Mac Swiney agonizza… Viva la repubblica irlandese!

Articolo di Benito Mussolini pubblicato su “Il Popolo d’Italia” il 29 agosto 1920

Mac Swiney. Ecco il nome che corre sui giornali e sulle labbra di milioni di uomini. È il sindaco di Cork, in Irlanda, detenuto nella prigione di Brixton a Londra e da quindici giorni praticante, con uno stoicismo superbo, lo sciopero della fame. Si è chiesta, per lui, la grazia al re d’Inghilterra. Ma il re, da perfetto manichino costituzionale, ha rimesso il giudizio – circa l’opportunità o meno di questo gesto di clemenza – al Consiglio dei ministri. Lloyd George, dal suo rifugio di Lucerna, ha risposto con un «nooo» gutturale, classicamente inglese. Ma quale mai enorme delitto ha compiuto questo sindaco, che giustifichi in qualche modo l’inesorabilità dei ministri d’Inghilterra?
«Le autorità inglesi – dice il Petit Joumal – fanno sapere che il sindaco di Cork non è stato arrestato per aver partecipato a una riunione pacifica, sebbene illegale, di un tribunale d’arbitrato di sinn fein, ma perché questa riunione, sotto la maschera di un tribunale arbitrale, era quella di comandanti dell’esercito della repubblica irlandese e perché si è tenuta nel palazzo municipale della città di Cork».
L’arresto, dunque, del sindaco di Cork non è che un episodio della lotta cruenta ingaggiata dagli irlandesi contro l’Inghilterra. In un comizio tenutosi nelle vicinanze della prigione dove il sindaco agonizza, il prof. Stookly ha dichiarato:
«Il sindaco di Cork muore in prigione perché lottava per i principi in nome dei quali il Governo inglese ha fatto la guerra: l’indipendenza delle piccole nazioni…».

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Il pubblico italiano, vittima di taluni più o meno tradizionali luoghi comuni, conosce superficialmente la questione irlandese – questione di fondamentale giustizia – e quasi quasi si rifiuta di credere alle gesta barbaramente tiranniche della repressione inglese. È vero che la cronaca nera di quell’isola lontana giunge sino a noi sotto la specie di una infinita serie di conflitti con morti e feriti, ma il pubblico italiano non si rassegna a pensare che il famoso e decantato liberalismo inglese sia una lustra menzognera. Bisognerebbe tradurre e dare la massima diffusione in Italia allibro di Erskine Chìldey (Military Rule in Ireland) e allora, forse, davanti all’evidenza documentata dei fatti, l’opinione pubblica italiana muterebbe atteggiamento. (Nella copertina c’è la fotografia di una delle tanks in uso per ristabilire l’ordine a Dublino). I fatti sono questi. L’Irlanda ha proclamato la sua indipendenza il 24 aprile del 1916 e l’ha ratificata il 21 gennaio del 1918. L’Irlanda è repubblica di diritto e lotta per esserlo di fatto.
Abbiamo sul tavolo la Carta geografica della Repubblica irlandese, pubblicata a New York dai Friends of lrish Freedom («Amici della libertà irlandese»), con la dichiarazione basilare della nuova Repubblica:
«La Repubblica garantisce la libertà civile e religiosa, eguali diritti e condizioni per tutti i suoi cittadini e si propone il raggiungimento del benessere e della prosperità dell’intera nazione e di tutte le sue parti».
Non propositi di vendetta o di rappresaglia animano la giovane Repubblica, perché nella stessa dichiarazione è aggiunto:
«La Repubblica proteggerà in egual modo i bambini e dimenticherà i dissidi diligentemente alimentati da un, Governo straniero, il quale, nel passato, ha diviso la minoranza dalla maggioranza della nazione».
Questa dichiarazione d’indipendenza della Repubblica irlandese è stata consacrata dai suffragi popolari. Per quanto la popolazione dell’Irlanda – esclusi i distretti dell’Ulster – sia diminuita, in settanta anni di dominazione inglese, del cinquanta per cento (nel 1841 la popolazione dell’Irlanda era di 5.295.000, nel 1911 era ridotta a 4.390:000 abitanti), il risultato delle elezioni è stato il seguente: Deputati nazionalisti e sinn fein, favorevoli alla indipendenza e alla Repubblica, 79; unionisti, favorevoli al regime inglese, 26. Numero dei votanti: Per la Repubblica e l’indipendenza irlandese, fra sinn fein e nazionalisti, totale voti: 1.215.516; per lo statu quo, Partito Unionista, voti: 315.394. Delle trentadue contee in cui si divide l’Irlanda, non una sola ha una deputazione completamente unionista.

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L’Irlanda è repubblicana e indipendente di diritto, ma non lo è ancora di fatto. L’Inghilterra si ostina a negare l’indipendenza all’Irlanda. Quel Comitato d’azione laburista, che tanto s’interessa della Russia, non sembra accorgersi dell’Irlanda e meno ancora dell’Egitto. Va da sé che gli irlandesi, come i popoli vivi e forti, lottano per rivendicare il loro diritto. A un regime di dura oppressione poliziesca e militare, qual è quello instaurato dall’Inghilterra nell’isola verde, gli irlandesi – dopo aver per mezzo secolo tentato tutte le vie della legalità – rispondono colla violenza. La lotta che gli irlandesi sostengono contro l’Inghilterra ha un’affinità straordinaria con quella che i patrioti del nostro risorgimento durarono, fra esili, galere e forche, contro gli Absburgo. Gli italiani, per motivi di giustizia e di interessi, non possono negare la loro solidarietà agli irlandesi. L’Irlanda ha diritto di vivere indipendente e repubblicana. Gli irlandesi hanno diritto di proclamare che «i confini della loro isola furono segnati da Dio», mentre quelli di molte nazioni furono temporaneamente fissati dalla diplomazia. Gli irlandesi hanno dimostrato e dimostrano quotidianamente di sapere e di volere «vivere liberi», perché per la libertà sono disposti alla lotta, al sacrificio, al martirio.
Mac Swiney è un martire della rivoluzione irlandese. Amiamo, in questo momento, credere che le vibrazioni del pensiero sì diffondano negli spazi e giungano in ondate di simpatia alle creature lontane. Ci piace sperare che al morente sindaco di Cork giunga almeno l’eco del grido augurale che parte dai nostri cuori: «Viva la Repubblica irlandese!».

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