Manifesto al popolo italiano di Wilson

Manifesto al popolo italiano del presidente statunitense W. Wilson del 23 aprile 1919

Vista l’importanza capitale delle questioni che sono in giuoco ed allo scopo di mettere tutta la luce possibile su quanto si riferisce, al loro regolamento, io spero che la sottoindicata dichiarazione, contribuirà alla formazione finale di un’opinione e ad una soluzione soddisfacente.
Quando l’Italia è entrata, nella guerra essa ci è entrata sulla base di un accordo definito, ma confidenziale, colla Gran Bretagna e la Francia, accordo attualmente conosciuto sotto il none di Patto di Londra. Da allora, tutto l’aspetto delle circostanze è stato mutato. Molte altre Potenze, grandi e piccole, sono entrate nella lotta senza avere conoscenza dell’accordo confidenziale. L’Impero austro-ungarico, allora nemico dell’Europa ed alle spese del quale il Patto di Londra doveva realizzarsi in caso di vittoria è caduto in pezzi e non esiste più. Vi è di più. Le differenti parti di questo Impero – l’Italia e tutti i suoi associati ne convengono attualmente – devono essere erette in Stati indipendenti ed essere associati in una Lega delle Nazioni, non cogli Stati che furono recentemente nostri nemici, ma coll’Italia stessa e colle Potenze che erano a fianco dell’Italia nella grande guerra della libertà. Noi stabiliremo la loro libertà così come la nostra. Essi saranno del numero degli Stati più piccoli i cui interessi dovranno d’ora innanzi essere così scrupolosamente garantiti come gli interessi degli Stati più potenti.
La guerra è stata terminata, bisogna dirlo, proponendo alla Germania un armistizio ed una pace che dovevano essere fondali su alcuni principi chiaramente definiti, destinati a stabilire un nuovo ordine di diritto e di giustizia. È su questi principi che la pace colla Germania è stata, non solamente concepita, ma formulata. È su questi principi che essa sarà eseguita. Noi non possiamo domandare a questa grande assemblea delle Potenze, nel momento in cui essa propone e fa una pace coll’Austria, di stabilire su dei principi di un altro genere una nuova base per l’indipendenza ed il diritto negli Stati che costituivano originariamente l’Impero austroungarico e negli Stati del gruppo dei Balcani. Noi dobbiamo applicare all’organizzazione dell’Europa in queste regioni i principi che noi abbiamo applicati nella pace colla Germania. È in base al riconoscimento esplicito di questi principi che l’iniziativa di pace è stata presa. È su di essi che l’edificio intero delta pace deve riposare.
Se questi principi devono essere rispettati. Fiume deve servire di sbocco al commercio di esportazione e d’importazione, non dell’Italia, ma dei territori situati al nord ed al nord-est di questo porto; l’Ungheria, la Boemia, la Romania, e gli Stati del nuovo gruppo jugoslavo. Attribuire, Fiume all’Italia sarebbe creare il sentimento che noi abbiamo deliberatamente messo questo porto da cui tutti questi paesi dipendono principalmente per il loro accesso nel Mediterraneo, nelle mani di una Potenza di cui essi non facevano parte integrante e la cui sovranità, se essa vi fosse stabilita, dovrebbe inevitabilmente, sembrare straniera e non indigena, né identificata alla vita commerciale ed industriale delle regioni che questo porto deve. servire. È per questa ragione, senza alcun dubbio, che Fiume non fu inclusa nel Patto di Londra, ma vi fu definitivamente attribuita ai croati. È la ragione per la quale la linea indicata nel Patto di Londra seguirà irregolarmente un grande numero di isole, della costa orientale dell’Adriatico e la porzione della costa dalmata che si trova più esposta al mare: non solo perché, si trovano in queste isole, su questa costa, di qua e di là, gruppi di popoli di sangue italiano e di tradizioni italiane, ma anche e principalmente perché si sentiva che era necessario che l’Italia avesse un punto di appoggio in mezzo ai canali dell’Adriatico orientale, onde poter garantire la sicurezza delle sue proprie coste contro un’aggressione navale dell’Austria-Ungheria. Ma l’Austria-Ungheria non esiste più. È stato proposto che le fortificazioni che il Governo austriaco ha costruito in queste regioni siano rase al suolo e definitivamente distrutte.
