Legge Rattazzi (1855)

Legge Rattazzi legge n.878 29 maggio 1855, sugli enti religiosi

VITTORIO EMANUELE II

re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme,
duca di Savoia e di Genova, ecc. ecc.,
principe di Piemonte, ecc. ecc. ecc.
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Art. 1
Cessano di esistere, quali enti morali riconosciuti dalla legge civile, le case poste nello Stato degli ordini religiosi, i quali non attendono alla predicazione, all’educazione o all’assistenza degl’infermi.
L’elenco delle case colpite da questa disposizione sarà pubblicato con Decreto Reale contemporaneamente alla presente legge.

Art. 2
Cessano parimenti di esistere come enti morali a fronte della legge civile i Capitoli delle Chiese collegiate, ad eccezione di quelli aventi cura d’ordine, od esistenti nelle Città, la cui popolazione oltrepassa 20,600 abitanti.

Art. 3.
Cessano ancora di essere riconosciuti i benefizi semplici i quali non hanno annesso alcun servizio religioso che debba compiersi personalmente dal provvisto.
Sorgendo quistione se un benefizio semplice sia compreso fra quelli colpiti dal presente articolo, essa verrà decisa dai Tribunali.

Art. 4.
I beni ora posseduti dai corpi ed enti morali contemplati negli articoli precedenti verranno applicati alla cassa ecclesiastica da stabilirsi a termini della presento legge, salve in ordine ai benefizi le speciali disposizioni stabilite negli articoli 21 e 22
L’Amministrazione della cassa, prendendone possesso, procederà ad inventaro sì degli stabili che dei crediti e rendite di ciascuno stabilimento, chiamando a prestarvi il rispettivo loro contraddittorio i capi od amministratori delle case ed i possessori e patroni dei benefizi
Si farà pure nello stesso inventario un’indicazione delle passività e dei pesi, ed una sommaria descrizione degli effetti mobili più preziosi secondo il regolamento che verrà a tal fine stabilito.

Art. 5
La cassa ecclesiastica ha esistenza distinta e indipendente dalle Finanze dello Stato.

Art. 6
L’amministrazione della cassa è affidata al Direttore generale del debito pubblico coi concorso di un Consiglio speciale
Questo Consiglio sarà composto dello stesso Direttore generale, il quale lo presiederà, dell’Economo generale dei benefizi vacanti, il quale ne sarà membro nato, e di cinque altri membri, nominati dal Re sulla proposta del Ministro di grazia e giustizia ed affari ecclesiastici
Il bilancio, il conto ed i contratti da farsi, saranno deliberati dal Consiglio. Gli altri atti di amministrazione e l’esecuzione delle deliberazioni del Consiglio spetteranno al Direttore generale suddetto, il quale avrà a tal fine sotto i suoi ordini i funzionari governativi dei vari rami secondo il regolamento che verrà approvato con Decreto Reale, sovra proposta da concertarsi tra il Ministro degli affari ecclesiastici e quello delle finanze.

Art. 7
Saranno al rimanente applicabili all’amministrazione della cassa ecclesiastica le regole e cautele stabilite dalle leggi vigenti in ordine agli istituti di carità, riservate però al Ministro di giustizia ed affari ecclesiastici le attribuzioni conferite da dette leggi al Dicastero dell’interno, ed ommesse quelle delle Intendenze generali.

Art. 8
Una Commissione di sorveglianza composta di tre Senatori e tre Deputati eletti annualmente dalle rispettive Camere, e di tre altri membri nominati dal RE sulla proposta del Ministro di giustizia ed affari ecclesiastici, avrà l’alta ispezione delle operazioni della cassa
Il Presidente di questa Commissione sarà designato dal Re fra i suoi membri
La Commissione rassegnerà annualmente al Re una relazione sullo stato della cassa, e sulle operazioni che ebbero luogo entro l’anno. Tale relazione sarà stampata., distribuita alle due Camere e pubblicata nel Giornale ufficiale del Regno.

