Mozione per un piano della ricostruzione

Testo della mozione della CGIL del 1945 in favore dell’adozione di un piano nazionale della ricostruzione

Il Congresso deplora la lentezza con la quale si procede negli inizi della ricostruzione economica del Paese, soprattutto per mancanza di un piano organico di carattere nazionale. Esso constata che gli sforzi sinora compiuti in fatto di ricostruzione sono dovuti soprattutto all’iniziativa e alla volontà di lavoratori italiani (operai, tecnici e impiegati), mentre la maggior parte dei grandi capitalisti tende a subordinare qualsiasi ripresa di lavoro alla possibilità di realizzare i profitti a cui era stata abituata dal fascismo e dalla guerra.
Il Congresso afferma la necessità immediata di procedere all’elaborazione di un piano nazionale di ricostruzione economica, con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari, mediante la costituzione in ogni Comune e su scala provinciale, regionale e nazionale, di commissioni di ricostruzione composte da tecnici, e di rappresentanti delle organizzazioni sindacali e popolari. Soltanto l’adozione di un piano nazionale può garantire che la ricostruzione avvenga secondo gli interessi generali del Paese e non secondo interessi particolaristici di gruppi plutocratici. Il piano di ricostruzione, inoltre, deve essere concepito come strumento di solidarietà e di effettiva unità nazionale nel senso di procedere ad una più equa distribuzione dell’industria in tutte le provincie italiane, solo mezzo efficace per annullare o attenuare fortemente quel complesso di inferiorità del Mezzogiorno d’Italia, della Sicilia e della Sardegna che ha sinora caratterizzato queste regioni nei confronti delle altre regioni d’Italia.
Il Congresso impegna le Camere del Lavoro a promuovere la costituzione di comitati di ricostruzione nelle rispettive provincie, con la partecipazione dei tecnici e delle differenti organizzazioni popolari locali. Il Congresso addita ad esempio la Camera del lavoro di Siena, la quale, avendo costituito da qualche tempo il Comitato provinciale di ricostruzione, ha indotto tutti i ceti interessati della popolazione a contribuire finanziamenti all’opera di ricostruzione, riuscendo con i propri sforzi ad effettuare un certo numero di lavori urgenti diretti a facilitare la ripresa dell’attività produttiva della provincia.
Al piano di ricostruzione e all’attività del relativo comitato deve essere inserita, in primo luogo, la lotta contro la disoccupazione, diretta ad assicurare l’utile impiego di tutti i disoccupati, manuali ed intellettuali.
Al fine di dare maggiore impulso alla ricostruzione economica, il Congresso – riconfermando la volontà dei lavoratori italiani di collaborare attivamente con le Forze Alleate, per contribuire a facilitare la vittoria comune sul fascismo e sul nazismo – domanda alle Autorità Alleate di esaminare la possibilità di derequisire e di restituire al lavoro italiano le officine e le fabbriche requisite, che non vengono utilizzate per il potenziamento dello sforzo bellico.
L’effettiva democratizzazione dell’Italia esige la nazionalizzazione dei monopoli e delle industrie chiavi
Sicuro d’interpretare la volontà unanime dei lavoratori italiani, il Congresso domanda una maggiore e più rapida democratizzazione del Paese, maggiori poteri al popolo e una più grande fiducia in esso e nella sua comprovata maturità politica.
I lavoratori italiani sono consapevoli del fatto che la effettiva democratizzazione del Paese sarebbe impossibile, o si ridurrebbe a formalità esteriori prive di contenuto concreto, qualora rimanessero in vita i monopoli economici privati e le industrie chiavi del Paese.
La concentrazione di una parte imponente della ricchezza prodotta dal lavoro e dal genio italiano nelle mani di ristretti ceti plutocratici, attraverso i monopoli economici e le industrie chiavi, permette ai detti ceti retrivi e reazionari di monopolizzare la vita economica e, quindi, politica della Nazione. Pertanto, la sopravvivenza degli stessi monopoli nelle condizioni precedenti costituirebbe un pericolo permanente per il paese di ricadere sotto la dominazione di un regime reazionarie e di brigantaggio imperialista, non dissimile a quello che ha rovinato l’Italia.
Per la democratizzazione effettiva del Paese, per una più giusta ridistribuzione della ricchezza nazionale, per assicurare all’Italia maggiori possibilità di sviluppo economico, il Congresso domanda la liquidazione del latifondo e la nazionalizzazione dei monopoli economici privati e delle industrie chiavi, a cominciare da quelle elettriche e delle miniere di ogni genere.
Il Congresso chiede ugualmente la nazionalizzazione di tutte le ferrovie italiane, dei telefoni e di tutti i servizi di pubblica utilità. Esso fa voti che i processo di nazionalizzazione delle dette industrie chiavi si inizi con le aziende dell’I.R.I., che già appartengono in grandissima misura alla Nazione e che pertanto nessuna di esse venga, sotto qualunque forma, riprivatizzata.

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