Unione della Lombardia al Piemonte

Decreto per l’unione della Lombardia al Piemonte

Decreto emesso dal governo provvisorio lombardo
Cittadini!
Il governo provvisorio della Lombardia, sorto tra le barricate, tiene il suo mandato dal fatto sublime dell’eroica nostra rivoluzione, la quale, operata dal concorso di tutte le forze sociali, non aveva altro scopo che la cacciata dell’Austriaco e la conquista dell’indipendenza italiana. Perciò fin da quando tuonava il cannone nelle nostre contrade e il popolo rispondeva a’ colpi micidiali gridando: Viva l’Italia! il governo, anche nella pressura di quel momento, anche invocando il soccorso del generoso Re Sardo, anche ammirando le prove di maturità politica che dava il nostro valoroso popolo disciplinato e unito nei furori stessi d’una guerra a morte, non credette d’alzare altro grido che il grido di Viva l’Italia! altro vessillo che il vessillo dell’Indipendenza nazionale. Cosi lasciando intatte tutte le questioni di forma politica e di ordinamento definitivo, volle che queste regioni, per tanti anni forzate a chiamarsi straniere all’Italia, primo tornassero alla patria comune, e, rassegnate ad ubbidirne i voleri, proclamassero la loro devozione all’Italia unita e concorde.
Quindi nel proclama del 22 marzo dichiarava che essendo chiamati a conquistare l’indipendenza di questa nostra carissima patria,di null’altro i buoni cittadini doveano allora occuparsi che di combattere; quindi nel Proclama del 29 marzo soggiungeva: Poiché un solo grido “l’Indipendenza” ci ha fatto vincere, un solo grido deve farci compiere la vittoria, l’Italia unita e libera.
Ma ora, o Cittadini, il grido salvatore di Viva l’Italia! che riassumeva tutta quanta la politica del governo provvisorio, non esce più solo. Quella coraggiosa neutralità d’opinioni, quella forte aspettativa che sarebbe stata uno spettacolo unico nella storia, che avrebbe offerto un meraviglioso esempio di tolleranza, di momentaneo sacrificio di ciò che l’uomo men facilmente tempera e sacrifica, non venne conservata. Quella santa concordia, quella generale fratellanza, per cui ogni cittadino vedeva e cercava negli altri cittadini dei commilitoni, quella magnanima tolleranza che nulla voleva dal presente, e tutto aspettava dall’avvenire, pur troppo hanno dato luogo all’impazienza sdegnosa ed irritante. Indocili di freno, smaniose di preoccupare il libero arringo, le opinioni si agitarono, si accusarono a vicenda, si accamparono le une contro alle altre. La neutralità ch’era proclamata per impedire i dissidii e le discussioni inutili in faccia al nemico, la neutralità ch’era stata proclamata in ossequio alla patria italiana, perché tutto si riferisse a’ supremi di lei interessi, e intorno alla sacra di lei bandiera si raccogliesse^) per unificarsi tutti i desideri, tutti i voti, ora viene accusata di nutrire e fomentare le discordie civili, d’autorizzare le più avverse e nemiche speranze, di tenere tutto il resto di Italia in una paurosa incertezza.
Né gli animi si contennero nei limiti di una discussione che nel suo ardore era già pericolosa: ma in molte Provincie si pubblicarono indirizzi, si raccolsero firme a migliaia, preludendo così al voto della nazione: società si organizzarono con nomi ed intenti diversi, in cui le quistioni più sottili ed ardenti vennero agitate, discusse, pubblicate: la stampa legale, la stampa anonima si diedero ad esercitare propagande fra loro contrarie, suscitarono passioni, alimentarono speranze, insinuarono, imposero la convenienza, la necessità di riescire a uno scioglimento.
E intanto da tutte parti ci giungono inviti, raccomandazioni pressanti di prendere una risoluzione: popoli, governi, città, uomini ragguardevoli pel senno, pel patriotismo, per le guarentigie date alla causa italiana, ci esortano ad escire da quel campo in cui c’eravamo trincierati in aspettazione di quello che fossero per maturare gli avvenimenti generali d’Italia.
In questo stato di cose il governo provvisorio di Lombardia non può più aver fiducia nel principio di quella neutralità, che aveva proclamata per consacrarsi tutto alla guerra e alla difesa del paese. L’aveva proclamata per poter essere un governo unicamente guerriero ed amministratore: ed ora invece si trova trascinato in mezzo alle distrazioni di incessanti dispute politiche, e costretto a difendersi ogni giorno dall’insistenza delle più divergenti opinioni.
