Manifesto dei patrioti veneti in esilio del luglio 1859 a Napoleone III

Manifesto dei patrioti veneti in esilio del luglio 1859

Per approfondire: Cronologia di Venezia

PEI POPOLI DELLA VENEZIA INDIRIZZO SECRETO A S. M. NAPOLEONE III IMPERATORE DEI FRANCESI
Sire!
Permettete che i Veneti sottoscritti, a nome altresì di tutti gli altri che gemono sotto il servaggio straniero, v’indirizzino liberamente queste brevi parole.
Allorquando Voi saliste sul trono di Francia sorse nel cuore degli Italiani viva e nuova speranza.
Noi abbiamo ricordato le italiche origini della Vostra Famiglia; abbiamo ricordato il primo tempo della vostra giovinezza, la parte con l’impresa in alcuno dei generosi tentativi per la rigenerazione del nostro paese; abbiamo ricordato le idee espresse nelle opere Vostre, e abbiamo detto – È la Providenza che rimette sul trono della Nazione la più guerriera la dinastia dei Bonaparte, a riparazione di tante ingiustizie, a sollievo dei popoli oppressi, a stabilimento del vero equilibrio europeo basato sulle nazionalità, che è quanto dire sulla natura e sulla ragione.
Né credemmo ingannarci: quando il tempo fu maturo, Voi, o Sire, scendeste in Italia in qualità di nostro alleato, ed insieme al Re Vittorio Emanuele II pugnaste, vinceste, ricacciaste i nostri e vostri nemici entro le mura delle fortezze, e saliste a tanta altezza di gloria da superare quella dell’immortale Vostro zio: sì, lo diciamo senza tema di errare, lo superaste, perché l’impresa rinchiudeva un’idea sublime e santa, spoglia delle viste interessate di predominio e di conquista.
Voi vedeste, o Sire, la gioia, l’entusiasmo delle popolazioni liberate dall’abborrito dominio dell’Austria: rimaneva tuttavia nella schiavitù la Venezia; ma questa contava i giorni della sua redenzione, e stava per insorgere e secondare lo slancio dei Vostri soldati.
Che cosa sia avvenuto per troncare d’un colpo ogni speranza, per immergere nel lutto la famiglia Veneta, noi nol diremo perché nol sappiano. Il fatto sta che l’esito del convegno di Villafranca fu come un fulmine distruggitore.
Al presente, o Sire, la disperazione dei Veneti è al colmo, tanto che non si peritano di manifestarla pubblicamente, sebbene stretti da ogni parte dagli insolenti soldati dell’Austria.
Fra le altre cose, eglino, d’accordo con membri di Municipii delle città, fecero un indirizzo a S. M. il Re Vittorio Emanuele II, pregandolo di non abbandonare quelle provincie che già per voto universale, espresso solennemente nel 1848, si trovano unite per diritto al Piemonte.
Ed ora, o Sire, in nome loro, indirizziamo anche a Voi la medesima preghiera Dopo l’accordo di Villafranca tutto è rovina nella Venezia; carcerazioni, esilii, tasse, multe spogliazioni d’ogni specie: eppure, credete Voi Sire, che gli abitanti vogliano piegarsi a tanta sciagura? No; giacché più forte della forza brutale è il sentimento della propria nazionalità.
Tutto ancora non è perduto; purché il vogliate, Voi potete, o Sire, compiere il nostro riscatto; anzi compiere l’ala impresa civile in Europa per la quale sembra che siate stato eletto dalla provvidenza.
Voi dovete essere convinto, da quanto già vedeste cogli occhi” che i popoli soddisfatti non sono ingrati ai loro benefattori.
Rendete i Veneti alla loro patria comune, all’Italia; fate questa sicura e indipendente; consacrate colla Vostra generosità il patto in dissolubile di amicizia e di alleanza delle due sorelle nazioni latine di Francia e d’Italia, e una corona di vera gloria cingerà allora il vostro augusto capo.

Torino, 26 luglio 1859.
Pei popoli della Venezia

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