II nuovo piano destinato a stabilire l’ordine in Europa, che ha per centro la Lega delle Nazioni, implica anche che i nuovi Stati, che saranno stabiliti in questa regione, accetteranno una limitazione degli armamenti, che renderà impossibile un’aggressione. Non vi può essere alcun timore di un trattamento ingiusto dei gruppi di popolazione italiana in queste regioni, perché una sanzione internazionale fornirà delle garanzie adeguate che tutte le minoranze di razze e di nazionalità godranno di un trattamento eguale ed equo.
In riassunto, tutta la questione in relazione con questo regolamento riveste un nuovo aspetto, nuovo aspetto che gli è stato dato dalla vittoria stessa del diritto per la quale l’Italia ha fatto i supremi sacrifici dì sangue e di denaro. L’Italia, a fianco delle quattro altre grandi Potenze, è diventata una detti principali custodi del nuovo ordine, allo stabilimento del quale essa ha preso una parte cosi onorevole. Al nord ed al nord-est le sue frontiere naturali sono interamente ricostituite, cosi pure su tutta l’estensione delle Alpi, dal nord-ovest sino al sud-est ed all’estremità della penisola dell’Istria, abbracciando tutto il grande versante sul quale si trovano Trieste e Pola e tutti i bei paesi che la natura stessa ha orientati verso la grande penisola, nella quale il popolo latino ha elaborato la sua personalità storica attraverso i secoli, dal giorno in cui Roma fu fondata sui sette colli. La sua antica unità è restaurata, le sue linee sono estese sino alle grandi muraglie che costituiscono la sua difesa naturale. Spetta ad essa di decidere se vuole essere circondala da amici, se essa vuole mostrare, ai popoli nuovamente liberati sull’altra riva dell’Adriatico questa qualità, la più nobile di tutte: la grandezza d’animo, la magnanimità, la generosità amichevole, la preferenza accordata alla giustizia sull’interesse. Le Nazioni associate con essa, le Nazioni che non sanno nulla del Patto di Londra o di qualunque altro accordo speciale concluso all’origine di questa grande lotta, e che hanno compiuto il loro supremo sacrificio, esse anche, non pensando all’interesse del loro profitto nazionale o della loro protezione, ma all’interesse della pace stabile del mondo, si uniscono ora con quelle che sono state le sue prime associate, sollecitandola a mettersi alla testa di un movimento che non potrebbe prestarsi ad equivoco nel nuovo ordine dell’Europa.
L’America è l’amica dell’Italia. Il suo popolo gli è giunto a milioni dai bei paesi italiani. Esso è legato alla Nazione italiana col sangue, nonché col sentimento. Tali legami non possono mai essere rotti. E l’America ha acuto il privilegio, grazie al mandalo generosamente affiliato ad essa dai suoi associati nella guerra, di prendere l’iniziativa della pace, che stiamo ora compiendo e compiendola su basi, che essa stessa aveva formulato e per le quali io sono stato il suo portavoce. Essa, è nell’obbligo di accordare con questi principi tutte le decisioni alle quali partecipa. Essa non può fare null’altro. Essa ha fiducia nell’Italia, e nella sua fiducia, crede che l’Italia non domanderà nulla che non possa essere messo innegabilmente in conformità con questi obblighi sacri. Non si tratta, ora di questioni di interesse, ma dei diritti dei popoli di Stati giovani od antichi, di popoli liberali e di popoli che i loro dirigenti non hanno mai giudicati degni di un regime di diritto. Al di sopra di tutto, vi è la questione del diritto del mondo alla pace, e a un regolamento di interessi tali che renda la pace, assolutamente sicura. Questi e questi solamente sono i principi per i quali l’America ha combattuto. Questi e questi solamente, sono i principi sui quali essa può consentire a fare la pace. Essa spera e crede, che sarà solamente su questi principi che il popolo d’Italia domanderà di fare la pace.
WOODROW WILSON

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