Questo stato di cose non può durare. O il popolo riprenda il suo impegno di non voler parlare di politica, e con la sua gran voce imponga silenzio ai partiti; o si decida per quella fusione, che sola è naturale, sola è possibile nelle presenti circostanze.
In favore del principio della neutralità stava la grandiosità e l’unità del concetto che tutto subordinava al voto dell’intera nazione. Ma perché si persistesse a professare e praticare questo principio, bisognava che gli animi si componessero in calma, che si confermassero nel coraggio della pazienza: bisognava avere una stima grandissima degli uomini, un giudizio continuamente pacato delle cose: bisognava in ispecie che diventasse legge per tutti il rispetto fraterno delle opinioni di tutti. Né veramente era da sperarsi che una tale condizione d’animi, una tale annegazione d’ogni simpatia individua, d’ogni preoccupazione di dottrine e di fatti a lungo durasse. Ma quando si accoglieva tale speranza, guerra breve e vittoria sicura erano nel pensiero di tutti; e perciò a tutti pareva facile e naturale rimettere a causa cinta la discussione dei destini politici del paese.
Invece guerra grossa, sanguinosa, lunga, armamento di tutto il paese; leva ed organizzazione d’un esercito lombardo; sussistenze per questo, pel piemontese, pel toscano, pel romano, pel napolitano; finanze che hanno bisogno di rimedii, e sussidii pronti, efficaci, ubbiditi senza contraddizione in tutto il territorio; complicazioni politiche imprevedute; influenze ostili della straniera diplomazia; bisogno urgente di aver posto nel consorzio delle nazioni d’Europa; le provincie venete in gran parte rioccupate dai barbari; ecco le nuove e gravi condizioni nelle quali il paese si trova, e che consigliano una decisione.
Quale sarà questa decisione? Certo quella che più favorisca la gran causa d’Italia, quella che più acceleri il fine della guerra dell’indipendenza. E però come Lombardi in nome e per l’interesse di queste provincie, come Italiani per l’interesse di tutta la nazione, dobbiamo riconoscere provvido il pensiero che le nostre terre si associno al vicino e bellicoso Piemonte, salve le comuni guarentigie della libertà, per formare dell’alta Italia un’inespugnabile baluardo contro tutte le forestiere invasioni, sotto lo scettro costituzionale di quell’illustre casa di Savoia, a cui la storia assegnà il glorioso titolo di guardiana delle porte d’Italia.
Già Parma e Modena ci hanno preceduti nella manifestazione più o meno esplicita di questo voto, che inizia in si nobile parte d’Italia il gran pensiero dell’italica unità: già la Sicilia, dichiarando solennemente di commettere le sue sorti al reggimento monarchico costituzionale, ci ha mostrato qual sia di presente la strada aperta all’unione d’Italia. Or dunque non dovrà la Lombardia, dall’altezza del posto in cui fu collocata dalla sua vittoria, rispondere fieramente all’accusa che le fu mossa di voler fare da sé e per sé? Non dovranno i Lombardi attestare grato animo a quei fratelli che loro corrono incontro, che danno loro sì splendidi argomenti di simpatia, che sono pronti a rimuoversi in loro favore dalle ambizioni più leggittime, e non altro anelano che d’averli consorti nella grand’opera del ricomponimento dell’italica unità?
A voi tocca decidere, o cittadini, a voi tocca ponderare, se nelle circostanze presenti sia da persistere in un partito, che, una volta opportuno, ora potrebbe forse esser fomite di discordia, presso alla quale sta sempre la schiavitù; o se un altro se ne debba abbracciare, determinato dal pensiero dei grandi interessi della patria italiana. Il vostro governo non può rimanere spettatore indifferente del pericolo di una discordia civile: ed è nel proposito di rendervi uniti e forti, che ha determinato di fare appello al popolo intero, perché la sua sacra e potentissima voce copra quella di tutti i partiti per confonderli in un solo.
Premesse queste considerazioni

