art. 169.
Per essere nominato segretario del procuratore del Re, ovvero sostituto segretario o sostituto segretario aggiunto negli uffizi del pubblico ministero, è necessario aver subito un esame di idoneità nei modi che saranno determinati nel regolamento, ed aver fatto quel tirocinio di alunnato che sarà dal medesimo prescritto.
Sono dispensati da questo esame coloro che già avessero superato il concorso pei posti di uditore, o fossero stati funzionari giudiziari.
Si richiede inoltre l’età di anni venticinque per la nomina a segretario e quella di anni ventuno per la nomina a sostituto segretario e sostituto segretario aggiunto.

Art. 170.
Per esser nominato segretario dell’uffizio del procuratore generale presso le corti d’appello o presso la corte di cassazione si richiedono, oltre l’età d’anni venticinque, le condizioni prescritte dall’Art. 133.

Art. 171.
Può essere anche nominato segretario dell’inizio del procuratore generale presso una corte d’appello chi abbia esercitato l’uffizio di sostituto segretario presso un procuratore generale o di segretario presso un procuratore del Re per anni quattro, e per anni due quando si tratti di laureati in legge, ovvero le funzioni di cancelliere di un tribunale per anni due.

Art. 172.
Le prescrizioni dell’Art. 164 sono applicabili anche ai posti di segreteria negli uffizi del pubblico ministero, ferma la condizione della laurea pel posto di segretario del procuratore generale presso la corte di cassazione.

TITOLO V. DEGLI USCIERI.

Art. 173.
Ogni corte, tribunale e pretura ha un numero d’ uscieri proporzionato alle esigenze del servizio e da determinarsi con decreto reale.
Presso i conciliatori fanno l’ufficio di usciere gli inservienti comunali.

Art. 174.
Gli uscieri sono obbligati di dimorare ove siedono le corti, i tribunali ed i pretori a cui sono addetti, e non possono allontanarsene senza speciale permesso, salvo per causa di servizio, sotto pena di sospensione.

Art. 175.
Gli uscieri delle corti e dei tribunali fanno esclusivamente gli atti propri del loro ministero per gli affari di competenza della corte o del tribunale a cui appartengono nel comune di loro residenza.
Quelli delle preture esercitano esclusivamente le loro funzioni per gli affari di competenza della pretura a cui sono addetti, in tutto il mandamento.
Gli uni e gli altri possono, salve le dette riserve, esercitare indistintamente gli atti propri del loro ministero per tutta la circoscrizione territoriale della corte, del tribunale o della pretura da cui dipendono.

Art. 176.
In materia penate, ed in caso di necessità, i procuratori generali presso le corti d’appello hanno facoltà di ordinare che gli uscieri si trasferiscano ad esercitare le loro funzioni in tutta l’estensione del distretto della corte d’appello.

Art. 177.
Gli uscieri debbono compiere nelle corti, nei tribunali e nelle preture, a cui sono addetti, quegli uffizi che sono determinati dai regolarmente o da particolari istruzioni, ed uniformarsi nell’esercizio delle loro funzioni a tutte quelle speciali discipline, che vengano dai medesimi regolamenti prescritte.

Art. 178.
È obbligo degli uscieri di tenere un esatto repertorio di tutti gli atti del loro ministero tanto per le materie civili, che per le penali, nella forma prescritta dai regolamenti e sotto le pene stabilite.
Essi debbono notare in calce di ogni atto i diritti percetti.

Art. 179.
Il ministro della giustizia può ordinare che gli uscieri addetti ad una stessa autorità giudiziaria pongano in comune i loro proventi od una parte proporzionale dei medesimi.

Art. 180.
Gli uscieri non possono ricusare il loro ministero, quando vi siano richiesti, sotto pena della sospensione, oltre al risarcimento dei danni ed interessi verso chi di ragione.

Art. 181.
L’ usciere che per negligenza ha trascurato di eseguire gli atti del suo ministero di cui ebbe l’incarico, o non li ha eseguiti regolarmente è soggetto ad una pena pecuniaria estensibile a lire trecento, oltre ai danni ed interessi verso chi di ragione.

Art. 182.
L’usciere che ha tralasciato di eseguire egli stesso gli atti a lui commessi, valendosi dell’opera di altre persone, è condannato ad una pena pecuniaria di lire cento, estensibile a lire mille, oltre ai danni ed interessi di cui sopra, salve le maggiori pene stabilite dal codice penale.

Art. 183.
Gli uscieri, che hanno ecceduto scientemente i limiti delle proprie attribuzioni, sono puniti con una pena pecuniaria estensibile a lire cinquecento, e, secondo i casi, colla sospensione, salve le maggiori pene sancite dal codice penale.

Art. 184.
Le pene stabilite dalla presente legge sono pronunciate dalle corti e dai tribunali anche in via disciplinare, sentito prima l’usciere, salvo in questo caso, quanto ai provvedimenti del tribunale, il richiamo nella forma prescritta pei procedimenti disciplinari.

Art. 185.
Nei casi d’impedimento o mancanza degli uscieri presso le corti, i tribunali e le preture, possono i presidenti od i pretori valersi dell’opera di altri uscieri, e commettere loro gli atti occorrenti.
Nei casi di urgenza e nell’impossibilità di avere altro usciere, i pretori hanno pure facoltà di commettere l’altro occorrente ad un inserviente comunale.
Inoltre nei casi d’impedimento o di mancanza degli uscieri addetti ad una corte, ad un tribunale, o ad una pretura, e quando siavi urgenza di provvedere al servizio, i presidenti, di concerto col pubblico ministero, possono assumere e destinare temporariamente altro usciere del proprio distretto o circondario, ovvero commetterne le funzioni o l’atto ad un alunno effettivo di cancelleria, che presterò giuramento.

