Lettere tra Cavour e il cardinale Antonelli del 1860

Lettera del conte Cavour al cardinale Antonelli.

Categoria: Risorgimento

Eminenza,
Il barone di Roussy, segretario di Legazione di S. M., è portatore di una lettera che il Re mio augusto Signore ha scritta a Sua Santità, e che prego Vostra Eminenza di rimettere nelle mani del Santo Padre.
In cospetto degli avvenimenti compiutisi nelle Romagne, S. M. ha creduto suo dovere di aprire l’animo suo al Pontefice, pregandolo di agevolare al suo Governo i modi di risolvere le difficoltà presenti. Ad un tal fine ha accennato su quali basi si potrebbero conciliare gli antichi diritti coi nuovi ordini stabiliti nelle Romagne.
Ove queste proposte fossero dalla Beatitudine del Sommo Pontefice accolte come principio di negoziati, S. M. avrebbe in animo di incaricare il conte Federico Sclopis, senatore del Regno, di trasferirsi in Roma per dar mano alle pratiche relative. Io mi affido che la scelta di questo personaggio, noto non solamente per la dottrina e l’ingegno che lo distinguono, ma per li religiosi e concilievoli intendimenti di cui ha in ogni tempo fatto prova, dimostrerà alla Santa Sede che il Governo del Re è animato da desiderio Vivo e sincero di accogliere tutti quei termini di accomoda mento che si accordino colla necessità delle circostanze, lo non dubito che Vostra Eminenza, ponderando le condizioni delle cose con la sicurezza di giudizio che le viene dall’alto ingegno lungamente esercitato nell’amministrazione dei più gravi interessi di Stato, darà opera efficace all’adempimento dei voti del mio augusto Sovrano, e contribuirà a rimuovere gli ostacoli che si po tessero incontrare nel dare cominciamento ai negoziati.
In questa fiducia io mi reco ad onore di testimoniare all’Eminenza Vostra i sensi della profonda osservanza, con cui mi pregio di essere dell’Eminenza Vostra.

Torino, li 20 marzo 1860.
Devot. ed obb. servitore C. CAVOUR.

Lettera del cardinale Antonelli al conte Cavour.

Eccellenza, Il signor barone de Roussy, segretario di Legazione di cotesta Real Corte, mi consegnò la Lettera di Vostra Eccellenza del 20 marzo p. p., insieme all’altra di S. Mi. il Re augusto di lei Signore pel Santo Padre, nelle cui sagre mani mi feci un do vere di rassegnarla.
Gli avvenimenti testè provocati nelle provincie di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna sono di tal natura, che non possono somministrare al Santo Padre, Vicario in terra di Quegli che è autore della giustizia, titolo alcuno per concorrere alla consumazione della più flagrante ingiustizia. Da ciò comprenderà bene l’E. V. non essere stata in grado la Santità Sua di accogliere come principio di negoziati le pro posizioni fattele da S. M. il Re.
Conseguentemente mi duole di doverle dichiarare, non poter io spendere in modo alcuno la mia opera al compimento dei voti del Re di lei Signore, giusta l’insinuazione da lei fattami, scorgendo impossibile l’apertura di negoziali sulla base di uno spoglio di una parte degli Stati della Santa Sede, al riconoscimento del quale, per dovere di onestà e di coscienza, mi sarebbe affatto vietato di cooperare.
In tal incontro ho l’onore di professare a V. E. i sensi della mia più distinta considerazione

Roma, 2 aprile 1860.
Di Vostra Eccellenza

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