Lettere tra Ritucci e Cialdini durante l’assedio di Gaeta

Lettera del Generale Ritucci Governatore di Gaeta al Generale Cialdini Comandante il corpo di assedio sul rifiuto di una sospensione d’armi per trattare della resa della Piazza

Gaeta, 11 Febbraio 1861.
ECCELLENZA.
Quando autorizzato da un’Alta e Generosa volontà, e per e vitare un inutile spargimento di sangue, proposi all’E. V. un armistizio di 15 giorni per intavolare le convenienti trattative, non poteva aspettarmi certo nè la risposta che Ella mi ha dato, nė la condotta osservata ieri dalle sue ballerie, raddoppiando più vivamente che mai il bombardamento della piazza.
V. E. mi dice, che è sempre stato suo costume, in simili circostanze Irallare senza sospendere il fuoco, ma mi permetta che io Le faccia osservare, che non è questo il costume generale; poichè una volta che si ammette la convenienza di porre un termine alle ostilità, il più santo dovere di ogni Generale ė di risparmiare il sangue dei generosi che sostengono fedelmente la loro bandiera.
Costretto dal vivissimo fuoco delle sue batterie a rispondere nella stessa maniera, sento la necessità, dal canto mio, di salvare la responsabilità che possa cadere sul mio nome, e di protestare innanzi ai miei contemporanei ed alla Storia che non è il Geperale di Gaeta che ha voluto e consentito uno spargimento di sangue senza scopo.
Con questo esclusivo fine mi sono permesso di fare alla E. V. precedenti osservazioni, assicurandole che laddove le sue batterie cesseranno il fuoco, cesserà immediatamente quello della Piazza, poichè il mio unico fine è quello di difendermi.
Spedisco intanto una Commissione composta di ecc.
i quali muniti delle istruzioni e pieni poteri ecc.
Firm. RITUCCI.

Risposta del Generale Cialdini Comandante il corpo di assedio a Gaeta al Generale Ritucci Governatore della Piazza

Quartiere Generale davanti Gaeta 12 Febbraio 1861.
ECCELLENZA!
Mentre le due Commissioni stanno trattando della capitola.
zione, rispondo ad alcune osservazioni contenute nella prege volissima lettera dell’E. V. di quest’oggi, osservazioni che io trovo altamente sconvenienti ed inopportune.
All’E. V. piace oggi, o conviene di riconoscere ormai senza scopo lo spargimento di sangue, conviene o piace parlarmi di umanità.
Dopo quanlo è passato fra noi è assai strano che V. E. si sia ricordata cosi tardi dell’inutile spargimento di sangue, e della offesa umanità; mentre io, nel 10 dello scorso Gennaio, in nome della stessa umanità, onde evitare una inutile effasione di sangue, le offriva un’ampia capitolazione, di cui la E. V. non degnossi voler nemmeno conoscere le onorevoli con dizioni. Non temo il giudizio dei miei contemporanei e della sloria, ed uso da molti anni a sostenerlo, lo attendo tranquillamente.
Generale, cessino fra noi le vane frasi, e le pompose parole: il linguaggio della di Lei lettera mi autorizza non solo, ma mi obbliga a parlar chiaro.
Quando alla E. V. non conveniva di cedere la Piazza, quando, quando la malfondata fiducia nei baluardi di Gaeta, parlavano forte nel di Lei animo, Ella accelto, senza esitare, l’effusione del sangue.
Ora che ogni lusinga di reazione è sparita, ora che la confidenza nella inespugnabilità di Gaeta è caduta, ora insomma chele conviene di cedere e di capitolare, ora l’E. V. trova comodo di invocare molto a sproposito la sofferente umanità, e di ripugnare da ogni inutile spargimento di sangue. Ciò per quanto riguarda l’E. V.
Dal canto mio, con pari franchezza le diro, che mosso da unsentimento di vera, non ipocrita umanità, io le offrii di mandarle neve, medicinali, sanguisughe, benchè tulto ciò fosse condanno evidente delle mie condizioni d’assediante, e stesse all’infuori degli obblighi miei. Le concessi 60 ore di armistizio per dissotterrare e seppellire i giacenti sotto le rovine della rovesciata cortina, e di più avrei fatto sicuramente. Ma V. E. viola la sola condizione che io avesssi posta all’armistizio, e manco alla sua parola d’onore. Da quel momento, lo dichiaro francamente, non ho più fiducia nel di Lei procedere, e nella di Lei parola, avendo la di Lei condotta svegliato nell’animo mio un sentimento che mi era affatto ignoto finora, cioè quello della difidenza.
Sono quindi in diritto di sospettare che la iniziativa, da Lei presa, di trattare per una capitolazione, e la domanda di un’armistizio a tale uopo sia un nuovo stratagemma per guadagnar tempo, e ritardare l’assalto. Ingannato una volta non voglio esserlo la seconda. Ciò le spieghi la mia condotta, cið le dica il perchè non voglio cessare il fuoco fino a che Gaeta sia mia, in un modo, o nell’altro. Se in cið vi ha qualche cosa di duro, ricada su chi mi vi ha spinto.
L’E. V. dica pure a suo senno ai contemporanei, ed alla Storia, che non volle e non consenti ad uno spargimento di sangue senza scopo; e che mia soltanto ne fu la colpa. Io aggiungero che il Governatore di Gaeta aveva anzi tutto mancato alla sua parola.
Firm. CIALDINI.

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