Art. 9
I membri attuali delle case contemplate nell’articolo 1.°, i quali furono in esse ricevuti prima della presentazione di questa legge al Parlamento, continuando a far vita comune secondo il loro istituto negli edifizi ora occupati da essi, od in quegli altri chiostri che, sentita l’Amministrazione della cassa ecclesiastica, verranno a tal fine destinati dal Governo, riceveranno dalla cassa medesima un annuo assegnamento corrispondente all’attuale rendita netta dei beni ora posseduti dalle case rispettive, con che non ecceda la somma annua di lire 500 per ogni religioso o religiosa professa, e di lire 240 per ogni laico o conversa
Ognuna delle Comunità così composte avrà in godimento insieme all’edifizio di sua residenza, il giardino ed altre dipendenze del medesimo comprese nella clausura.

Art. 10
Il calcolo della rendita netta per l’effetto dell’articolo precedente sarà ragguagliato sulla media dell’ultimo decennio. Per comporre la rendita netta saranno diffalcate anche le spese di manutenzione e ristauro dei conventi, ed ogni qualunque peso e tributo.

Art. 11
Quando venissero concentrati insieme i membri di due o più case religiose, l’assegnamento da corrispondersi alla Comunità sarà ragguagliato sulla base stabilita pei membri della casa più agiata
Non saranno mai concentrati insieme i religiosi d’ordini diversi, o soggetti a diversa regola.

Art. 12
L’Amministrazione della cassa ecclesiastica potrà aumentare l’assegnamento corrispondente al mantenimento dei laici o converse, quando ciò riconosca consigliato per circostanze di tempo e di luogo, purché non ecceda in alcun caso le lire 560 per ciascun individuo.

Art. 13
Le singole Comunità potranno, ove d’uopo, ammettere nuovi laici o converse in surrogazione di quelli che d’or innanzi mancassero per morte, od altrimenti, purché il numero di tali servienti in ciascuno stabilimento non ecceda il terzo dei professi.

Art. 14
In ogni caso di morte, o di secolarizzazione di religiosi professi, e parimenti quando uno di essi abbandoni la vita monastica, o passi in monastero estero, la quota di mantenimento, dei superstiti nella stessa Comunità sarà accresciuta dei terzo di quella di cui godeva il religioso che lasciò vacante il suo posto, con che però l’assegnamento fatto alla Comunità non possa mai oltrepassare la somma di lire 709 per ogni professo.

Art. 15
Quando i religiosi di un ordine colpito dall’articolo 1.° non possono più essere convenientemente concentrati in numero almeno di sei, la cassa ecclesiastica dovrà, sulla loro istanza, ammettere ciascun religioso a godere fuori del chiostro della seguente annua e vitalizia pensione a carico della cassa medesima, cioè:

Ogni religioso professo
L. 800 se avrà compiuta l’età d’anni ………………………………. 70
» 700 se quella d’anni …………………………………………… 60
» 500 se………………………………………………………… 40 400 se………………………………………………………….. 30
» 240 se avrà meno di anni………………………………………… 30

Ogni religiosa professa

L. 800 se avrà compiuti gli anni…………………………………………. 70
» 700 se ……………………………………… 60
» 600 se ……………………………………….. 50
» 500 se avrà meno di anni………………………… 50

I servienti dell’uno e dell’altro sesso, i quali avranno emesso voti semplici, ed avranno prestato servizio da dieci anni, avranno diritto ad una pensione di lire 500, se avranno compiuta l’età di anni 40 di lire 240, se saranno di una età minore.

Art. 16
Ad eccezione delle disposizioni espresse negli articoli precedenti, nulla s’intenderà innovato nella condizione individuale dei religiosi contemplati nell’articolo 1.° a fronte delle leggi dello Stato, né anche in riguardo alla questua per le case degli ordini mendicanti.

Art. 17
Non ostante la disposizione dell’articolo 1.°, i membri delle case religiose le quali cessano di essere riconosciute come enti morali, potranno fare in comune gli atti necessari per provvedere alla loro sussistenza ed al servizio del culto, e per quest’effetto saranno rappresentati dai rispettivi capireligiosi secondo le regole del loro istituto.

