Quintino Sella – Seconda parte

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Quintino Sella ministro e scienziato – Seconda parte

Categoria: Saggi biografici

La presa di Roma

Fu mentre era in carica come ministro che scoppiò la guerra franco-prussiana, rispetto alla quale l’Italia rimase neutrale nonostante il desiderio del sovrano di entrare in guerra al fianco della Francia, in tal senso il sovrano venne sollecitato dall’imperatore francese dopo la sua sconfitta del 6 agosto a Worth tramite un telegramma e in generale dal rappresentante francese barone de Malaret, tesi accolta dal sovrano italiano che pensò di inviare, tramite il Moncesinio, 60.000 soldati italiani in appoggio di Napoleone III.
Questa tesi interventista venne contrastata da Sella che si scontrò con il re che lo accusò di avere una visione gretta delle cose. Questa decisione però alla fine si rivelò essere utile per procedere con l’unificazione del paese, tesi sostenuta dallo stesso Sella che non era però disponibile ad azioni che contraddicessero gravemente la sua linea di risanamento finanziario, Lanza e Sella non accettarono di stanziare i fondi richiesti dal ministro della Guerra, generale Govone, che in un discorso al Senato aveva richiesto uno stanziamento di 350 milioni di lire, dimostrandosi disposti solo ad uno stanziarne 40 milioni (anche il generale Cialdini attaccò in Senato la politica di Sella).
Fu maggiormente disponibile ad intervenire su un piano politico, lui intervenne durante una riunione del Comitato ristretto della Sinistra formato dai deputati Bertani, Cairoli, Crispi, Fabrizi e Rattazzi, che voleva inviare un manifesto alla nazione sulla questione romana e far dimettere in massa dei deputati per protesta contro l’approvazione avvenuta il 20 agosto (214 voti contro 152), la discussione si era aperta il 16, di un o.d.g. da lui stesso presentato che prevedeva che il governo si fosse adoperato per “risolvere la questione romana secondo le aspirazioni nazionali”, formulazione ritenuta troppo debole. Sella li persuase a non agire in tale maniera annunciando che lui stesso avrebbe lasciato il governo se non avesse agito coerentemente con la mozione.
Venne anche contattato dal Comitato dei Quindici che voleva richiedere a Bismarck aiuti e armi per trovare la soluzione alla questione romana ritenendo che in caso di mancata azione da parte delle istituzioni la questione sarebbe stata risolta un’azione delle forze repubblicane appoggiate da Garibaldi e probabilmente sarebbe stata fonte di una sommossa, ma dichiarò di non poter intervenire a causa delle esitazioni di Lanza.
Sella e Castagnola, dopo che era giunta la notizia della sconfitta francese a Sèdan, presentarono senza successo il 3 settembre al Consiglio dei Ministri la proposta di procedere all’immediata occupazione di Roma: Fu solo il giorno successivo che venne approvata, con loro voto contrario, l’occupazione dei Domini pontifici ma non della città di Roma, la cui occupazione venne approvata all’unanimità solo il 5 dopo che in Francia era stata proclamata la repubblica, consentendo il 6 all’Italia di denunciare la convenzione di settembre.
L’occupazione della città era da lui profondamente condivisa come traspare dalla lettera inviata a Minghetti il 21 settembre:

Siamo finalmente a Roma! Grande, grandissimo avvenimento. Io so che tu [Minghetti] partecipi ai nostri palpiti e so che sei stato il più efficace consigliere per decidere Emilio [Visconti Venosta] a superare le sue titubanze, le quali a dir lo vero non furono e non sono poche. Io ti ringrazio quindi vivissimamente dell’aiuto capitale che desti a coloro i quali come me vedono in Roma il fata trahunt. Son certo che tu sarai pure d’avviso che ora bisogna andare fino in fondo e portare anche in Roma la capitale dando naturalmente al Papa tutte le guarentigie che Cavour, Ricasoli, tu e tutti gli uomini più eminenti d’Italia hanno escogitato. Il motto Roma è nostra fu una scintilla elettrica che corse da un capo all’altro d’Italia eccitando un entusiasmo profondo. Anche Firenze fu ammirabile. Tu devi anche essere lieto. Per gli autori della convenzione del Settembre 1864 è anche splendido trionfo. Senza la vostra politica ci sarebbe forse ancora la bandiera francese.[1]Quazza G., Quazza M., Epistolario di Quintino Sella: 1870-1871, pag.188.

Dopo la conquista della città di Roma[2]Resa possibile grazie anche al crollo del regime di Napoleone III in Francia, in seguito alla guerra con la Prussia. Al riguardo Sella si oppose all’intento del re di intervenire nel conflitto … Continue reading sostenne l’adozione della legge delle Guarentigie del papa (un primo progetto era già stato elaborato da Cavour quando aprì le trattative con il papa nel 1860); di questa norma, assieme a Righi e ad altri deputati di tutti gli schieramenti, condivideva la prima parte, “Delle prerogative del Sommo Pontefice della Santa Sede”, gli articoli da 1 a 14 della norma discussi dal 3 al 16 febbraio, ma non la seconda parte, “Relazione della Chiesa collo Stato in Italia”, articoli dal 15 al 20 discussi dal 9 al 21 marzo, ritenendo opportuno il suo stralcio e un rinvio della stessa alla commissione che la aveva esaminata per una revisione che rispettasse il principio della separazione tra Stato e Chiesa.
Alla fine, la norma nel suo complesso, venne approvata il 21 marzo alla Camera (185 voti a favore e 106 contrari) e il 2 maggio al Senato (105 voti favorevoli e 20 contrari) ma in una forma modificata in taluni aspetti marginali, fatto che però richiese una nuova votazione della Camera, avvenuta il 9 maggio (151 voti contro 70), divenendo il 13 legge n. 214, “legge per le guarentigie delle prerogative del Sommo Pontefice e della Santa Sede e per le relazioni dello Stato con la Chiesa”[3]Il testo della normativa: Testo della Legge sulle Guarentigie, e venendo pubblicata il 15.
Fu sempre lui ad accompagnare nella città, colpita da un’esondazione del Tevere, il re Vittorio Emanuele II (1820-1878) il 30 dicembre 1870 nella sua prima visita nella nuova capitale del regno, convincendolo anche a pernottare al Quirinale[4]In seguito quando il sovrano vi si trasferisce stabilmente, Sella si oppone al progetto di farvi trasferire anche Rosina Vercellina, l’amante e poi sposa morganatica del sovrano, una simile … Continue reading.
Dopo il trasferimento della capitale da Firenze a Roma si interessò del riassetto urbanistico cittadino appoggiando la costruzione della città dei ministeri lungo l’asse da Porta Pia al Quirinale (futura via XX Settembre), in modo da non distruggere il centro storico, tesi che venne accolta “più per la sua autorità che per la giustezza del principio” e venne formalizzata nel novembre del 1871 con l’adozione del piano di sviluppo cittadino. Questo comportava la concentrazione dei ministeri lungo la via XX Settembre che diveniva così “l’asse amministrativo della nuova capitale, collegando col Quirinale – sede del re – vicino alla stazione e ai nuovi quartieri di de Mérode e dei successivi impresari privati”[5]Insolera, Roma moderna, pag.17. ma solo fin quando durò l’influenza di Sella, dopo i ministeri iniziarono a essere costruiti in varie parti della città senza continuità.
Al riguardo però di questa decisione di concentrare i ministeri Insolera osserva, parlando dei membri della prima giunta di Roma Gori Mazzoleni che aveva acquistato tenute ecclesiastiche per 5.625 ettari e Vincenzo Tittoni (membro anche della seconda giunta) che ne aveva acquistati 1.706 che “questi antesignani della speculazione fondiaria romana [erano] già collegati con chi in definitiva manovrava i soldi dello Stato: il Tittoni era in rapporti diretti con il Sella e ciò obbliga ad un ripensamento sui criteri con cui questi impose l’ubicazione dei grandi ministeri.”[6]Insolera, Roma moderna, pag.14.
Si occupò anche della definizione dei piani per il suo sviluppo, sostenendo la necessità crearvi un polo scientifico ma si oppose al progetto di tramutarla in una città industriale come dichiarò nel 1876, a causa delle preoccupazioni derivanti dalla recente Comune di Parigi, Sella infatti dichiarò:

In una soverchia agglomerazione di operai in Roma io vedrei un vero inconveniente, perché credo che qui il luogo dove si debbono trattare molte questioni che vogliono essere discusse intellettualmente, che richiedono l’opera di tutte le forze intellettuali del paese; ma non sarebbero opportuni gli imperi popolari di grandi masse di operai … io penso che debbasi spingere la produzione e il lavoro, sotto tutte le forme, nelle altri parti del regno.[7]Vidotto, Roma contemporanea, pag.68-9.

Il suo coinvolgimento nel piano di sviluppo della città, che comprendeva per Sella anche la gestione delle rovine di Roma e lo scavo di complessi monumentali antichi per la loro valorizzazione anche perché questi erano portatori di una memoria laica da anteporre a quella clericale, continuò anche successivamente e giunse a fargli svolgere la funzione di relatore della legge per il concorso dello Stato nelle opere edilizie della città di Roma, norma dibattuta nel parlamento dall’8 al 18 marzo del 1881. Tra i vari interventi previsti e che sostenne vi fu ad esempio il collegamento tra Termini e il quartiere ai Prati di Castello, “congiunzione che deve aver luogo mediante una larga via dove si possano applicare i regoli in ferro” [le rotaie per il tram]. Fu in questa sede che venne discussa anche la creazione di un’Accademia delle scienze dotata di una grande libreria, sul modello della British Library. La norma però venne criticata ed accusata di essere uno strumento utile ad accentrare a Roma potere e risorse, accusa alla quale il relatore risposte che la stessa commissione della Camera che aveva esaminato la norma “non sente affatto l’ambizione di una capitale troppo grande, e tanto meno desidera accentrare in essa quella vita che per esser sana, durevole e feconda, vuole essere diffusa per tutta Italia”[8]Vidotto, Roma contemporanea, pag.75..
Per lui gli interventi migliorativi erano necessari anche alla luce della grandezza dell’antica Roma e di un sostanziale debito di riconoscenza verso di lei, così si espresse: “chi dunque ci ha fatto quali siamo, chi s’impegnò a volere una patria? Roma, nient’altro che Roma … tutto ciò che sappiamo, tutto ciò che pensiamo, tutto ciò che sentiamo in fatto di patriottismo, lo dobbiamo all’antica Roma …”[9]Vidotto, Roma contemporanea, pag.76..
Tutto questo dibattito sugli interventi, secondo Vidotto, “mise in luce l’assenza di un progetto complessivo per Roma che andasse al di là del tributo alle memorie o degli investimenti in singoli edifici e istituzioni, contrassegnati talora da un forte profilo simbolico … Il confronto con altre realtà europee ed extraeuropee era condotto sul versante della spesa – per dimostrare che all’estero si era speso di più – e non su quello del disegno urbano e della qualità edilizia.”[10]Vidotto, Roma contemporanea, pag.77..
Un altro fronte di intervento seguito alla presa della città fu l’adozione della legge sulle corporazioni a Roma, approvata il 27 maggio 1873, e che assegnò alla Santa Sede una rendita annua di 400 milioni di lire per mantenere le rappresentanze degli ordini religiosi con sede all’estero.

