Problemi della guerra partigiana, 1944

Problemi della guerra partigiana, articolo pubblicato su “La Nostra Lotta Organo del Partito Comunista Italiano” nel luglio 1944

Scegliere gli obbiettivi, studiarli, colpire con decisione Le notizie dell’attività guerriera dei distaccamenti e delle Brigate sono sempre più numerose; sabotaggi di guastatori, attacchi audaci di pattuglie di arditi, occupazione di paesi o di vallate con la partecipazione di centinaia di Partigiani. Sono azioni sempre più numerose, sempre più vaste, che impegnano sempre più numerose forze nemiche e suscitano l’entusiasmo popolare.
C’è in Italia un esercito partigiano che conduce una guerra a fondo contro l’invasore e contro i fascisti; c’è un esercito che prova con i fatti che si può combattere e che con l’eroismo dei suoi combattenti dice ad ognuno: compi il tuo dovere, prendi le armi per la liberazione della Patria. È certo che l’esperienza ha molto insegnato alle formazioni patriottiche; esse sono più rapide negli attacchi, più pronte a disimpegnarsi quando il nemico tenta di attaccarle con forze e con mezzi preponderanti e soprattutto più solide e più agguerrite, come lo dimostrano gli insuccessi dei tentativi nemici di eliminarle. Però è altrettanto vero che l’esame di numerose azioni compiute dai Distaccamenti partigiani mostra che molte lezioni devono ancora essere tratte dall’esperienza e che quelle tratte in una formazione, in una valle o in una zona, devono essere studiate e popolarizzate e tenute presenti per non ripetere errori, per non andare incontro a gravi pericoli, a perdite, a inutili dispersioni di preziose energie.
Una prima considerazione è quella della scelta degli obbiettivi da colpire. Bisogna ricordare che se l’azione partigiana è condotta per lo più da piccole formazioni e consiste in piccoli colpi, quest’azione si inquadra in una più vasta condotta di guerra. Nell’azione concorde di migliaia e migliaia di uomini per rendere impossibile la vita all’occupante e nella più grande guerra che i popoli liberi conducono per distruggere il nazismo. Questa considerazione deve essere tenuta presente quando si .sceglie l’azione da compiere.
Se si ha l’occhio solo alla vallata, all’ambiente ristretto, all’eco di pochi paesi su per i monti, sembreranno essenziali la liquidazione di uno scagnozzo, la vendetta, l’occupazione clamorosa, mentre se si spinge lo sguardo più in là, apparirà l’importanza di altri obbiettivi. C’è un esercito alleato che avanza, un’armata hitleriana in fuga precipitosa, come intervenire, come e dove farlo più opportunamente?
Ed ecco allora che si penserà alla linea ferroviaria, si penserà ai sabotaggi, frequenti ed utilissimi anche se meno clamorosi. Si penserà alle interruzioni stradali, all’attacco ai cami9ns nazisti, magari a chilometri e decine di chilometri di distanza. Nessuno ci applaudirà, non si saprà nemmeno da che arte viene il colpo? Tanto meglio, ma avremo dato un colpo davvero.
Abbiamo sott’occhio un rapporto di un Distaccamento mobilissimo e poco numeroso che ha operato. nella regione di Roma nelle retrovie tedesche, a pochi chilometri dal fronte. È un esempio di quanto si può ottenere con l’audacia e con il commisurare. le imprese alle p6ssibilità effettive. Questi Partigiani non hanno atteso, studiato piani più . vasti, ma ineseguibili. A piccoli gruppi hanno disseminato chiodi a quattro punte e attaccato con la bomba e il fucile le auto tedesche. Hanno marciato per decine e decine di chilometri, così che i tedeschi devono averli creduti moltiplicati almeno per dieci, si sono impadroniti di anni e munizioni preziose che hanno dato un valido contributo agli Alleati in un momento critico. Le notizie del moltiplicarsi degli attentati alle vie di comunicazione ci dicono che si è sulla buona via, ma la situazione è tale .che per questa buona via bisogna marciare rapidamente, molto rapida mente. Ma anche attaccare il traffico non basta. Occorre studiare ove è più proficuo, come è possibile con i mezzi che si hanno a disposizione colpire più duramente.
A X… si è circondato un ponte metallico sostenuto da cavi, con una sorta di cintura di esplosivo plastico e si è ottenuta un’interruzione. Si può essere soddisfatti? No, certo, se si è impiegato cinque volte più dell’esplosivo necessario e si è fatto meno danno che se si fosse applicato il materiale nel punto voluto dai tiranti metallici. A Y … si è fermato un treno e lo si è lanciato in una galleria perché vi esploderà. Ottima idea ma poco studiata, se il treno è l’arrivato in stazione sano e salvo qualche chilometro più in là, mandando all’aria ogni piano.
Scegliere gli obiettivi e studiarli. Pensare che non si può ogni volta ricominciare daccapo;. sfuggita un’occasione, perso del tempo.
Per questo sapere ciò che si deve fare. Istruire tutti gli uomini in modo che siano collaboratori convinti e coscienti e infine agire con decisione.
Abbiamo forse voluto dire che non si devono occupare villaggi o centri maggiori appena è possibile? N o certamente, ma è evidente che anche. quando si fa questo, si deve agire in modo di sfruttare tutte le possibilità che dà l’occupazione per vere e proprie azioni di guerra. Troppe volte i Distaccamenti Partigiani occupano un centro e dimenticano di sabotare gli impianti ferroviari, far saltate le cabine di trasformazione, danneggiare le segnalazioni e gli scambi. Troppe volte sono stati fermati dei treni e si è dimenticato che una locomotiva è un obiettivo di primissima importanza. Quando si va a fermare un treno – bisogna sapere ‘ prima come si immobilizzerà la locomotiva, anzi predisporre gli uomini che assolveranno questo incarico. Pochi minuti dopo che il treno sarà fermato, mentre si interrogheranno i prigionieri, mentre si parlerà ai viaggiatori, il colpo dovrà essere fatto.
Forse c’è stato a volte lo scrupolo di non danneggiare i viaggiatori, di non disturbare, le popolazioni locali. Sono scrupoli sbagliati.
Bisogna ricordare alla popolazione che il sabotaggio, il quale interrompendo il tratto può dare qualche fastidio al movimento locale, non solo è necessario e utile per affrettare la cacciala del nemico, ma evita anche i rischi del bombardamento. Colpire gli obiettivi militari da terra con precisione, vuoi dire evitare gli attacchi dall’aria dove la precisione non è possibile.
Per i monti e per le campagne c’è una fitta rete di fili e di palificazioni. Occorre raccogliere e vagliare informazioni, e poi colpire.
Colpire i cavi del telefono nemici e non togliere la luce elettrica a una zona, sabotarle centrali più legate alle industrie di guerra, impedire l’afflusso dell’energia là dove più è utile al nemico.
Studiare gli obiettivi vuoi dire non lasciarsi prendere alla sprovvista. Ci sono obiettivi che sono particolarmente importanti in certi momenti, in altri no. Non si deve per questo aspettare domani a riconoscerli e stabilire il modo di operare. Ci sono linee ‘telefoniche importanti quando il nemico può avere bisogno di chiamare rinforzi e che oggi sarebbe inutile interrompere, ci sono ponti che sarà utile minare soltanto e attendere a far saltare quando il nemico vorrà salire per le. Valli; ebbene non bisogna attendere il momento del combattimento per sapere cosa bisogna fare.
Allora sarebbe troppo tardi, bisognerà agire senza perdere tempo.
Quello che deve essere tenuto sempre presente è che gli obiettivi sono infiniti, ce n’è per tutti. Per le forze numerose come per i gruppi esigui, per i bene armati come per i meno forniti di materiali. Non c’è mai una giustificazione per non fare, non c’è mai una giustificazione per l’attesa indefinita. Studiarli vuoi dire proporzionare anche i nostri piani alle nostre forze. Fare il piano per .distruggere un ponte sul Po per arrivare dia conclusione che non c’è nulla da fare perché mancano le tonnellate di esplosivo, è assurdo e ci impedisce di guardarci attorno c di vedere che c’è una cabina di blocco da danneggiare, un pezzo di binario da sbullonare, un deposito di locomotive in cui penetrare, dei fili da tagliare. Pensare a un campo d’aviazione da attaccare, ma concludere che ci vogliono alcune centinaia di uomini, che non ci sono, è altrettanto assurdo e ci impedisce di vedere come tre o quattro uomini armati possano fermare un’auto nazista, eliminare un portaordini in motocicletta, obbligare i tedeschi a sorvegliare, a rallentare il traffico e intanto privarli di uomini e armi.