Art. 186.
I pretori, coll’annuenza del procuratore del Re, possono autorizzare gli inservienti delle comunità, i quali abbiano idoneità sufficiente, ad eseguire per le cause civili fuori del capoluogo di mandamento le citazioni verbali, contemplate nel codice di procedura civile.
Gl’inservienti così autorizzati, prima di assumere tali funzioni, prestano giuramento.

Art. 187.
Per essere nominato usciere è necessario:
1.° Avere l’età d’anni ventuno compiti;
2.° Avere dato saggio di capacità nel modo stabilito dai regolamenti.

Art. 188.
Gli uscieri, prima di assumere l’esercizio delle loro funzioni, debbono somministrare una cauzione in iscrizioni sul debito pubblico dello Stato per la concorrenza della rendita determinata nella tabella.

TITOLO VI. DISPOSIZIONI COMUNI AI TRIBUNALI ED ALLE CORTI, AI FUNZIONARI DELL’ORDINE GIUDIZIARIO ED AGLI USCIERI

Capo I. Delle assemblee generali delle corti, dei tribunali e della unione di più sezioni.

Art. 189.
Le corti ed i tribunali si riuniscono in assemblea generale ogni volta che si tratti:
1.° Di repressione disciplinare riguardo ai giudici;
2.° Di deliberazioni sovra materie d’ordine e di servizio interno e che interessino l’intiero corpo della corte e del tribunale;
3.° Di dare al governo pareri richiesti sopra disegni di leggi od altri oggetti di pubblico interesse;
4.° D’intendere la relazione di cui nell’Art. 150.

Art. 190.
Le assemblee generali sono convocate dal presidente della corte o del tribunale o da chi ne fa le veci.

Art. 191.
Il pubblico ministero può richiederne la convocazione con requisitoria motivata a tenore dell’Art. 149.
La convocazione ha luogo eziandio sulla proposta d’una sezione della corte o del tribunale.

Art. 192.
L’assemblea generale è formata dalla riunione di tutte le sezioni della corte o del tribunale, e non è legittimamente costituita se non intervengono i due terzi dei membri.
Nel tempo delle ferie, divenendo urgente la convocazione di un assemblea generale, basta a formarla l’intervento di tutti i membri presenti al servizio.

Art. 193.
Il pubblico ministero interviene alle assemblee generali per mezzo del suo capo o di chi ne fa le veci.
Nell’assemblea che ha luogo nella prima udienza di gennaio a norma dell’Art. 198, e nelle funzioni solenni intervengono tutti i membri che compongono l’uffizio.
Il ministero pubblico assiste alle deliberazioni, salvo che si tratti di pronunciare pene di disciplina.
Ha voto deliberativo ed individuale nel caso previsto dal n.° 3 dell’Art. 189.

Art. 194.
È disteso in apposito registro il processo verbale di ogni deliberazione delle assemblee generali.
Il primo presidente della corte trasmette copia del processo verbale al ministro della giustizia, e per lo stesso fine i presidenti dei tribunali la trasmettono al primo presidente della corte, ed il procuratore del Re al procuratore generale.

Capo II. Delle ferie e dell’annuale tornata delle corti e dei tribunali.

Art. 195.
Le corti ed i tribunali hanno novanta giorni di ferie in ciascun anno, nei modi e nei tempi determinati dal regolamento.
Ogni giudice e funzionario del pubblico ministero non può avere più di giorni quarantacinque.

Art. 196.
Nel corso delle ferie non può essere sospesa o interrotta la spedizione degli affari penali.

Art. 197.
Pel tempo delle ferie si provvede al servizio, come è prescritto nel regolamento.

Art. 198.
Nella prima udienza del mese di gennaio di ciascun anno tatti i membri delle corti e dei tribunali si riuniscono in assemblea generale e pubblica per udire la lettura del regio decreto che compone le sezioni, e della relazione di cui all’Art. 150 della presente legge.

Capo III. Dell’inamovibilità e della abilitazione all’ufficio.

Art. 199.
I funzionari dell’ordine giudiziario che hanno, a termini dell’Art.69 dello statuto, acquistato l’inamovibilità, non possono essere privati del loro grado, o sospesi, né posti, senza il loro consentimento, in disponibilità, in aspettativa o riposo, anche con pensione, salvo nei casi previsti dalla presente legge, e secondo le forme in essa prescritte.
Possono bensì per l’utilità del servizio essere tramutati da una corte o da un tribunale ad altra corte o tribunale, con parità di grado e di stipendio.

Art. 200.
Se il tramutamento di un giudice inamovibile ha luogo senza che ne abbia fatto la domanda e senza promozione, il giudice tramutato ha diritto ad una indennità, la quale è determinata dal regolamento.

Art. 201.
Venendo ridotto il numero dei membri d’una corte o d’un tribunale, la riduzione fra quelli inamovibili cade, in ciascun grado soppresso, sui membri meno anziani, i quali restano in disponibilità per essere riammessi in uffizio alla prima vacanza, salva per essi e per ogni altro funzionario l’osservanza delle leggi relative alle pensioni, alle aspettative ed alle disponibilità.
In caso di soppressione di una corte o di un tribunale rimangono in disponibilità i membri che ne facevano parte, sotto le avvertenze preaccennate.

Art. 202.
I giudici inamovibili che hanno compiuto l’età di anni settantacinque sono dispensati da ulteriore servizio per regio decreto, salva ogni loro ragione alla pensione di riposo o ad indennità a termine di legge.

Art. 203.
Se per infermità o per debolezza di mente, un giudice inamovibile non può più adempiere convenientemente ai doveri della sua carica, viene dispensato dall’impiego.

Art. 204.
Si fa luogo alla destituzione di un giudice inamovibile:
1.° Se è stato condannato a pena criminale, quando anche non sia stata aggiunta alla condanna la interdizione dagli uffizi pubblici;
2.° Se è stato condannato a pena correzionale pei reati di falso, furto, truffa, appropriazione indebita, od attentato ai costumi.