L’attività di risanamento del bilancio statale

Il suo appoggio e lo sforzo da lui profuso in favore dell’occupazione di Roma lo resero più gradito agli esponenti della sinistra: questi però nel 1873 lo attaccarono ancora, con durezza, a causa della sua contrastata politica economica (per ottenere il denaro necessario al rafforzamento dell’esercito proponeva l’adozione di inasprimenti fiscali), riuscendo a causarne le dimissioni nella primavera e la caduta del governo.
Il 5 aprile del 1873 presentò alla Camera una proposta di legge per l’adozione di inasprimenti fiscali, già respinta nel 1872, e rese pubblica la sua intenzione di riprendere le parti bocciate delle legge “omnibus” e di ripresentarle, per ottenere l’affidamento dei servizi di Tesoreria alle banche di emissione.
Gli inasprimenti fiscali servivano a garantire il progressivo rientro del deficit del bilancio statale, pur consentendo l’adozione della riforma dell’esercito proposta dal ministro Ricotti Magnani, oltre ad un aumento degli stipendi degli impiegati statali.
Questa norma, molto controversa, venne discussa in giugno quando Sella cercò di ottenerne l’immediata discussione presso la Camera, con l’opposizione di Minghetti e di parte della destra. Si giunse al 23 giugno quando un o.d.g. Boncompagni, approvato dal governo, che proponeva l’immediata discussione della proposta, come richiesto da Sella, venne respinta con 157 voti contrari (90 deputati della sinistra e 67 della destra), 86 favorevoli ed un astenuto (257 deputati erano assenti). Questo condusse alla caduta del governo Lanza, già il giorno prima del voto il re aveva incaricato Minghetti di formare il governo nel caso la votazione fosse stata avversa. Il mese successivo, in luglio, la norma venne sottoposta allo studio di un’apposita commissione che procedette ad alcune modifiche tra cui l’elevazione della quota di utili dello Stato e la riduzione della durata del monopolio privato a quindici anni.
L’anno successivo, in vista delle elezioni politiche, il 4 ottobre Minghetti tenne a Legnano un discorso nel quale annunciò la preparazione di progetti di legge per il risanamento della finanza pubblica, questi però vennero accettati solo parzialmente da Sella che pur accettando di massima il al programma minghettiano, continuò a sottolineare la necessità di limitare le spese solo a quelle “ben necessarie” e di evitare aggravi fiscali. Il 18 ottobre tenne al riguardo un discorso ai suoi elettori a Bioglio (Biella) e avanzò varie riserve sul programma finanziario di Minghetti e critico con durezza la sua politica ecclesiastica e verso i cattolici militanti, paventando la minaccia della reazione clericale.
Questa sua analisi lo portò a non condividere l’ottimismo di Minghetti rispetto alla possibilità di favorire tramite l’adozione di una politica di concessioni nella spesa pubblica, la nascita di gruppi “intermedi” aperti ad un accordo con il governo: “Io non mi fido della Sinistra per ciò che riguarda la questione finanziaria …. In sostanza, di regola generale, votò le spese; trovò anzi che non si spendeva abbastanza. …. Per contro, di regola, non votò le imposte”[11]Berselli, Il governo della Destra. Italia legale e Italia reale dopo l’Unità, pag.536..
Per Sella, come Luzzatti e Spaventa, quindi il compito principale da svolgere era quello di risanare il bilancio e di favorire l’intervento statale nei campi economico e sociale, costituendo lo stesso una “forza di razionalizzazione etica di interessi privati, la cui somma spesso non era ritenuta sufficiente a garantire l’interesse collettivo”[12]Cammarano, Storia dell’Italia liberale..
Il 17 marzo 1875 votò a favore, durante la votazione per appello nominale, ad una legge che introduceva un aumento della tassa di registro sugli atti immobiliari, presentata da Minghetti al posto di quella sulla nullità degli atti non registrati che era stata bocciata nel 1874. Questa nuova legge ricevette 182 voti a favore, 165 contrari e 2 astenuti.
Vista la risicata maggioranza Minghetti si accordò con Sella per ottenerne l’appoggio alle sue proposte di legge in materia finanziaria ma nonostante questo non riuscì a rinforzare il governo da lui guidato e che alla fine cadde il 25 marzo 1876. Vari esponenti della destra non lo appoggiavano e lo stesso Sella (questi era contro il ministro di Giustizia Cantelli, di cui sollecitava la sostituzione, e assieme alla destra piemontese sollecitava il rinvio di una proposta di legge per l’introduzione di norme speciali contro la malavita siciliana), assieme ai deputati a lui vicini, era visto da Nicotera sin dal 1875, come potenziale interlocutore per la formazione di una nuova maggioranza alternativa a quella attuale e formata da esponenti della destra e della sinistra meridionale (in questa ottica si deve inserire il fatto che lo stesso Sella sostenne la tesi dell’indipendenza del governo dai partiti in un discorso alla Camera del 19 maggio 1871 durante il quale dichiarò che il ministro era indipendente dal partiti, ipotesi che legittimava la formazione di maggioranze parlamentari anche trasversali), strada sulla quale continuò anche dopo il famoso discorso di Stradella di Depretis dell’11 ottobre 1875[13]Il testo del discorso si può trovare al seguente indirizzo: Testo del discorso di Depretis. e poi ancora nel 1877, dopo che nel governo Depretis si verificarono attriti a causa della nuova convenzione ferroviaria con la società Meridionale, non approvata neanche da Sella che infatti, verso il 1876-77 si era riavvicinato a Cairoli, facilitò la formazione del suo governo il 24 marzo 1878, nel quale entrarono uomini accettati dalla Destra e dal sovrano, questo appunto per poter bloccare la politica seguita da Depretis in materia di ferrovie.
Il 28 novembre 1876 Crispi, allora presidente della Camera, procedette a far esaminare dalla stessa una legge sull’imposta fondiaria a cui Sella attribuiva grande rilevanza. La legge venne discussa solo dai pochi deputati presenti, molti degli iscritti per intervenire erano assenti e Crispi, dopo che era trascorsa l’ora d’apertura delle discussioni, dichiarò chiusa la stessa e passò all’esame degli articoli, procedura che fu causa delle proteste di Sella.