Ci sono delle formazioni che sono ancora troppo pesanti, che non sanno agire che a massa e quindi si lasciano sfuggire tutta una serie di colpi che potrebbero essere più fruttiferi. Lunghi periodi. quasi di inerzia precedono delle specie di battaglie campali per difendersi da rastrellamenti. Bisogna articolare queste formazioni in nuclei ed in squadre. Creare piccoli reparti specializzati guastatori e di arditi. E mentre i comandi superiori danno indicazioni generali e controllano i piani, bisogna abituare queste piccole unità allo spirito di iniziativa e al senso di responsabilità. Bisogna insegnare a questi piccoli gruppi come si effettua la ricognizione, come si assumono notizie dagli informatori, come ci si concerta sull’azione da compiere e ci si divide il lavoro. E infine e soprattutto come si colpisce con decisione, come si sfrutta il momento senza bisogno di tornare a chiedere ogni volta ordini superiori.
Gli ultimi rapporti della IV Brigata d’Assalto Garibaldi, segnalano un’intensa attività per costituire gruppi di arditi e di guastatori e segnalano le prime operazioni. La distruzione di 14 aeroplani nemici nel campo di Murello, effettuata da esigue forze, senza subire perdite, dimostra cosa vuoi dire organizzazione, addestramento e preparazione opportuna.
L’azione generale delle formazioni partigiane contro le colonne nemiche in rotta non si aspetta, si prepara. Perché quel giorno venga al più presto e perché in quel giorno possano muovere le nostre belle Brigate, le nostre prime Divisioni, occorre essere attivi ogni giorno.
Ed essere attivi oggi vuoi dire muovere squadre e distaccamenti, moltiplicare gli attacchi, agire su larghi spazi senza troppo concentrare le nostre forze. Scegliere e studiare centinaia di obiettivi e colpirli.