Art. 205.
Può farsi luogo alla destituzione ovvero alla rimozione dall’impiego di un giudice inamovibile:
1.° Se sia stato condannato a pena correzionale;
2.° Se sia stato posto in accusa per reato importante pena criminale o correzionale, e la sentenza abbia unicamente per l’estinzione dell’azione penale pronunciato l’assolutoria, o dichiarato non farsi luogo a procedimento;
3.° Se abbia ricusato di adempiere ad un dovere del proprio uffizio impostogli dalle leggi o dai regolamenti;
4.° Se abbia dato prova di abituale negligenza, ovvero con fatti gravi abbia compromesso la propria riputazione o la dignità del corpo cui appartiene;
5.° Se sia stato per la terza volta condannato a pene disciplinari.

Art. 206.
La destituzione o la rimozione dall’impiego per le cause espresse nei precedenti articoli 203, 204 e 205 è ordinata con decreto reale, previa declaratoria conforme della corte di cassazione a sezioni unite.
Il giudice destituito non può più essere riammesso ad esercitare funzioni giudiziarie.
I casi nei quali alla destituzione può essere congiunta la perdita della pensione sono determinati dalla legge sulle pensioni.

Art. 207.
L’istanza per la declaratoria della corte di cassazione è promossa dal pubblico ministero presso la medesima corte, e si procede a norma della sezione prima, § 3 del seguente capo quinto.

Art. 208.
Ogni funzionario, condannato a pene correzionali, eccettuate le pecuniarie, è inabilitato all’esercizio delle sue funzioni, anche in pendenza d’appello, fino a che la sentenza sia stata riparata coll’assolutoria o colla dichiarazione di non essere luogo a procedimento, o ne siano pienamente cessati gli effetti.

Art. 209.
Il funzionario, contro cui sia emesso mandato di cattura, è inabilitato all’esercizio delle sue funzioni sino a giudizio definitivo.

Art. 210.
Durante l’inabilitazione non decorre lo stipendio del funzionario, ma gliene vengono corrisposti gli arretrati quando il processo sia definito senza condanna, purché non sia intervenuto decreto di sospensione.
Il ministro della giustizia può concedere al funzionario inabilitato od alla sua famiglia un assegno alimentare non eccedente metà dello stipendio.

Art. 211.
Le disposizioni degli
Art. 208 e 209 sono applicabili anche agli uscieri. Quelle dell’Art. 210 si applicano soltanto agli uscieri tuttora provveduti di stipendio.

Art. 212.
I funzionari collocati a riposo, dispensati, rimossi o destituiti dall’impiego, conservano il diritto alla pensione, qualunque sia la formola adoperata nel decreto di rimozione, tranne i casi previsti dagli articoli 32, 33 e 34 della legge sulle pensioni.

Capo V. Della disciplina giudiziaria.

Sezione I. Disciplina dei giudici.
Art. 213.
Il giudice che non osserva il segreto delle deliberazioni, o compromette in qualunque modo la sua dignità o la considerazione dell’ordine a cui appartiene, ovvero altrimenti contravviene ai doveri del suo ufficio, è soggetto a provvedimenti disciplinari.

§ 1. – Dei provvedimenti disciplinari.
Art. 214.
I provvedimenti disciplinari sono:
1.° L’ammonizione;
2.° Le pene disciplinari.
A. – Dell’ammonizione.

Art. 215.
L’ammonizione consiste nel rimostrare al giudice il mancamento commesso, e nell’avvertirlo di non più ricadervi.
La facoltà di applicare l’ammonizione è esercitata da chi è investito dal diritto di sorveglianza.

Art. 216.
Il ministro della giustizia esercita l’alta sorveglianza su tutte le corti, i tribunali e i giudici dello Stato, e può ammonirli.
Egli può chiamare a se’ ogni giudice, affinché risponda sui fatti ad esso imputati. Il giudice deve comparire nel termine che gli viene prefisso.

Art. 217.
La corte di cassazione ha il diritto di sorveglianza su tutte le corti d’appello e su tutti i tribunali e le preture.
Ogni corte d’appello ha lo stesso diritto sui tribunali e sulle preture del suo distretto.
Ogni tribunale civile e correzionale ha parimente lo stesso diritto sulle preture e sui conciliatori compresi nella sua circoscrizione territoriale.

Art. 218.
Il primo presidente della corte di cassazione ha la sorveglianza su tutti i giudici che la compongono.
Il primo presidente d’ogni corte d’appello ha la sorveglianza sui giudici della corte, dei tribunali e delle preture del suo distretto.
Il presidente d’ogni tribunale civile e correzionale ha la sorveglianza su tutti i giudici del tribunale e delle preture, compresi nella circoscrizione del tribunale stesso.

Art. 219.
In ogni sezione delle corti e dei tribunali il giudice che presiede ha la sorveglianza, durante l’udienza e le deliberazioni, su tutti i giudici che la compongono.

Art. 220.
L’ammonizione è applicata d’uffizio o sull’istanza del pubblico ministero.
Essa ha luogo a voce o per iscritto secondo le circostanze.

B. – Delle pene disciplinari.
Art. 221.
Le pene disciplinari sono:
1.° La censura;
2.° La riprensione;
3.° La sospensione dall’ufficio o dallo stipendio.

Art. 222.
La censura è una dichiarazione formale della mancanza commessa e del biasimo incorso.

Art. 223.
La riprensione ha luogo quando alla censura viene aggiunta l’intimazione al giudice di presentarsi davanti la corte od il tribunale per essere ripreso.
Ove il giudice non ubbidisca all’intimazione, è immediatamente pronunciata la sospensione.

Art. 224.
La sospensione dall’ufficio non può essere pronunciata per un tempo minore di quindici giorni, né maggiore di un anno ed importa la privazione dello stipendio per la sua durata.
La sospensione può anche essere pronunciata al solo effetto della privazione dello stipendio, fermo l’obbligo di adempiere i doveri di uffizio.
In quest’ultimo caso essa non produce interruzione di servizio per gli effetti di legge.