Art. 18
Quando un religioso, che appartenga ad un ordine possidente, e sia rimasto nel chiostro in virtù dell’art. 9, ottenga la legittima sua secolarizzazione, avrà diritto a conseguire dalla cassa ecclesiastica un’annua sovvenzione eguale ai due terzi della somma cui corrispondeva, al momento della sua uscita, la stia quota individuale dell’assegnamento fatto alla comunità in virtù dello stesso art. 9.

Art. 19
Nei casi previsti dagli art. 15 e 18, i religiosi che avranno pagato uria determinata somma pel loro ingresso nell’ordine, avranno il diritto di scegliere tra la pensione o sovvenzione di cui in detti articoli, od una pensione vitalizia, regolata sul capitale sborsato in ragione della loro età, a norma della tabella annessa alla presente legge.

Art. 20
I canonici attuali delle collegiate colpite dall’art. 2 riceveranno dalla cassa ecclesiastica, vita durante un annua somma corrispondente alla rendita netta dei beni già spettanti all’ente morale della collegiata, con che continuino a soddisfare ai doveri ed ai pesi già inerenti sì alla corporazione, che agli individui, e paghino il contributo, di cui all’art. 25. Quando alla collegiata, o ai singoli canonici sia affetta un’abitazione, essi continueranno pure a goderne.
La rendita netta dei beni sarà pure in questo caso desunta dalla media dell’ultimo decennio.

Art. 21
Gli investiti dei benefizi semplici, contemplati nell’art. 3, godranno, vita durante, dell’usufrutto dei beni componenti la dote dei medesimi, purché continuino pure ad adempierne i doveri e sopportarne i pesi oltre il contributo di cui all’articolo 25.

Art. 22
A quelli però fra i canonicati o benefizi, che siano di patronato laicale o misto, si applicheranno le seguenti norme:

La proprietà dei beni si devolverà a coloro che avranno il diritto di patronato al momento della pubblicazione della presente legge, se non che nei casi di patronato misto, la porzione che toccherebbe al patrono ecclesiastico s s’intenderà pure devoluta alla cassa ecclesiastica
Se il patronato attivo si troverà separato dal passivo, i beni saranno divisi tra il Patrono attivo ed il passivo.
Allorché si estinguerà l’usufrutto riservato agli attuali provvisti, i patroni laicali pagheranno alla cassa ecclesiastica, in ragione del valore dei beni devoluti a ciascuno, una somma eguale al terzo del valore stesso
Cessato l’usufrutto, l’adempimento, dei pesi inerenti al benefizio passerà a carico della cassa ecclesiastica, e perciò verrà prelevata a favore di questa una porzione di beni corrispondente all’ammontare, dei pesi stessi. I patroni potranno anche evitare questo prelevamento di beni, pagando alla cassa ecclesiastica per l’adempimento dei pesi un capitale equivalente.

Art. 25
Quando le chiese dei conventi e delle collegiate, od altre annesse ai benefizi dianzi contemplati, non possano più essere uffiziate dai religiosi, canonici o benefiziari cui ne incumbe attualmente il dovere, e non possano più per loro mezzo adempiersi le pie fondazioni, sarà provveduto, a spese della cassa ecclesiastica, all’uffiziatura di dette chiese, ed all’adempimento delle fondazioni suddette.

Art. 24
Le rendite della cassa ecclesiastica, dopo soddisfatti i diversi obblighi imposti alla medesima dagli articoli precedenti, saranno esclusivamente applicate ad usi ecclesiastici, nell’ordine di preferenza che segue, cioè
1.° Al pagamento ai parroci delle congrue e supplementi di congrue che si stanziavano a carico dello Stato anteriormente all’anno 1855.
2.° Al pagamento delle somme che saranno necessarie pel clero dell’Isola di Sardegna, in dipendenza dell’abolizione delle decime
3.° A migliorare la sorte dei parroci che non hanno una rendita netta di lire 1,000.

