Proclama del Governatore degli Stati Parmensi del 1859

Proclama del nuovo Governatore degli Stati Parmensi

8 agosto 1859.
POPOLI DI PARMA E DI PIACENZA!
Il Governo del Re ha richiamato il suo Rappresentante da queste Provincie per lasciar libera la espressione del voto nazionale e per dimostrare all’Europa che non avidità d’ingrandito reame né ambizione di conquista lo mosse ad occuparle. Fu spontaneo voto unanime di popoli oppressi che invocò il suo soccorso; e corrucciati e di dolore profondamente compresi, vediamo allontanarsi quell’egregio Governatore il quale divise con noi le belle speranze di un avvenire felice per la comune patria e ci fu sprone all’ardor nazionale, allo spirito d’ordine e di sagrificio, alle cittadine virtù. Sia egli ben da noi caldamente ringraziato, e vada certo che il seguirà l’affetto nostro dovunque, poiché in delebile sarà presso noi la memoria della lealtà sua, dell’integerrima sua fede al nazionale Diritto, dell’amore vole e provvido suo regime. Onore a lui ed al suo Principe Magnanimo, cui non mancherà giammai per avversa fortuna la gratitudine nostra.
Egli partendo depone in me, come in privato cittadino rappresentante del Popolo, il governo delle Provincie Parmensi. Ed io, spogliato dell’ufficio onde il Re onorommi, accetto il sacro deposito in nome vostro, Popoli di Parma e di Piacenza, ed assumo provvisoriamente il governo per la tutela dell’ordine e della libertà.
Voi siete a quest’ora Sovrani, imperocchè niuno potrà dire che per vostra unanime e ferma volontà non si rendesse decaduta la dinastia Borbonica, la quale un decennio e più vi tenne soggetti al pessimo de’ Governi, a quel Governo la cui storia narrerà a posteri per inaudita maraviglia le soldatesche libidini, le effrenate estorsioni, le bastonature, le carceri, le austriache procedure statarie, poi gli ipocriti e vili inganni che tuttora vincer vorrebbero la prova nei consigli delle alte Potenze. Si, voi siete sovrani come lo furono i popoli della Francia quando, scosso il giogo di altro ramo Borbonico e passate le fasi repubblicane, elevarono all’impero Luigi Napoleone che, non ha guari, fu nostro generoso alleato, di nostra indipendenza propugnatore.
Il voto vostro per la unione a Piemontesi, a Lombardi, ai Modenesi ed ai Toscani sotto lo scettro di Vittorio Emanuele fu già ripetutamente e in dubbiamente espresso. Cionullameno la diplomazia, che in arcane tenebre usa avvolgersi, non mostrasi convinta e paga. Non dirò che i voti vostri possano tradirsi, perché rinnegata sarebbe la fede politica della nuova èra inaugurata dalla presa di Sebastopoli e dalle vittorie di Magenta e di Solferino. Dirovvi però che vi resta ancora a lottare pel trionfo della libertà e della indipendenza. Sui campi di battaglia seppero gl’Italiani mostrarsi degni di combattere al fianco de valorosi soldati di Francia. Restaci ora a dar prova di senno civile fra le mura cittadine.
Io attenderò che siano compiute le nuove elezioni de’ Consigli comunali per chiamarli tosto a deliberare sulla forma dell’attuale Governo Provvisorio;
ed ai Consigli stessi proporrò in pari tempo a decidere quali accordi abbiansi a stringere coi Governi degli Stati vicini che trovansi in condizioni pressochè uguali alla nostra, e se possa tornare utile alla comune difesa di unirci a Modenesi ed a Reggiani sotto la Dittatura di un solo.
Frattanto una nuova legge di votazione per suffragio universale è da me ordinata. Vedrà Europa ancora una volta per questa prova solenne se voi vogliate essere sudditi di Vittorio Emanuele II o del figlio di Carlo III.
Niuno, se pur non sia di libertà e della patria nemico, oserà turbare la calma delle nostre operazioni.
Inesorabile giustizia colpirà i per turbatori dell’ordine, e gli attentati contro il nazionale Diritto saranno da me col massimo vigore repressi.
Concittadini, io confido nel vostro concorso: siamo fermi e concordi; e mostriamo all’Europa spettatrice che gl’Italiani sanno governarsi da sé medesimi e che, prima della vita e dei figli stessi, vogliamo salvo l’onore e la libertà.
Viva l’Italia! Viva l’Unione, la Libertà, la Indipendenza.

Parma, 8 agosto 1859.
GIUSEPPE MANFREDI.

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