IL GOVERNO PROVVISORIO DELLA LOMBARDIA

DECRETA
1. Sono aperti registri, della forma di cui abasso, presso tutte le parocchie di tutti i comuni di Lombardia, all’effetto di ricevere le sottoscrizioni del popolo lombardo.
2. L’uomo che avrà ventun’anni compiuti avrà diritto di sottoscrivere.
3. Gl’illetterati faranno la croce alla presenza del parroco e di due delegati, nominati come agli articoli 5 e 6.
4. La sottoscrizione dovrà essere fatta da ciascheduno nella parocchia dove tiene la propria abitazione, senza distinzione di culti.
5. I parrochi, o coloro che ne fanno le veci, saranno assistiti nel ricevimento delle sottoscrizioni da due delegati nominati nelle città dalle rispettive congregazioni municipali, come all’art. 6.
6. Nei comuni di campagna i parrochi saranno assistiti da due membri delle deputazioni comunali o loro sostituti, oppure da due persone scelte dalle stesse deputazioni. Dove però esistono consigli comunali, i delegati saranno scelti di preferenza nel corpo dei consiglieri.
7. I registri saranno aperti presso le parecchie dal giorno nel quale sarà fatta la pubblicazione della presente legge nei rispettivi comuni, e saranno chiusi indefettibilmente a tutto il giorno 29 del corrente mese di maggio, anniversario della battaglia di Legnano. Dopo di che, suggellati dai parrochi, saranno rimessi alle rispettive deputazioni comunali ed alle congregazioni municipali.
8. Dovendosi poi provvedere che il diritto di voto possa essere regolarmente esercitato anche dai cittadini ohe si trovano sotto le armi nell’esercito attivo, si dispone che i registri di cui sotto vengano pure aperti presso i comandi dei corpi. I soldati italiani, tanto coscritti quanto volontarii, che militano sotto la bandiera di Lombardia, voteranno anch’essi per sottoscrizione da farsi alla presenza degli ufficiali superiori del corpo al quale appartengono.
9. La commissione governativa destinata ad inviare soccorsi alle provincie venete avrà cura di far raccogliere i voti dei cittadini, che formano parte della compagnia che ora trovasi su quel territorio.
10. Le deputazioni comunali e le congregazioni municipali dovranno rimettere i registri suggellati alla congregazione provinciale dalla quale dipendono col mezzo più pronto e sicuro a spese comunali, e sotto la più stretta loro responsabilità.
11. Le congregazioni provinciali faranno lo spoglio dei registri alla presenza del vescovo o suo rappresentante e di un commissario governativo.
12. Per le speciali condizioni della città e provincia di Mantova non potendo aver luogo il disposto degli articoli 10 e 11, si stabilisce che le deputazioni comunali debbano rimettere i registri suggellati al commissario straordinario del governo residente in Bozzolo, e che le spoglio dei registri sia fatto da lui alla presenza dell’autorità ecclesiastica e comunale del luogo.
13. Lo spoglio dei registri dovrà essere suggellato dopo analogo processo verbale, e quindi rimesso al governo insieme ai registri medesimi colla massima sollecitudine.
14. Lo spoglio dei registri delle provincie verrà reso pubblico dal governo, e quella delle due proposizioni, che avrà riunito il maggior numero di sottoscrittori, costituirà il voto della nazione.
Provincia di Comune di Parrocchia di
PER L’UNIONE IMMEDIATA
Noi sottoscritti, obbedendo alla suprema necessità che l’Italia intiera sia liberata dallo straniero, e all’intento principale di continuare la guerra dell’indipendenza colla maggiore efficacia possibile, come Lombardi in nome e per l’interesse di queste provincie, e come Italiani per l’interesse di tutta la Nazione, votiamo fin d’ora V immediata fusione delle provincie lombarde cogli stati sardi, sempreché sulla base del suffragio universale sia convocata negli anzidetti paesi e in tutti gli altri aderenti a tale fusione,una comune Assemblea Costituente, la quale discuta e stabilisca le basi e le forme d’una nuova monarchia costituzionale colla dinastia di Savoia.

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