Art. 25
Per meglio e più efficacemente provvedere agli usi ecclesiastici indicati nella presente legge, è imposta sugli enti e corpi morali in appresso designati a favore della cassa ecclesiastica una quota di annuo concorso nei modi e nelle proporzioni seguenti:
§ 1.° Abbazie, benefizi canonicali e semplici, sagrestie, opere di esercizi spirituali, santuari e qualunque altro benefizio o stabilimento di natura ecclesiastica od inserviente al culto, non compreso nei paragrafi seguenti, sopra il reddito netto di qualunque specie o provenienza eccedente le L. 1,000, in ragione del 5 per 0|0 sino alle L. 5,000, in ragione del 12 per 0|0 dalle lire 5,000 sino alle 10,000, e finalmente in ragione del 20 per 0|0 sopra ogni reddito netto maggiore
§ 2.° Benefizi parrocchiali nella stessa proporzione, partendo però soltanto dal reddito netto eccedente le lire 2,000
§ 3.° Seminari, convitti ecclesiastici e fabbricerie, sopra il reddito netto eccedente le lire 10,000 sino alle lire 15,000 in ragione del 5 per 0|0, dalle lire 15,000 fino alle 25,000 in ragione del 10 per 0|0, e finalmente in ragione del 15 per 0|0 per ogni reddito maggiore
§ 4.° Arcivescovadi e vescovadi in ragione dei terzo dei reddito netto sopra la somma eccedente le lire 18,000 quanto ai primi, e le lire 12,000 rispetto agli altri; ed in ragione della metà sopra la somma eccedente le lire 50,000 quanto ai primi, e le lire 20,000 rispetto agli altri.
Questa ultima quota dì annuo concorso non avrà però luogo se non se a misura che le sedi arcivescovili e vescovili si renderanno vacanti
§ 5.° Case religiose d’ambo i sessi non comprese nelle disposizioni dell’art. 1.°, la quota determinata nel §1.° sopra ogni eccedenza di reddito netto che possa risultare dopo detratta dallo stesso reddito la spesa dì mantenimento dei religiosi della casa in ragione di annue lire 500 per ogni professo o novizio, e di lire 240 per ogni laico o conversa
Sarà consegnato annualmente all’Amministrazione della cassa ecclesiastica il numero degli uni e degli altri.

Art. 26
La quota di concorso come sovra imposta sarà fissata e riscossa sulle basi e nei modi prescritti dalla legge del 23 maggio 1851.

Art. 27
Nel caso previsto dall’art. 45, la Commissione di sorveglianza della cassa ecclesiastica proporrà al Governo le disposizioni opportune per la conservazione dei monumenti ed oggetti d’arte e degli archivi. Proporrà pure la destinazione a darsi ai detti oggetti ed ai libri, tenendo conto dei bisogni delle pubbliche scuole e specialmente dei collegi nazionali
I provvedimenti che emaneranno in proposito saranno fatti con Decreti Reali pubblicati nel Giornale officiale del Regno
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato


Dat. a Torino addì 29 maggio 1855.
VITTORIO EMANUELE
V. Il Guardasilli
U. Rattazzi

TABELLA
delle pensioni vitalizie, di cui , di cui all’art. 19, a favore dei religiosi che sborsarono un capitale pel loro ingresso nell’ordine.

Sino a 30 anni ……………………….. 6 per 0|0
Da 50 a 55 anni……………………….. 6 1|2
Da 35 a 40 »………………………….. 7
Da 40 a 45 »………………………….. 7 1|2
Da 45 a 50 »………………………….. 8 1|2
Da 50 a 55 »………………………….. 9 1|2
Da 55 a 60 »…………………………. 10 1|2
Da 60 a 65 »…………………………. 12 1|2
Da 65 a 70 »…………………………. 16
Da 70 a 75 »…………………………. 22
Da 75 a 80 »………………. ed oltre 28

V. Il Guardasilli
U. Rattazzi

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