Art. 225.
La facoltà di applicare le pene disciplinari è esercitata da chi e’ investito della giurisdizione disciplinare.

Art. 226.
Nelle materie disciplinari la corte di cassazione ha giurisdizione sui propri membri, eccettuato il primo presidente.
Ha pure giurisdizione su tutti i giudici delle corti d’appello, dei tribunali e delle preture, ogni volta che le corti ed i tribunali cui spetterebbe ricusino od ommettano, o non siano in grado di esercitarla.

Art. 227.
Le corti d’appello hanno giurisdizione in materia disciplinare sui propri membri, eccettuati i primi presidenti, i quali sono sottoposti a quella della corte di cassazione.

Art. 228.
Le corti d’appello hanno anche giurisdizione sovra i giudici dei tribunali, sui pretori e sui conciliatori del loro distretto nei casi previsti dall’alinea dell’Art. 226.

Art. 229.
Ogni tribunale ha giurisdizione sovra i propri membri, eccettuato il presidente, il quale è sottoposto a quella della corte d’appello.
Il tribunale civile e correzionale ha pure giurisdizione sui pretori e sui conciliatori della sua circoscrizione.

§ 2. – Dell’azione e del procedimento disciplinare.
Art. 230.
L’azione disciplinare si esercita indipendentemente da ogni azione penale e civile che proceda dal medesimo fatto. Essa si estingue colla dimissione debitamente accettata.

Art. 231.
L’azione disciplinare dinanzi alle corti ed ai tribunali è promossa dal pubblico ministero, anche sull’eccitamento di chi è investito del diritto di sorveglianza.
Essa è promossa con rappresentanza motivata diretta al presidente, colla quale si richiede la chiamata del giudice incolpato dinanzi alla corte od al tribunale per addurre le sue difese.

Art. 232.
Il presidente con ordinanza prescrive al giudice di presentarsi dinanzi alla corte o al tribunale in un termine non minore di cinque giorni.
La rappresentanza del pubblico ministero e l’ordinanza del presidente debbono essere notificate al giudice incolpato, nella forma che è dal presidente stabilita.

Art. 233.
L’incolpato deve presentarsi personalmente. Può tuttavia la corte o il tribunale per giusti motivi e sulla di lui domanda autorizzarlo a presentare le sue difese in iscritto.

Art. 234.
Gli affari disciplinari si trattano a porte chiuse senza intervento di difensori.

Art. 235.
La deliberazione deve aver luogo immediatamente dopo la discussione, sentito il pubblico ministero e l’incolpato, che ha l’ultimo la parola.
Essa è motivata e sottoscritta da tutti i giudici che vi hanno parte, e resa nota all’incolpato per cura del presidente.

Art. 236.
Può la corte o il tribunale prima della deliberazione ordinare maggiori indagini. Saranno queste assunte in un termine non maggiore di quindici giorni, e nei dieci giorni successivi dovrà emanare la deliberazione definitiva, osservato il disposto degli articoli 232, 233, 234 e 235.

Art. 237.
I termini di cui negli articoli 232 e 236 sono doppi allorché il giudizio deve aver luogo dinanzi alla corte di cassazione.

Art. 238.
Le deliberazioni dei tribunali civili e correzionali in materia di disciplina sono trasmesse dal presidente del tribunale al primo presidente della corte d’appello e dal procuratore del Re al procuratore generale colle rispettive osservazioni.
Il procuratore generale trasmette al ministro della giustizia le deliberazioni emanate.

§ 3. – Della revisione e della esecuzione delle deliberazioni in materia disciplinare.
Art. 239.
Delle deliberazioni dei tribunali in materia disciplinare il giudice incolpato od il pubblico ministero può chiedere la revisione alla corte d’appello con ricorso motivato, da presentarsi al presidente del tribunale nel termine di giorni otto dalla notificazione.
Il presidente del tribunale trasmette il ricorso colle carte relative al primo presidente della corte, e si procede avanti di questa secondo le norme stabilite nella precedente sezione.

Art. 240.
Si può ricorrere alla corte di cassazione per la revisione delle deliberazioni delle corti d’appello per incompetenza, o per eccesso di potere, o per violazione delle forme prescritte dalla legge.
La domanda in questi casi deve essere fatta nei modi e nel termine prescritti dall’articolo precedente, e si osservano quanto al procedimento le regole ivi richiamate.

Art. 241.
Tutte le deliberazioni in materia di disciplina devono essere trasmesse al ministro della giustizia.
L’esecuzione si fa coll’annotare in apposito registro il nome del giudice sottoposto a pene disciplinari; ed inoltre trattandosi della riprensione o della sospensione, il presidente chiama il giudice avanti la corte od il tribunale nel giorno che viene prefisso, ed a porte chiuse lo riprende siccome è stato prescritto, ovvero gli intima d’astenersi, pel tempo indicato nella deliberazione, dallo esercizio delle sue funzioni o gli significa la privazione dello stipendio.
Sezione II. Disciplina del pubblico ministero.

Art. 242.
Il procuratore generale presso la corte di cassazione ha la sorveglianza dei membri del suo uffizio.
I procuratori generali presso le corti d’appello hanno la sorveglianza di tutti gli uffiziali del ministero pubblico del distretto della corte a cui appartengono.
I procuratori del Re hanno la sorveglianza di tutti gli uffiziali del pubblico ministero del loro circondario.

Art. 243.
Gli uffiziali del pubblico ministero possono essere ammoniti o censurati dal ministro della giustizia o da coloro cui spetta la sorveglianza, giusta l’articolo precedente.
Il ministro della giustizia può inoltre chiamarli innanzi a se’, acciocché rispondano sui fatti ad essi imputati, e sospenderli dalle loro funzioni.
Quanto ai procuratori generali la sospensione non può aver luogo che per decreto reale.

