Dimissioni della giunta di Governo di Bologna

Nuovo proclama della Giunta centrale di Governo, e notificazione delle sue demissioni

Categoria: Risorgimento

14 luglio 1859
GIUNTA PROVVISORIA DI GOVERNO
Cittadini di Bologna e delle Provincie Unite,
Costretti gli Austriaci ad abbandonare la nostra città per le vittorie delle armi alleate, i rappresentanti del Governo Pontificio dovettero abdicare l’autorità dinanzi alle imponenti e pacifiche dimostrazioni di tutto il paese.
Cessato quindi di fatto ogni governo, noi fummo dal Municipio chiamati a mantenere l’ordine e a tutelare gl’interessi morali e materiali di queste popolazioni.
Appena assunto il potere, una voce concorde giungeva fino a noi, quella del popolo che chiedeva risolutamente la dittatura del Re di Piemonte, nel doppio scopo di concorrere alla guerra d’indipendenza e di conquistare sui campi di Lombardia il diritto di esprimere liberamente il voto di essere noi pure chiamati a salutare nostro Re quegli che aveva per un dici anni di sventura custodito gelosamente il nostro vessillo.
L’esempio di Bologna veniva seguito. Le Romagne, poscia le Marche, facevano spontaneo atto di adesione a questa Giunta che quindi si chiamò Giunta Centrale, avendo assunto la direzione delle Provincie Unite.
Noi non esitammo: al Re fu inviata una Deputazione: aprimmo volontarii arruolamenti: alla fede delle milizie cittadine affidammo la custodia della città: trovammo armi per combattere.
Ma, in quel mentre che ogni nostro sforzo era rivolto a cooperare alla guerra dell’indipendenza, gli atroci casi di Perugia, riprovati non solo dall’Italia ma da tutta Europa, e la rioccupazione di alcune delle Città pronunziate ci costrinsero a provvedere altresì alla difesa delle Provincie a noi unite. Interpreti del pubblico voto e del pubblico sdegno, noi offrimmo armi alla gioventù animosa, che, raccoltasi al nostro invito in numerose schiere, mosse, sotto gli ordini del generale Roselli, per le Romagne a vendicare e a difendere i nostri fratelli.
Ma dalla vicina Toscana giungevano a noi voci frementi di sdegno dei volontarii Romagnoli che, raccolti colà sotto la bandiera della indipendenza, imploravano, prima di raggiungere l’armata in Lombardia, di difendere le proprie famiglie rassicurandole dal l’invasione di orde mercenarie.
Ci rivolgemmo al prode Generale Mezzacapo, ed egli nel suo patriottismo non poté ricusarsi alla nostra preghiera, ed avendo da noi accettato il comando delle nostre truppe, oggi ottomila volontarii organizzati, disciplinati, sono a noi sicuro pegno di vittoria.
Intanto il Re di Piemonte accettava di organizzare le nostre forze per la guerra e di mantenere tra noi l’ordine pubblico, nominando a questo scopo Commissario straordinario il cavaliere Massimo d’Azeglio.
L’istoria prenderà atto della solenne dimostrazione con cui Bologna accolse l’Inviato del Re, dimostrazione che fu ad un tempo energica protesta contro il cessato Governo e prova di fiducia in Vittorio Emanuele.
La Giunta centrale, appena arrivato il Commissario, considerando compiuto il suo mandato, stimò d’interpretare il pubblico voto rassegnando nelle di lui mani la propria autorità; essendo questo l’unico mezzo in tali supremi momenti di tutelare l’ordine pubblico, che è il primo bisogno d’ogni società.
E benché il signor Commissario abbia replicatamente dichiarato non essere autorizzato a questo, pure, costretto dall’evidente urgenza della situazione, ha provvisoriamente accettato. La Giunta abbandona quindi il governo, l’abbandona rammentando al Commissario l’incompatibilità del dominio temporale dei Papi colle tradizioni, colle abitudini, colle aspirazioni e colla civiltà di questi paesi, e al pari di Voi raccomanda le altre Provincie dello Stato che a noi fecero atto di adesione, le quali, conculcate da forze mercenarie, hanno lo stesso diritto con noi alla libertà e alla indipendenza.
Cittadini!
Noi vi ringraziamo del concorso che ci avete prestato, della fiducia che in noi avete riposta, dell’ordine che avete mantenuto. Noi siamo lieti e superbi di poter contrapporre agli eccidii di Perugia la generosa moderazione del nostro popolo.


Dalla Residenza, questo giorno 14 luglio 1859.
GIOACHINO NAPOLEONE PEPOLI – GIOVANNI MALVEZZI – ANTONIO MONTANARI – LUIGI TANARI – CAMILLO CASARINI

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