Per quanto riguarda specificatamente il settore ferroviaria quando ricoprì cariche ministeriali patrocinò il riscatto delle ferrovie, iniziò nel 1873 quando il governo Lanza-Sella aprì le trattative per il riscatto della Società per le strade ferrate romane con l’intento di cederle poi alla società Meridionale, a causa del costo eccessivo del loro salvataggio, che si conclusero con una convenzione firmata il 17 novembre dal nuovo governo. Questa convenzione e una seconda con la Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali vennero presentate nel 1874 alla Camera che però approvò solo alla prima, giudicando troppo costosa e non utile la seconda. Fu quindi anche grazie a Sella, il 14 giugno 1875, che vennero approvate quando lui presiedette la commissione che le approvò a maggioranza.
Dopo queste vennero riscattate le ferrovie dell’Italia settentrionale e della Società delle ferrovie romane, effettuato con la convenzione di Basilea del 17 novembre 1875 firmata appunto da Quintino Sella (a lui venne affidato il compito di tenere le trattative, i primi contatti in tal senso li ebbe già nel 1872, ritenendo importante che fossero sotto controllo italiano le importanti reti ferroviarie che questa gestiva) e Alphonse Rothschild (1827-1905), con la quale il governo italiano acquistò il materiale rotabile della Società per le Ferrovie dell’Alta Italia impegnandosi a pagare 712 milioni di lire alla Südbahn, la società ferroviaria austriaca che gestiva le ferrovie del Lombardo-Veneto (110 milioni in contanti e 80 annualità da 33 milioni l’una, soggette all’imposta sulla ricchezza mobile ed infine 13 annualità da 13 milioni l’una). La questione del pagamento della imposta sulla ricchezza mobile causò altri problemi che portarono Sella a recarsi a Vienna per le trattative e alla firma di un accordo accessorio, il 25 febbraio 1876 ancora con Alphonse, che fissava a 3,5 milioni le ritenute su ciascuna annualità da 33 milioni; questo spianò la strada alla firma, avvenuta il 29 febbraio, del trattato per la separazione della rete ferroviaria italiana da quella austriaca, firmato da Sella e dal Ministro degli esteri conte Gyula Andrássy.
Avvenuto il riscatto però la questione non era ancora chiusa, si doveva decidere l’affidamento della gestione; secondo Sella, come scrisse in una lettera inviata a Spaventa il 7 ottobre 1875, era necessario “che se il riscatto dell’A.I. [le ferrovie dell’Alta Italia] riesce, allora è naturale che si dica alle Meridionali: gli avvenimenti hanno precipitato il loro corso: la avocazione delle ferrovie al governo che era due anni fa da mostrarsi opportuna per il giorno in cui avesse facoltà di riscattare l’A.I. cioè fra 20 anni, è da farsi oggi, in cui il governo riprende le ferrovie dell’A.I. la ragione del discorso che si farebbe alle Meridionali sarebbe evidentissima. Niuno crederebbe alla possibilità di fare approvare il contratto colle Meridionali dal Parlamento. Se contemporaneamente esso potesse disporre in modo assoluto delle Romane e dell’A.I. la ragione di mutamento di sistema sarebbe pure evidente davanti al pubblico e davanti alla Camera.”[14]Quazza G., Quazza M. (a cura di), Epistolario di Quintino Sella Volume V, pag.153..
Alla fine, il 15 febbraio 1876, venne firmata la convenzione con la società Meridionale, il governo si sobbarcò l’attivo e il passivo della società dando agli azionisti una rendita consolidata.
Fu tra i più prestigiosi esponenti della Destra storica e si mise in luce per la sua cultura sia nelle materie scientifiche che umanistiche, raggiunse l’apice della sua carriera politica il 6 maggio 1876 quando, durante una riunione di 117 deputati della destra in cui lo stesso Marco Minghetti (1818-1886) con un suo discorso espose il suo operato, sostanzialmente venne investito della guida di quest’area parlamentare. In giugno a Roma venne anche creato un comitato per l’organizzazione delle associazioni locali legate all’area liberale nazionale per coordinarne l’attività, e da lui presieduto, in vista delle elezioni politiche (in questo periodo anche il giornale romano “l’Opinione” inizio ad appoggiarlo).
Anche dopo l’avvento al potere della Sinistra storica, avvenuto appunto con la formazione del primo governo guidato da Agostino Depretis (1813-1887) nel marzo del 1876, continuò l’attività politica. Sella stesso in ottobre lo elogiò apprezzando parte del suo programma e dichiarò anche che non avrebbe condotto un’opposizione fine a se stessa[15]Seton-Watson, L’Italia dal liberalismo al fascismo 1870-1925, pag.55..
Non ricoprì più cariche ministeriali nonostante gli sforzi da lui compiuti per formare, come visto, un ministero con Giovanni Nicotera (1828-1894) e la Sinistra moderata, tra il giugno e il luglio del 1879 e nuovamente il 14 maggio del 1881 quando ricevette l’incarico del re dopo la fine del governo Cairoli (Sella rappresentava “il trai d’union fra l’antica e la nuova destra: ammiratore della cultura tecnica germanica e della via tedesca all’industrializzazione, egli avallò poi la strategia di coloro che intendevano fare di quella cultura e quel tipo di economia la base anche di un diverso tipo di Stato e ‘mettevano apertamente in discussione, di fronte a quella che già pareva una crisi delle istituzioni rappresentative, i modelli di organizzazione politica ai quali ci si era rifatti al momento della costituzione dello Stato unitario'”, come riporta “l’Opinione” del 17 agosto 1881[16]Capone, Destra e sinistra da Cavour a Crispi, pag.365.) con l’intento di imporre una svolta più orientata verso destra della politica parlamentare coinvolgendo anche il centro e i moderati (tentò di formare anche, con Nicotera, un partito liberal-moderato), fallì però grazie all’accordo delle varie anime della sinistra che vi si opposero (si era già opposta in aprile a tale ipotesi dopo che il governo Cairoli era andato in minoranza ad una votazione sulla discussione della politica estera).
Dai banchi dell’opposizione, nei quali era ormai relegato, si oppose nel 1882 alla riforma elettorale di Depretis (questa portava gli elettori a circa 2.000.000, il 6,9% della popolazione rispetto al 2,2% della norma precedente), ritenuta da lui non necessaria.
In questi anni collaborò alla rivista fiorentina, sorta nel 1878, La rassegna settimanale di politica, scienze, lettere ed arti, fondata da Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino (vi scrivevano anche Zanardelli, Cavallotti, Luzzatti, Carducci).