Art. 244.
La sospensione non può essere pronunciata per un tempo minore di quindici giorni, né maggiore di un anno.
Sono applicabili ad essa le altre disposizioni dell’Art. 224.

Art. 245.
L’autorità giudicante non può esercitare censura sugli uffiziali del pubblico ministero, salve le attribuzioni dei presidenti per la polizia delle udienze.
Ogni qual volta gli uffiziali del pubblico ministero nell’esercizio delle loro funzioni si dipartano dai doveri della loro carica, o ne compromettano l’onore, la delicatezza e la dignità, le corti devono farne rappresentanza al ministro della giustizia, ed i tribunali al primo presidente e al procuratore generale presso le corti di appello.
Sezione III. Disciplina delle cancellerie e delle segreterie.

Art. 246.
Il cancelliere della corte di cassazione è posto sotto la sorveglianza del primo presidente della corte e del procuratore generale presso la medesima.
I primi presidenti ed i procuratori generali delle corti d’appello hanno la sorveglianza sopra tutti i cancellieri del distretto.
Il presidente del tribunale civile e correzionale ed il procuratore del Re hanno la sorveglianza sopra il cancelliere del rispettivo tribunale, ed invigilano eziandio sopra tutti i cancellieri dei pretori compresi nella circoscrizione dello stesso tribunale.
Il presidente del tribunale di commercio ha la sorveglianza sul cancelliere del suo tribunale.
I pretori ed i conciliatori invigilano sopra i rispettivi cancellieri.

Art. 247.
Il procuratore generale presso la corte di cassazione ha sorveglianza sul personale di segreteria del proprio ufficio.
I procuratori generali presso le corti d’appello hanno la sorveglianza sui funzionari di segreteria di tutto il distretto, i procuratori del Re sopra quelli del rispettivo ufficio.

Art. 248.
I vice-cancellieri e i sostituti segretari, come pure i vice-cancellieri e sostituti segretari aggiunti sono sottoposti alla sorveglianza sovra indicata ed a quella dei cancellieri e segretari da cui dipendono.

Art. 249.
Il ministro della giustizia può sospendere i cancellieri e i vice-cancellieri, i segretari e i sostituti segretari, come pure gli aggiunti dalle loro funzioni per un tempo non minore di quindici giorni, né maggiore d’un anno.
Le disposizioni dell’Art. 224 sono applicabili anche alla sospensione dei funzionari di cancelleria e segreteria.

Sezione IV. Disciplina degli uscieri.
Art. 250.
Gli uscieri della corte di cassazione sono posti sotto la sorveglianza del primo presidente della corte e del procuratore generale presso la medesima.
I primi presidenti ed i procuratori generali delle corti di appello hanno la sorveglianza sovra tutti gli uscieri del distretto della corte.
Il presidente e il procuratore del Re hanno la sorveglianza sovra gli uscieri del tribunale civile e correzionale e de’ pretori compresi nella circoscrizione territoriale del tribunale stesso.
I pretori ed i conciliatori hanno la sorveglianza sui rispettivi uscieri.

Art. 251.
Il diritto di sorveglianza attribuisce la facoltà di ammonire e riprendere gli uscieri, e di provocarne od ordinarne secondo i casi la sospensione o la destituzione a termini dell’Art. 253.

Art. 252.
Le violazioni dei doveri d’uffizio commesse dagli uscieri e indicate negli articoli 181, 182 e 183 della presente legge possono essere punite anco in via disciplinare a norma dell’Art. 184.

Art. 253.
Spetta al ministro della giustizia il decretare secondo i casi la sospensione, o la destituzione degli uscieri.
La sospensione non può essere pronunciata per un tempo minore di giorni quindici, né maggiore d’un anno, e sono applicabili ad essa le disposizioni dell’Art. 224, in quanto si tratti di uscieri provveduti di stipendio.
Questa sospensione può esser decretata anche dai primi presidenti e dai procuratori generali delle corti per un tempo non maggiore di giorni trenta; nel qual caso dovrà da essi farsene immediato rapporto al ministro della giustizia.

TITOLO VII DELL’ANZIANITà E DELLE MISSIONI.

Art. 254.
L’anzianità dei funzionari si computa dalla data della nomina in ciascun grado, ed in caso di nomina contemporanea, da quella dei gradi precedenti, secondo l’ordine gerarchico. Essa è calcolata sul loro complesso per tutto il Regno.
L’anzianità degli uditori ed aggiunti giudiziari si computa secondo il grado dell’approvazione ottenuta. A pari grado si ha riguardo alla età.

Art. 255.
I funzionari i quali, giusta le disposizioni dell’Art. 137, passano a grado pari dal ministero pubblico nella magistratura giudicante, o da questa a quello, recano nel nuovo posto l’anzianità che avevano nel grado e nella categoria corrispondente della carriera dalla quale escono.

Art. 256.
I funzionari che dalla magistratura giudicante o dal ministero pubblico sono chiamati od applicati al ministero della giustizia, conservano pel caso di ritorno alla precedente carriera, o di nomina ad un posto parificato, la loro posizione anteriore ed i diritti agli aumenti di stipendio che loro sarebbero spettati nella medesima.
La stessa disposizione si applica a quelli che passano temporariamente negli uffici di cancelleria e segreteria.

Art. 257.
Il tempo passato in aspettativa per motivi di salute od in disponibilità non importa interruzione di servizio, né pregiudizio all’anzianità. Nel caso di aspettativa per motivi di famiglia, di sospensione dall’ufficio, e di inabilitazione seguita da condanna, si deduce dal servizio il tempo decorso in tale stato.
Il funzionario dispensato da ulteriore servizio, o collocato a riposo sopra sua domanda, qualora sia riammesso in ufficio, ricongiunge il servizio anteriore e può essere reintegrato col decreto di nomina nella categoria a cui apparteneva.
Nel caso di destituzione l’anzianità ed il servizio precedente non sono calcolati al funzionario riammesso in servizio, se non quando col decreto di nomina sia stato rivocato quello di destituzione.