Strappare le armi al nemico

Da molte parti sentiamo dire che si potrebbero creare Distaccamenti se ci fossero armi. Formazioni già costituite scrivono che devono rifiutare l’afflusso di nuove reclute.
perché mancano materiali. Da altre parti si lamenta l’insufficienza di mezzi. Sono tutti questi gravi problemi di organizzazione, che sarebbe ridicolo sottovalutare, ma sono problemi che occorre risolvere per fare la guerra e facendo la guerra e non dare per insolubili, quasi per giustificare l’inazione.
Le armi non piovono dal cielo, o meglio non sempre e non dappertutto possono piovere dal cielo. Bisogna saperle trovare, bisogna cominciare con l’accontentarsi del poco, bisogna usare quelle che si hanno non in modo da esaurire in breve le munizioni, ma piuttosto in maniera da aumentare, moltiplicare i rifornimenti e il munizionamento.
Ci sono squadre di giovani che si dicono desiderosi soltanto di impugnare le armi. E ci sono in giro a ciondolare per le città tanti soldati per forza, carabinieri, militi ton il moschetto o la rivoltella, che se ne vanno isolati. Si è pensato che i nostri giovani possono trovare lì le armi che desiderano? Qualche rivoltella, un gruppo deciso di tre o quattro, possono bastare a raccogliere qualche dozzina di moschetti. Se successivamente i militari non andranno più isolati o addirittura se li faranno uscire senza armi, avremo ottenuto un altro risultato. Quanti ponti sono guardati soltanto da un paio di armati? Quanti posti di blocco .da una mezza dozzina al più? Ce n’è per tutte le misure. Le piccole unità scelgano i piccoli gruppi, le più forti quelli più numerosi.
L’esempio dei Partigiani che a Bobbio nell’Appennino si sono impadroniti di mitragliatrici, di moschetti, di casse di bombe, assalendo una caserma con oltre duecento tra tedeschi e fascisti, mostra che si possono fare anche colpi grossi.
Ci sono carabinieri, guardie di finanza, vigili urbani, malcontenti ma indecisi. Si disarmino, si passino le armi a chi le vuole e le sa usare. Si pensi a non lasciare quello che è prezioso in mani inutili, si convinca che non è per domani che quelle armi devono essere tenute, ma che occorrono per chi le adopera oggi. Ogni squadra di difesa, ogni distaccamento, dovrebbero prima di inoltrare agli organi centrali domande di armamento, che il più delle volte non possono essere soddisfatte, fare un piano di armamento in cui sia compreso tutto quello che può essere trovato, comperato e soprattutto strappato al nemico. Si studi cosa possono darci i soldati amici e quello che possiamo prendere noi ai militari nemici. E non si sognino soltanto «mitra» e anticarro. La guerra si fa con ogni mezzo, con le pinze tagliafili e coi chiodi a quattro punte; si cominci ad apprestare questo. La guerra si fa coi fucili da caccia che sono adatti all’imboscata, che possono servire per assaltare militari isolati e piccoli gruppi.
Si preparino bombe con materiali esplosivi ricercando l’aiuto e la, collaborazione di operai minatori o artificieri. Si preparino bottiglie di benzina e si lancino, incendiate, su depositi, su vagoni, su camions nemici. La guerra si fa anche incendiando un Deposito di foraggio e per questo basta anche una scatola di fiammiferi, non occorre un quadro motore.
E si trovi la dinamite. Non ci sono cantieri della Todt, non ci sono Operai patrioti nelle fabbriche? Non si aspetti, non si domandi al centro se occorre esplosivo, se è buono questo piuttosto di quello, si operi, si raccolga si cominci ad adoperare.
Per assalire un fascista in casa, per procurarsi le armi che ha, può bastare un po’ di risolutezza, un pugnale, una baionetta, non occorre una mitragliatrice. Cosa aspettano le squadre di villaggio? Non c’è certo un presidio davanti a ogni casa del fascio, a ogni casa di sgherro repubblicano.
E si ricordi che sarà molto più facile che il Centro assegni i «mitra» e le bombe speciali ai reparti che hanno saputo da soli trovarsi dei moschetti, alle squadre che hanno saputo senza attendere, valersi delle pinze, dei fiamm1fen, delle poche rivoltelle. Le armi a chi le adopera, non a chi attende passivo.
Oggi migliaia e migliaia di reclute accorrono nelle file dei Volontari della Libertà sarebbe un errore respingerle, sarebbe un delitto lasciare inerti questi giovani, non guidarli, non insegnar loro a lottare con tutti i mezzi che si devono, che si possono adoperare nella guerriglia partigiana.
Non si attenda l’arma: la si conquisti combattendo.

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