Attività scientifica

Oltre all’attività politica svolse un’ampia attività di studi dando rilevanti contributi nel campo della mineralogia, contribuendo allo sviluppo della cristallografia morfologica, della chimica descrittiva e studiando varie specie minerali, delle quali alcune nuove. Valorizzò i giacimenti minerari sardi incrementandone così lo sviluppo e inventò la cernitrice elettromagnetica per la miniera di Traversella, apparecchio che serve a separare la magnetite dalla pirite cuprifera (la brevettò nel 1855 ottenendo l’Attestato di privativa n. 98 per un periodo di 15 anni). Per le sue ricerche nel campo della cristallografia gli è stato intitolato il minerale sellaite (un fluoruro di magnesio da lui descritto per la prima volta nel 1868). Si occupò inoltre dei principi geometrici del disegno e specialmente dell’assonometria.
A testimonianza dei suoi studi e del suo interesse per l’istruzione tecnica-scientifica (nel 1867 promosse la creazione dell’Istituto tecnico industriale a indirizzo minerario ad Agordo in valle Imperina) pubblicò varie opere di argomento scientifico tra cui:

  • Quadro delle forme cristalline dell’argento rosso, del quarzo e del calcare (Paravia, Torino, 1856)
  • Studî sulla mineralogia sarda fatti nel 1855 (Accademia delle Scienze di Torino, Torino, 1857)
  • Sulle proprietà geometriche di alcuni sistemi cristallini (“Il Nuovo Cimento”, 19 luglio 1858)
  • Sulle forme cristalline di alcuni sali di platino e del boro adamantino (Stamperia Reale, Torino, 1857)
  • Teorica e pratica del regolo calcolatore (Stamperia Reale, Torino, 1859)

Al riguardo però si deve osservare che non riteneva l’istruzione tecnica come l’unica rilevante, quando ricoprì la carica di ministero della Pubblica Istruzione (dal 17 maggio al 5 agosto 1872 fu ministro ad interim) il 9 giugno tenne un discorso alla Camera ove delineò la sua filosofia educativa: “… sebbene i miei studi siano stati tutti nel campo delle scienze così dette positive, tuttavia ritengo essenziale, essenzialissimo per una nazione civile, il mantenere fiorenti gli studi classici; e crederei perciò che il lasciarli nell’abbandono segnerebbe la decadenza intellettuale dell’Italia”[17]Discorsi parlamentari di Quintino Sella, pag 73..

Nel 1870, nel 1875 e nel 1877 venne eletto consigliere nazionale della Società Geografica Italiana (SGI), alla cui fondazione avvenuta a Firenze nel 1868 prese parte (fu uno dei 163 soci fondatori); in questa veste entrò anche a far parte della Commissione incaricata di coordinare gli studi relativi al congresso geografico internazionale che si sarebbe dovuto svolgere nel 1875 a Parigi; dal 1862 aderì alla Società Dante Alighieri.
Divenne socio nazionale dell’Accademia dei Lincei dal 1872 (era già socio dell’Accademia delle Scienze di Torino[18]Quintino il 5 maggio presentò presenta all’Accademia delle Scienze di Torino un testo di Venanzio Sella, su fratello, intitolato Nuovo procedimento fotografico, in cui presentava parte delle … Continue reading dal 7 dicembre 1856, qui lesse alcune sue memorie sulle forme e proprietà dei cristalli) e poi, dal 1° marzo 1874, presidente della stessa, insediandosi effettivamente il 7 giugno 1874.
Durante la sua presidenza patrocinò la nomina a socia dell’archeologa Ersilia Caetani Lovatelli, oltre a favorire l’ingresso di soci stranieri, tra cui August W. Hofmann, il fisico e matematico Hermann von Helmholtz, Charles Darwin, Thomas Huxley e William Gladstone nella Classe di Scienze morali e politiche.
Durante la sua presidenza procurò all’ente quella che divenne la sua sede definitiva, il palazzo Corsini a Roma che venne acquistato da don Tommaso Corsini, duca di Casigliana (1835-1919). Il 14 febbraio 1875 venne promulgato il nuovo statuto con il quale venne istituita la Classe delle Scienze Morali e Filosofiche (come Sella aveva comunicato al fratello Venanzio già nel giugno 1871, prima era dotato di una sola classe di discipline scientifiche) e approvato l’aumento della dotazione annua. Questo si ricollega al suo desiderio di fare della nuova capitale “un grande centro scientifico internazionale (issando trionfalmente la bandiera del positivismo e del progresso sulle rovine del potere temporale dei papi facendo così di Roma una “capitale universale della scienza laica”[19]Turi, Lo Stato educatore, pag.30.), con una serie di accademie e scuole, istituti di chimica, fisica e biologia, giardini botanici e centri per le arti”[20]Duggan, La forza del destino, pag.278., questo avrebbe consentito di unire gli italiani verso un fine unico, ovvero “la lotta per la verità contro l’ignoranza, contro il pregiudizio e contro l’errore”, ed avrebbe anche suscitato nei desideri di Sella “la stessa unanimità che si trova nei giorni di combattimento per la difesa della Patria”[21]Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, pag.203. come dichiarò il 19 dicembre 1880 all’Assemblea dell’Accademia dei Lincei. A questa azione affiancò vari interventi per cercare di favorire lo sviluppo delle facoltà scientifiche presso l’Università romana, ma senza grande successo perché questo disegno non poggiava su alcuna tradizione locale.
Già in precedenza, nel 1871, quando lo storico della Roma antica Theodor Mommsen (1817-1903) gli aveva prospettato il rischio che la fine del potere temporale del papa a Roma potesse implicare una perdita del carattere cosmopolita della città e chiedendogli “cosa intende fare per Roma? Questo ci inquieta tutti: a Roma non si sta senza avere propositi cosmopoliti”[22]Villari, Bella e perduta., Sella osservò che la soluzione sarebbe stata portata dalla scienza che avrebbe conferito al paese un nuovo universalismo necessario a rompere con il passato ed a partecipare attivamente e in un ruolo di primo piano al benessere dell’umanità[23]Vidotto, Roma contemporanea, pag.42-43.. Lui credeva, come dichiarò in un discorso alla Camera “che se vi è importante che vi sia qui la discussione delle idee moderne, anche le più ardite, che avvenga qui il cozzo di teorie, delle opinioni scientifiche, onde da questo urto emerga la luce. E niuno vorrà negare, io credo, che siano appunto le scienze sperimentali quelle che, danno luogo a criteri scientifici, che meglio giova sviluppare in Roma.”[24]Giardina, Vauchez, Il mito di Roma, pag.191., per questo sosteneva anche la necessità di escludere dalla stessa le classi operaie facendole intraprendere un percorso diverso da quello di Londra e Parigi perché “In una soverchia agglomerazione di operai in Roma io vedrei un inconveniente, perché credo che qui sia il luogo dove si debbano trattare molte questioni che vogliono essere discusse intellettualmente, che richiedono l’opera di tutte le forze intellettuali del paese, ma non sarebbero opportuni gli impeti popolari di grandi masse di operai. Crederei pericolosa o almeno non conveniente un’organizzazione di questa natura.”[25]Giardina, Vauchez, Il mito di Roma, pag.191-2..
In linea con questo progetto il 18 giugno 1872, alla Camera, richiese la costituzione a Roma di una Biblioteca Centrale, un Archivio Centrale, oltre all’affidamento di alcune cattedre universitarie a illustri studiosi come Luigi Cremona (1830-1903) a matematica, di Giovanni Strüver (1842-1915) a mineralogia, e l’insediamento in via Panisperna di laboratori sperimentali di fisica e chimica, poi affidati a Pietro Blaserna (1836-1918) e a Stanislao Cannizzaro (1826-1910).
Sulla questione dello sviluppo scientifico della nuova capitale tornò ancora vari anni dopo, il 18 marzo 1881, durante un discorso parlamentare tenuto mentre si discuteva dell’assetto della capitale e della legge speciale che doveva servire a dare alla capitale la stessa dignità e decoro di altre capitali europee, nel quale dichiarò:

Ora in questa situazione io credo, o signori, che l’Italia non solo è interessata per sé come nazione, ma ha un debito d’onore verso l’umanità: essa deve adoperarsi in tutti i modi perché appaia bene la verità, la quale risulta incontestabile dalle indagini scientifiche; la scienza per noi a Roma è un dovere supremo. Fuori i lumi! fari elettrici anzi devono essere; imperocché abbiamo a fare con gente che si chiude gli occhi e si tappa le orecchie … Dunque io dico: fuori i lumi! Questo deve essere il nostro intendimento, né solo a Roma, ma in tutto il paese …[26]Vidotto, Roma contemporanea, pag.42.

Purtroppo questo secondo Turi “si risolse in un mito di breve durata, incapace di gareggiare con l’idea della sua funzione come centro del cristianesimo” che era anche contraddittorio con il conferimento a Roma di un “ruolo di effettiva unificazione nazionale”[27]Turi, Lo Stato educatore, pag.30. a causa del “respiro cosmopolita” di entrambi gli elementi. Comunque quest’anno ottenne che il governo Depretis facesse assumere dallo Stato gli oneri finanziari degli interventi di riassetto urbanistico della capitale fatto che comportò la stesura di un piano urbanistico redatto da Alessandro Viviani ed adottato nel marzo del 1883.
Un altro campo dei suoi poliedrici interessi fu l’alpinismo[28]Un suo compagno in molte delle sue escursioni fu Corrado Lionello Nigra, figlio di Costantino. che si legava anche alla mineralogia (nel luglio del 1855 venne invitato alla Reale Accademia delle Scienze di Torino a presentare i suoi Studi sulla mineralogia sarda e l’anno successivo ne divenne membro). In questo campo fu membro della prima spedizione italiana (la terza in assoluto), insieme a Giovanni Barracco, ai fratelli Paolo e Giacinto Ballada di Di Saint Robert e tre guide alpine, che raggiunse la vetta del Monviso a quota 3.841 nell’agosto 1863 (la vetta venne raggiunta il 12, fu durante questa escursione che maturò l’idea di formare una organizzazione tra gli alpinisti del paese). Quello stesso anno quindi partecipò, il 23 ottobre, alla fondazione a Torino nel Castello del Valentino del Club Alpino di Torino (dal 1867 Club Alpino Italiano, CAI), assieme al ministro Cesare Ricotti Magnani e Luigi Vaccarone. Nel 1875 scalò il Monte Rosa[29]Il 29 agosto del 1981 vi viene inaugurato un rifugio a lui intitolato, Rifugio Quintino Sella. e nel 1877 il Cervino e infine, due anni dopo, giunse sulla vetta del Monte Bianco.
Fece inoltre parte del gruppo di promotori della Società Geologica Italiana, costituita a Bologna nel 1881 quando si svolge, in giugno, il Congresso Geologico internazionale alla cui preparazione Sella prese parte riunendo i maggiori geologi presso l’Accademia dei Lincei per organizzarne i lavori e qui appunto propugno la costituzione di tale società. Sempre nel campo della geologia Sella nel 1861 venne chiamato a far parte della commissione consultiva per la realizzazione di una carta geologica d’Italia, costituita in seguito alla proclamazione dell’unità d’Italia, con un decreto del 28 luglio voluto dal ministro Cordova. Questa commissione, di cui fecero parte anche Antonio Stoppani, Giovanni Capellini, Igino Cocchi, Giulio Curioni, Bartolomeo Gastaldi, Giuseppe Meneghini, Giovanni Omboni, Paolo Savi, Giuseppe Scarabelli, approvò l’assegnazione dell’incarico in questione al Consiglio Superiore delle miniere ampliato, come sostenuto da Sella. Il 28 settembre i geologi ottennero però che il Consiglio venisse trasformato in Consiglio superiore geologico-minerario, formato da due sezione, una tecnico-industriale e una geologica e che l’incarico di redigere la cartina fosse affidato a quest’ultima.
Sella venne quindi incaricato, in novembre, dal ministro di Agricoltura, Industria e Commercio Filippo Cordova di recarsi in Francia, Inghilterra, Belgio e Germania per studiare le locali carte geologiche e i metodi impiegati per la redazione, questo studio lo portò a proporre la redazione di due cartine, una in scala 1:50.000 e una in scala 1:500.000, proposta accettata con un decreto emesso il 12 dicembre 1861 (R.D. n. 408 octies Col quale è ordinata la formazione di una Carta geologica del Regno d’Italia) e con la nomina il 5 gennaio di Sella a direttore del Comitato geologico (questi studi portarono alla pubblicazione nel novembre del 1862 della sua relazione intitolata Sul modo di fare la carta geologica del Regno d’Italia relazione del commendatore Quintino Sella al Sig. Comm. Cordova ministro di Agricoltura, Industria e Commercio). Successivamente nel 1862, quando divenne ministro delle Finanze nel governo Rattazzi, sostanzialmente vanificò tutto questo a causa delle restrizioni nel bilancio che crearono innumerevoli problemi per la realizzazione del progetto la cui guida Sella stesso abbandonò in marzo.