Art. 258.
È data facoltà al governo di destinare in via di missione temporaria per regio decreto:
1.° I consiglieri, avvocati generali e sostituti procuratori generali delle corti di cassazione alle funzioni di primi presidenti e procuratori generali delle corti di appello
2.° I consiglieri, sostituti procuratori generali e sostituti procuratori generali aggiunti delle corti di appello alle funzioni di presidenti e procuratori del Re dei tribunali civili e correzionali.
I funzionari destinati a tali missioni conservano lo stipendio, il grado, l’anzianità e gli onori del corpo al quale appartenevano.
Nella firma degli atti usano del loro precedente titolo, aggiungendo la qualifica della missione avuta.

TITOLO VIII. DEGLI STIPENDI E DELLE INDENNITÀ.

Art. 259.
Gli stipendi a tutti i funzionari dell’ordine giudiziario sono corrisposti dall’erario dello Stato e fissati nelle somme indicate per ciascun grado nell’annessa tabella.

Art. 260.
I funzionari amovibili possono essere chiamati a reggere un posto od un uffizio superiore a quello da essi occupato. In tale caso essi continuano a percepire lo stipendio annesso al posto del quale erano investiti, e può essere loro dato un assegnamento temporaneo di reggenza col decreto di nomina o destinazione, sempreché gli emolumenti totali siano inferiori allo stipendio congiunto al posto effettivo.

Art. 261.
Gli stipendi sono per ciascun grado assegnati e divisi fra i funzionari, in ragione d’anzianità, secondo le proporzioni fissate per le singole categorie. Le frazioni risultanti nella divisione sono riunite alla categoria inferiore.

Art. 262.
Gli aumenti di categoria nel medesimo grado si concedono in ragione dell’anzianità di servizio nel grado stesso, con decreto reale promosso dal ministro della giustizia, entro due mesi dal giorno in cui si rese vacante il posto nella categoria superiore.

Art. 263.
A quelli che ottengono la prima nomina o la promozione ad un determinato grado, non può essere assegnato che lo stipendio minimo stabilito pel grado stesso, eccetto il caso che si trovassero già in altro impiego nell’ordine giudiziario, o nel ministero di grazia e giustizia, retribuito con uno stipendio superiore.

Art. 264.
I consiglieri e funzionari del pubblico ministero addetti alle corti d’appello, delegati alle corti di assise fuori della città residenza della corte, ricevono durante la sessione, e pel giorno antecedente e successivo, un’indennità di lire dieci al giorno, oltre le spese di viaggio.
I giurati che si trasferiscono a più di due chilometri e mezzo dalla loro residenza, possono domandare un’indennità di quattro lire al giorno, oltre le spese di viaggio.

Art. 265.
I vice-pretori che suppliscono al pretore mancante, hanno diritto, pel tempo in cui sono vacanti la sede e lo stipendio, ad una indennità corrispondente ad un terzo od alla metà dello stipendio minimo stabilito pei pretori.
Se la mancanza dipende da aspettativa per causa di salute, il calcolo si fa sulla parte di stipendio che rimane disponibile.
Avvenendo la supplenza per inabilitazione del pretore, la indennità non può concedersi fino a che dall’esito del giudizio definitivo risulti se lo stipendio potesse considerarsi vacante.

Art. 266.
Le indennità pei pretori e vice-pretori viciniori chiamati a temporarie supplenze a norma degli articoli 37 e 48, e per gli altri funzionari destinati a missioni temporarie fuori del luogo di loro residenza, sono regolate dalle norme generali vigenti per gl’impiegati dello Stato in missione, e possono anche determinarsi nel decreto di nomina o destinazione, a norma delle circostanze.

TITOLO IX. DEI LOCALI E MOBILI, E DELLE SPESE D’UFFICIO.

Art. 267.
Tutte le spese riguardanti i locali, i mobili e le relative riparazioni per la corte di cassazione e per le corti d’appello sono a carico dell’erario dello Stato e alle medesime provvede il governo.

Art. 268.
Le spese necessarie pel primo stabilimento delle corti d’assise e dei tribunali civili e correzionali e di commercio, e quelle di provviste di mobili, di riparazioni e di annua pigione dei locali sono a carico dei comuni componenti il territorio del circolo o del circondario in ragione delle rispettive popolazioni, e debbono in caso di bisogno anticiparsi dal comune in cui ha sede la corte o il tribunale, salvo il regresso verso chi spetta.

Art. 269.
Le spese necessarie pel primo stabilimento delle preture, e quelle di provviste dei mobili, di riparazioni e dell’annua pigione dei locali, sono a carico dei comuni del mandamento in ragione delle rispettive popolazioni, e debbono in caso di bisogno anticiparsi dal comune in cui ha sede la pretura, salvo il regresso verso chi spetta.

Art. 270.
La spesa per lo stabilimento dell’uffizio del conciliatore ed ogni altra relativa è sostenuta da ciascun comune in cui è stabilito il conciliatore.

Art. 271.
Le spese d’uffizio per le corti ed i tribunali, compresi gli uffizi del ministero pubblico, sono determinate con decreto reale, e proposte nel bilancio passivo del ministero della giustizia. Tali spese sono assegnate ed amministrate nel modo determinato dal regolamento o da apposite istruzioni.
Quando il governo non abbia direttamente applicato a ciascun corpo od ufficio il necessario numero d’inservienti, i quali godano attualmente di assegni o di pensioni a carico dello Stato, nel determinare le spese d’ufficio sarà tenuto conto in modo separato e distinto della somma occorrente a retribuire siffatto personale.

TITOLO X. DISPOSIZIONI TRANSITORIE.