Anche nell’ambito politico operò per dare impulso agli studi scientifici: nel 1872 presentò in Parlamento i progetti dei nuovi istituti universitari di Fisica, Fisiologia e Chimica da costruire nell’antica vigna di Panisperna al Viminale; sempre quest’anno iniziarono i lavori di ristrutturazione e adattamento dell’ex convento di San Lorenzo in Panisperna per insediarvi l’Istituto di Chimica e di Farmacia mentre nel 1877 iniziò la costruzione dell’Istituto di Fisica, che terminò nel 1880. Tutto questo si spiega, secondo Chabod, con il fatto che Sella desiderava “farne [di Roma] un grande centro di cultura e di scienza”[30]Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, pag.203..
Nel 1873 previde la costruzione del Museo Geologico a S. Susanna (Roma), inaugurato il 3 maggio 1885 e costruito ove sorgeva l’ex convento di S. Maria della Vittoria. Sempre nel settore scientifico si occupò di organizzare e raggruppare nel 1876, in Palazzo Carignano a Torino, i musei di Zoologia, Mineralogia e Anatomia comparata, costituiti dalle antiche collezioni universitarie.
Questo museo era solo una parte, quella che venne effettivamente realizzata, del progetto ben più ampio per l’insediamento del Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio nell’edificio costruito dall’architetto Raffaele Canevari, ove si sarebbe dovuto insediare anche un “Ufficio Geologico” dipendente dal Ministero ed istituito per realizzare con la direzione del Corpo Reale delle Miniere la carta geologica d’Italia. Anche in qualità di deputato si occupò delle miniere (nel 1869 andò in Sardegna come membro di una Commissione incaricata di esaminare la situazione delle locali miniere), nel 1871 presentò alla Camera una relazione da lui redatta per l’inchiesta parlamentare sulle condizioni delle miniere sarde. La discussione ebbe anche ricadute esterne, aprì un dibattito presso la Società Italiana di Economia Politica[31]Società fondata a Firenze nel 1868. di Fedele Lampertico, ove Sella, assieme a Luzzatti, sostennero la tesi favorevole ad anteporre lo sviluppo della produzione ad una difesa assoluta e rigida del diritto di proprietà, dimostrandosi favorevoli all’unificazione a livello nazionale della normativa nel settore minerario secondo la normativa vigente nel Regno di Sardegna, questo però fu causa di forti proteste da parte toscana e meridionale conducendo lo stesso Sella, in parlamento, negando che fosse intenzione del governo di cui era parte quella di estendere la normativa suddetta. Questa diatriba fu causa di una netta frattura all’interno della Società di Economia Politica che si divise in due correnti nettamente distinte e perse il suo precedente peso politico.
In quegli stessi anni di sviluppo e modifica di Roma, dal Consiglio comunale venne deliberata la costruzione del Palazzo delle Esposizioni lungo via Nazionale, edificato fra il 1878 e il 1882, sede di mostre artistiche ed esposizioni industriali.
Durante la sua vita non dimenticò però la sua città natale ove operò per rafforzare il blocco dei laici moderati. Qui patrocinò assieme al fratello Venanzio la fondazione, avvenuta il 27 ottobre 1869, di una scuola industriale per la tessitoria e la tintoria[32]La scuola diviene poi Istituto Tecnico Industriale Statale “Quintino Sella” ed infine Istituto di Istruzione Superiore “Quintino Sella”. (già nel 1862 a Biella erano state aperte, per sua iniziativa, le Scuole Tecniche Professionali), una delle prime del genere in Italia (prima esisteva una scuola d’arti e mestieri fondata da monsignor Losana nel 1838), e ne assunse anche la presidenza dalla fondazione fino al 1884, l’anno della morte; diede inoltre il suo appoggio alla creazione (era un membro del Comitato promotore), avvenuta il 25 settembre 1869, della Banca Biellese, con un capitale sociale di un milione di lire, di cui Venanzio divenne anche il primo presidente[33]Uno dei fondatori assieme ai due Sella fu Giovanni Lanza.. Questa banca era stata fondata per agire da supporto alle aziende locali nel settore del commercio, dell’industria e dell’agricoltura, dopo il rifiuto da parte della Banca Nazionale, sollecitata da Quintino, di aprire una sua succursale nella città (la Banca Sella venne fondata nel 1886 da Gaudenzio Sella, figlio di Venanzio Sella, fratello di Quintino).
Sempre a Biella si interessò dell’apertura di una biblioteca, la città non ne era ancora dotata, facendo una proposta in tal senso al sindaco Tommaso Ferrero della Marmora il 19 ottobre del 1873 e poi donando per la stesa 2.355 voluti della sua biblioteca personale, alla fine il comune approvò l’11 febbraio 1874 la sua istituzione e nel novembre del 1879 venne aperta al pubblico.
Sella morì nella sua città, Biella, il 14 marzo 1884 e venne sepolto nel cimitero monumentale del Santuario di Oropa, posto a più di 1.000m. Il monumento funebre a lui dedicato è costituito da una piramide di sienite, progettata da Carlo Maggia.

Il Codex Astensis

Durante la sua eclettica vita ricoprì anche la carica di ambasciatore italiano a Vienna: in questa veste nel febbraio del 1876 trovò e riconobbe nell’archivio di corte dell’imperatore austriaco Francesco Giuseppe (1830-1916) un Codex Astensis detto Malabayla (un codice miniato redatto verso la meta del XIV secolo), scoperto nel 1845 a Mantova e poi trasferito presso la corte viennese. Sella si accordò con l’archivista Alfred d’Arneth per ottenere copia dell’indice dei documenti. In seguito però il ministro degli esteri Gyula Andrassy (1823-1890), con il consenso dell’imperatore, offrì il manoscritto all’ambasciatore italiano in dono, sostenendo che il posto del Codice era ad Asti, di cui il manoscritto aveva conservato i ricordi gloriosi. Il manoscritto venne pubblicato nel 1880 dalla Regia Accademia dei Lincei[34]L’opera è disponibile online al seguente indirizzo: Codex Astensis a cura di Sella e con la collaborazione dell’archivista Pietro Vayra e poi donato, dopo la morte di Sella, al comune di Asti dai suoi eredi l’11 settembre del 1884.

Post Mortem

A Roma il 9 aprile 1893 venne inaugurato un monumento dedicato a Sella, in via XX Settembre, la ex via Pia (la zona della città in cui desiderava venisse indirizzata l’espansione urbana e ove aveva dato il via alla costruzione della nuova sede del ministero delle Finanze), opera di Ettore Ferrari (1845-1929), opera realizzata in bronzo e granito di Biella.
Il progetto iniziale di costruirlo venne presentato alla Camera il giorno successivo alla morte di Sella, ossia il 15 marzo del 1884. Nello stesso anno venne nominata una commissione per redigere il programma del concorso e che assegnò i lavori al Ferrari, che li iniziò nel 1886. Tra il 1926 e il 1927 il monumento venne traslato in via Cernaia, a causa dei lavori per il nuovo percorso della tranvia.
Il monumento è costituito da una base cruciforme a gradini sormontato da un piedistallo su cui è addossata la statua in bronzo raffigurante la Legge, una figura femminile, avvolta in un mantello. Seduta su un trono di granito, ha il capo coronato da una raggiera e tiene nella mano destra un bastone su cui è posta la civetta di Minerva. A sinistra, la statua è affiancata dalla figura in bronzo di un fanciullo nudo, simboleggiante il Genio della Finanza, con in mano un libro su cui corre la scritta “Finanze”. Alla sommità del piedistallo vi è la statua bronzea dello statista mentre incede con la mano destra sul petto e con alcune carte nella sinistra. Sempre a Roma, gli è stata dedicata una lapide in via Nazionale.
A Biella nella Piazza Martiri della Libertà, davanti al Teatro Villani, sorge la statua bronzea di Quintino Sella dedicatagli dalla sua città, ornata con bassorilievi che raffigurano lo statista in una seduta del Consiglio dei Ministri e in un incontro dell’Accademia delle Scienze.
Anche a Torino è stato dedicato a Quintino Sella un monumento, dove viene raffigurato nello studio di un minerale. L’opera, di Cesare Reduzzi (1857-1911), venne inaugurata nella sede universitaria del Castello del Valentino nel 1894 e poi trasferita nel 1932 all’interno del parco.
Il Club Alpino, in memoria della sua attività alpinistica, gli ha dedicato alcuni rifugi, tra i quali: Rifugio Quintino Sella sul Monviso, il Rifugio Quintino Sella sul Monte bianco ed il Rifugio Quintino Sella al Felik nel gruppo delle Alpi Pennine.
A lui venne anche dedicato il Monte Sella nell’Isola Grande della Terra del Fuoco e nel 1980 è stata creata a Biella una Fondazione Sella onlus, riconosciuta il 5 agosto 1981 con decreto n. 6194 del presidente della Giunta regionale piemontese, che ha pubblicato il suo epistolario[35]Fondazione Sella.


Opere di Sella in versione digitale

Il Nuovo cimento Sulle proprietà geometriche di alcuni cristallini
Relazione Sulla Memoria Di Giovanni Struever Intitolata: Studii Sulla Mineralogia Italiana: Pirite Del Piemonte
Sulle condizioni dell’industria mineraria nell’isola di Sardegna, Relazione alla Commissione parlamentare d’inchiesta
Sulle forme cristalline di alcuni sali di Platino e del boro adamantino:Sulle forme cristalline di alcuni sali di Platino e del boro adamantino
Teorica e pratica del regolo calcolatore
Una salita al Monviso: lettera a B. Gastaldi

Altre opere legate a Sella

Commemorazione di Quintino Sella fatta innanzi alla Società degli Ingegneri industriali di Torino
Quintino Sella di Alessandro Guiccioli

Bibliografia

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Sitografia

Società Geologia Italiana
CAI Torino
Sede storica del Servizio Geologico d’Italia in Roma
ISPRA Quintino Sella
Bialncio e finanza pubblica, Treccani, L’Unificazione
Sovrintendenza di Roma
Quintino Sella: politico “del fare” che ci sapeva fare
Relazione del Direttore generale alla commissione parlamentare di vigilanza il debito pubblico in Italia 1861-1987 Volume I

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References

References
1 Quazza G., Quazza M., Epistolario di Quintino Sella: 1870-1871, pag.188.
2 Resa possibile grazie anche al crollo del regime di Napoleone III in Francia, in seguito alla guerra con la Prussia. Al riguardo Sella si oppose all’intento del re di intervenire nel conflitto al fianco dell’imperatore francese.
3 Il testo della normativa: Testo della Legge sulle Guarentigie
4 In seguito quando il sovrano vi si trasferisce stabilmente, Sella si oppone al progetto di farvi trasferire anche Rosina Vercellina, l’amante e poi sposa morganatica del sovrano, una simile mossa non sarebbe avrebbe gettato una luce molto positiva sul sovrano e la dinastia.
5 Insolera, Roma moderna, pag.17.
6 Insolera, Roma moderna, pag.14.
7 Vidotto, Roma contemporanea, pag.68-9.
8 Vidotto, Roma contemporanea, pag.75.
9 Vidotto, Roma contemporanea, pag.76.
10 Vidotto, Roma contemporanea, pag.77.
11 Berselli, Il governo della Destra. Italia legale e Italia reale dopo l’Unità, pag.536.
12 Cammarano, Storia dell’Italia liberale.
13 Il testo del discorso si può trovare al seguente indirizzo: Testo del discorso di Depretis.
14 Quazza G., Quazza M. (a cura di), Epistolario di Quintino Sella Volume V, pag.153.
15 Seton-Watson, L’Italia dal liberalismo al fascismo 1870-1925, pag.55.
16 Capone, Destra e sinistra da Cavour a Crispi, pag.365.
17 Discorsi parlamentari di Quintino Sella, pag 73.
18 Quintino il 5 maggio presentò presenta all’Accademia delle Scienze di Torino un testo di Venanzio Sella, su fratello, intitolato Nuovo procedimento fotografico, in cui presentava parte delle sue ricerche nel campo poi raccolte nel volume pubblicato in novembre Plico del fotografo: trattato teorico-pratico di fotografia. Per il fratello aveva già presentato nel 1851 uno studio di chimica, poi pubblicano nell’aprile 1851 con il titolo Polimetria chimica ossia metodo comparativo per determinare gli acidi, gli alcali, i sali ed i corpi semplici nelle loro soluzioni..
19, 27 Turi, Lo Stato educatore, pag.30.
20 Duggan, La forza del destino, pag.278.
21, 30 Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, pag.203.
22 Villari, Bella e perduta.
23 Vidotto, Roma contemporanea, pag.42-43.
24 Giardina, Vauchez, Il mito di Roma, pag.191.
25 Giardina, Vauchez, Il mito di Roma, pag.191-2.
26 Vidotto, Roma contemporanea, pag.42.
28 Un suo compagno in molte delle sue escursioni fu Corrado Lionello Nigra, figlio di Costantino.
29 Il 29 agosto del 1981 vi viene inaugurato un rifugio a lui intitolato, Rifugio Quintino Sella.
31 Società fondata a Firenze nel 1868.
32 La scuola diviene poi Istituto Tecnico Industriale Statale “Quintino Sella” ed infine Istituto di Istruzione Superiore “Quintino Sella”.
33 Uno dei fondatori assieme ai due Sella fu Giovanni Lanza.
34 L’opera è disponibile online al seguente indirizzo: Codex Astensis
35 Fondazione Sella

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