Art. 272.
Gli attuali funzionari dell’ordine giudiziario, benché non riuniscano le condizioni prescritte dalla presente legge, sono mantenuti nelle rispettive cariche ed uffizi conservati nella medesima.
Ciò si applica anche agli uscieri e cursori, i quali non sono tenuti a prestare la cauzione, finché non vengano promossi ad una carica per la quale si esiga una cauzione superiore a quella richiesta pel posto attuale.

Art. 273.
La condizione della laurea, nei casi in cui è richiesta dalla presente legge, non sarà necessaria a coloro i quali al tempo in cui furono poste in esecuzione le leggi 13 novembre 1859 e 17 febbraio 186i, già esercitavano funzioni giudiziarie nelle varie provincie del Regno.

Art. 274.
Coloro che avessero già esercitato od esercitassero funzioni giudiziarie, od avessero occupato presso il ministero di grazia e giustizia cariche corrispondenti in quanto alla carriera o maggiori di quelle accennate nelle suddette leggi giudiziarie, o nella presente, potranno esser promossi alle nuove cariche, quand’anche non riuniscano le condizioni di tempo e di funzioni richieste dalla presente legge. A tale effetto si terrà calcolo per essi anche in avvenire degli uffizi anteriormente sostenuti.

Art. 275.
Gli attuali sostituti del procuratore generale, i quali continuino a rimanere addetti ad uffici superiori del pubblico ministero, finché esercitino ivi funzioni corrispondenti a quelle di cui sono ora investiti, conserveranno la loro posizione, quantunque il numero ecceda quello fissato dalla pianta.
Saranno pure applicabili ai medesimi le disposizioni dell’articolo precedente.

Art. 276.
Agli uditori nominati anteriormente all’attuazione della presente legge, e a quelli che al tempo di tale attuazione avranno la qualità di abilitati agl’impieghi maggiori dell’ordine giudiziario, o di alunni di giurisprudenza, ovvero si troveranno altrimenti in una posizione corrispondente a quella degli uditori, non saranno applicabili le disposizioni degli articoli 17 al 24.
I medesimi potranno perciò essere senz’altro nominati aggiunti giudiziari ed anche esser promossi a funzioni superiori; purché contino complessivamente un periodo di tirocinio, compreso quello della prima pratica, uguale al tempo prescritto dai citati articoli.
Gli alunni di giurisprudenza delle provincie napoletane quando abbiano compiuto il tirocinio a norma della presente legge, saranno in quelle provincie di preferenza chiamati ai posti di giudice di tribunale e sostituto procuratore del Re.

Art. 277.
I giudici soprannumerari nelle provincie napoletane sono pareggiati agli aggiunti giudiziari, ma saranno di preferenza chiamati ai posti di giudice di tribunale e sostituto procuratore del Re.

Art. 278.
I segretari o cancellieri che abbiano l’effettivo esercizio de notariato al tempo in cui entra in vigore là presente legge, lo conserveranno fino a che il ministro della giustizia pei ragioni di pubblico servizio non disponga altrimenti.

Art. 279.
I corpi e gli uffizi giudiziari non esercenti giurisdizioni speciali e non contemplati dalla presente legge, sono soppressi.
I funzionari appartenenti ai medesimi conserveranno i loro titoli alla carriera giudiziaria in conformità delle norme finora vigenti.

Art. 280.
Sono conservati cogli attuali assegnamenti, gli inizi che furono instituiti in origine con private fondazioni per prestare ai poveri la gratuita clientela.

Art. 281.
I funzionari, i posti od uffizi dei quali venissero, in conseguenza della legge 31 gennaio 1864, n.° 1710, di quella del 2 aprile 1865, n. 2215, e della presente, ridotti o soppressi, potranno essere conservati presso lo stesso corpo od uffizio, ovvero applicati ad altri, anche in eccedenza di pianta, coll’assegnamento di legge, ferme a loro riguardo le disposizioni delle leggi sulle pensioni e sulle disponibilità, e le disposizioni altresì, quanto ai consiglieri d’appello, dell’Art. 8 della suindicata legge 31 gennaio 1864, n.° 1710.

Art. 282.
Gli attuali commessi delle cancellerie e segreterie nelle provincie napoletane e siciliane, i copisti, aiuti copisti e copisti aggregati delle provincie toscane, come pure i custodi ed inservienti delle provincie suddette e delle lombarde, sono mantenuti cogli stipendi od assegni che ora percepiscono, finché non vengano altrimenti collocati. A tale effetto essi saranno equiparati agli impiegati degli uffizi di stralcio contemplati nell’
Art. 17 della legge 11
ottobre 1863, n.° 1500. Tuttavia gli stipendi dei commessi delle provincie napoletane e siciliane, e dei copisti, aiuti copisti e copisti aggregati nelle toscane, saranno diminuiti d’un quinto, il quale sarà distribuito in ogni bimestre a quelli fra di essi che dimostrassero maggiore solerzia ed assiduità al lavoro. Questa distribuzione si farà per gli impiegati dei tribunali e delle preture da un’apposita commissione composta dal presidente del tribunale, dal procuratore del Re e dal giudice istruttore; per quelli della corte, dal primo presidente e procuratore generale cli concerto fra loro.

Art. 283.
Al servizio che ora si presta dal suddetto personale, si provvederà in seguito secondo le norme prescritte dalla presente legge.
I commessi attuali potranno, qualora siano riconosciuti idonei, essere nominati ai posti che si renderanno vacanti nelle cancellerie e segreterie, anche se non abbiano i requisiti prescritti dalla presente legge.

Art. 284.
Presso le autorità giudiziarie alle quali vengano applicati commessi od altri impiegati, che servivano nelle cancellerie o segreterie, i cancellieri rilascieranno a favore dell’erario, sui proventi indicati nell’Art. 156, dedotte le spese d’ufficio, una somma corrispondente alla retribuzione minima di altrettanti scrivani quanti sono gli applicati, entro i limiti delle piante organiche da stabilirsi per gli scrivani.

Art. 285.
Quando presso alcuna delle corti di cassazione del regno tuttora conservate non venga in eccedenza alle piante stabilite ed in forza della facoltà concessa al governo dall’Art. 281, applicato quel numero di funzionari per cui possano aver luogo le riunioni delle sezioni col numero di membri stabilito dall’Art. 127 della presente legge, basterà per la riunione delle stesse sezioni e per la decisione a classi unite l’intervento di undici membri.
A raggiungere questo numero saranno chiamati all’uopo, secondo l’ordine di anzianità, presidenti di sezione, ovvero in caso di loro mancanza od impedimento, consiglieri d’appello i quali non abbiano preso parte nella causa a decidersi.

Art. 286.
Per l’applicazione dell’Art. 254 Lutti i funzionari che avranno nomina o promozione di grado dal 1.° gennaio 1866 in avanti, saranno compresi per ciascun grado in una classificazione generale ed unica per tutto il Regno. Essi conseguiranno gli aumenti di stipendio dopo i funzionari indicati nel capoverso seguente.
I funzionari attuali e quelli da nominarsi fino al 31 dicembre 1865 rimangono distinti in altrettante graduatorie, quanti sono i riordinamenti del personale giudiziario, avvenuti successivamente nelle varie provincie del Regno. Essi sono mantenuti, per gli effetti dell’anzianità, nelle graduatorie delle stesse provincie, anche in caso di tramutamento in provincie il cui riordinamento sia avvenuto in epoca diversa. Queste graduatorie saranno approvate per regio decreto, entro tre mesi dall’attuazione della presente legge.
Gli aumenti di stipendio si concederanno a misura che si renda vacante un posto in ciascuna graduatoria. Allorché in una di esse sia esaurito il numero dei funzionari aventi diritto all’aumento, questo sarà dato al più anziano dei funzionari di categoria inferiore compresi nelle altre graduatorie.

Art. 287.
I funzionari dell’ordine giudiziario, i quali al tempo in cui sarà attuata la presente legge avranno uno stipendio od un assegno maggiore di quello che ora resta attribuito al loro grado od alla loro categoria, o che cessi in forza della presente legge, continueranno a goderne fino a che ottengano uno stipendio normale pari o superiore. La stessa disposizione si osserverà riguardo agli uditori applicati con assegno alle giudicature di Lombardia pel tempo in cui duri tale loro destinazione.
I presidenti e procuratori del Re aventi lo stipendio di lire seimila lo conservano anche nel caso di promozione a posti di consigliere d’appello o sostituto procuratore generale a titolo di assegno personale per la eccedenza, prendendo posto nell’ultima categoria.
Per gli effetti di questo articolo è derogato all’Art. 7 della legge sui cumuli degli impieghi, 19 luglio 1862, n.° 722.
Le disposizioni della prima parte di questo articolo si applicano anche agli uscieri aventi stipendio.
Gli uscieri o cursori di Lombardia e di Toscana lo conserveranno peraltro soltanto fino al 30 giugno 1866, ad eccezione degli uscieri delle corti pei quali continuerà anche in seguito, ridotto a L. 600.
Cessando dall’uffizio essi saranno equiparati agli impiegati in disponibilità, computandosi per la pensione od indennità soltanto il tempo del servizio stipendiati dallo Stato.

Art. 288.
Gli attuali giudici di tribunale, sostituti procuratori del Re e giudici di mandamento di ultima categoria otterranno l’aumento di stipendio in forza della presente legge, secondo l’anzianità loro nelle graduatorie in cui si trovano collocati, per un terzo del loro numero col 1.° gennaio 1866, per un altro terzo col 1.° gennaio 1867, e pel residuo terzo col 1.° gennaio 1868.
A quelli che saranno nominati ai posti corrispondenti negli anni 1866 e 1867 saranno assegnati gli stipendi indicati nella legge 20 novembre 1859, n.° 3782.

Art. 289.
Nelle provincie in cui già trovatisi in vigore le leggi 13 novembre 1859 e 17 febbraio 1861, circa le corti d’assise, la scelta dei giurati, il loro numero e la composizione delle liste, saranno per tutte le operazioni da farsi anteriormente al tempo dell’attuazione della presente legge, osservate le disposizioni ora vigenti.

Art. 290.
Sarà provveduto con regii decreti a ciò che riguarda le circoscrizioni territoriali, le piante organiche e la compiuta esecuzione della legge 2 aprile 1865 e della presente.
Sarà pure provveduto con regio decreto a quanto riguarda la difesa officiosa delle persone e dei corpi morali ammessi al beneficio dei poveri, le norme d’ammissione, le condizioni e gli effetti del gratuito patrocinio.

Art. 291.
La presente legge andrà in vigore in tutto il Regno col 1.° gennaio 1866.
Con questo giorno gli attuali corpi giudiziari ed i funzionari che ad essi appartengono, assumeranno rispettivamente le denominazioni stabilite dalla presente legge, e l’esercizio delle corrispondenti attribuzioni fissate dai nuovi codici.

Art. 292.
Sono abrogate tutte disposizioni legislative contrarie alla presente legge.
Continueranno peraltro ad osservarsi in tutto ciò che non sia previsto dalla presente legge ed in quanto siano tuttora applicabili, i provvedimenti speciali e transitori dati per le varie provincie del Regno in occasione de’ seguiti riordinamenti giudiziari, come pure le disposizioni che siano in vigore in materia di competenze disciplinari delle autorità giudiziarie sugli. avocati e procuratori. Questi rimangono nella medesima condizione in cui si trovano per le leggi che hanno vigore nelle varie provincie del Regno.
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato.

Dato a Firenze, addì 6 dicembre 1865.
VITTORIO EMANUELE


Tabella degli stipendi dei funzionari dell’ordine giudiziario.
Omissis

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