Risposta di Francesco II sulla cessione di Gaeta

Risposta di Francesco II all’Imperatore Napoleone III sulla proposta di cedere la piazza di Gaeta.

Categoria: Risorgimento

Gaeta, Dicembre 1860.
MIO SIGNOR FRATELLO.
La lettera, che V. M. m’ha fatto l’onore di scrivermi, e che l’Ammiraglio de Tinan è venuto a consegnarmi, mi getta, debbo confessarlo, in un crudele imbarazzo. La mia intenzione ben decisa era di resistere sino all’ultimo estremo, e salvare a prezzo dei più grandi sacrifizi il mio onore militare, giacché gli avvenimenti mi impediscono di salvare i miei Stati. Ma gli affettuosi consigli che mi dà V. M., le ragioni, che colla usuale sua lucidezza Ella espone, ed il pensiero del ritiro della sua Squadra, colpiscono e fanno vacillare l’animo mio.
In cosi fatta posizione, la M. V. non sarà né sorpresa né contrariata se io prendo un poco di tempo innanzi di adottare una risoluzione definitiva.
Se bene io conoscessi che la Squadra Francese non sarebbe rimasta indefinitamente in questo golfo, pure le mie ufficiali notizie, le assicurazioni particolari che mi pervenivano, facevanmi sperare che il di lei soggiorno qui, sarebbe stato prolungato, o che almeno la bandiera francese sarebbe stata presente a Gaeta sopra uno dei legni della Marina Imperiale. Apprezzando i motivi di V. M., e riconoscente alla sua efficace simpatia io non posso se non deplorare il richiamo della sua flotta, in conseguenza del quale, restando libero il mare ai miei nemici, si aggravava considerevolmente la mia posizione. Mi è d’uopo studiare profondamente le mie risorse, per conoscere se mi sia possibile fare, senza di questo appoggio, una lunga resistenza; e questo è ciò che io faccio col desiderio sincero di evitare i due scogli contro di cui potrebbe infrangersi il mio avvenire, ed oscurarsi il mio nome: la debolezza e la temerità.
Sire, V. M. lo sa, i Re, che partono, ritornano difficilmente al trono, quando la loro andata, la loro sventura non sia stata indorata da un raggio di gloria. Io vedo, che gli invasori del mio Regno, dopo l’ebbrezza di un primo trionfo, dovuto piuttosto alla pusillanimità, e al tradimento dei miei Generali, che alla loro propria possanza, trovano ora difficoltà immense per asservire i miei sudditi in nome di idee che ripugnano tanto ai loro interessi, quanto alle loro tradizioni.
Le difficoltà che si addensano in Europa mi fanno sperare che, mercé l’intelligenza di V. M. e della autorità di cui gode, non sia lontano il giorno, nel quale i principj di dovere, di di ritto, e di giustizia non saranno più calpestati impunemente dal Piemonte. Se questa mia speranza deve essere un sogno, mi rimarrà questo almeno di incontestabile, ossia che combattendo pel mio diritto, soccombendo con coraggio, e cedendo con onore, io sarò degno del nome che porlo, lascierò un’esempio ai Principi, e proverò al mondo che io sono forse superiore alla mia fortuna.
Qui, io sono Sovrano di principio, ma di fatto sono un Generale. Non ho più Stati, e posseggo solo una Piazza, e fedeli soldati. Debbo io, per la probabilità di pericoli personali, o per risparmiare l’effusione di un sangue, che non fu da me pro vocata, debbo io abbandonare un Esercito che vuol conservare l’onore della sua Bandiera, una Piazza, in cui si profusero i tesori dei miei antenati per farne il più forte baluardo della Monarchia?
La M. V. è competente giudice in si dilicata materia per decidere meglio di chichessia, se io, abbandonando l’uno e l’altro senza esser certo della inefficacia delle mie risorse, potessi essere sicuro di aver adempiti, fino all’estremo i miei doveri di soldato.
lo posso morire o divenir prigioniero, ciò è vero; ma i Principi debbono saper morire a proposito; e Francesco I fu prigioniero, mentre non difendeva come me, il suo Regno; e mal grado ciò, i suoi contemporanei, e la Storia gli hanno tenuto conto di aver esposta la sua persona; di aver saputo soffrire la sua cattività. Non sono accessi di passeggera esaltazione che mi ispirano un tale linguaggio : esso è il risultato di lunghe riflessioni, e la M. V. che è uomo di volontà, d’intelligenza e di coraggio comprenderà meglio di qualsiasi altro i sentimenti dai quali sono ora dominato.
Mi è dunque mestieri lottare contro questa corrente di idee e di sensi per riescire a cangiare di risoluzione. Mi permetia dunque la M. V. di prendere il tempo necessario per riflettere; e se nel frattempo, la politica e gl’interessi di V. M., contrariamente ai miei voti e alle mie preghiere la forzassero a richiamare la sua Squadra, io ne rimarrei certo addoloratissimo, ma renderei in pari tempo giustizia ai motivi di tale determinazione, e sopra tutto conserverei profondamente scolpite nel cuore e le prove di simpatia datemi dalla M. V. e il grande servigio resomi coll’assicurarmi, per si lungo tempo, la libertà del mare. La M. V. ha operato nobilmente verso di me, quando delle altre Potenze d’Europa nessuna osava, o poteva venire a soccorrermi; e se per l’abbandono della sua Flotta, io dovrò soccombere, non cesserò per questo dal pregare il Signore perché non permetta che la M. V. debba rimpiangerlo, quand’anche invece di un alleato fedele e riconoscente Ella trovasse ne’ miei nemici, una rivoluzione ostile, ed un Sovrano ingrato.
Quale sia per essere la mia risoluzione, in cosi grave emergenza, sarà mio dovere farla conoscere senza ritardo a V. M., siccome ora è mio dovere di giovarmi di questa circostanza per
manifestarle nuovamente tutta la mia gratitudine pel suo appoggio, pei suoi consigli, ed in ispecie per l’interesse che ha voluto prendere a mio vantaggio.
Prego la M. V. di ricevere la nuova assicurazione dei senti.
menti di alta stima, e riconoscente amicizia coi quali sono Mio Signor Fratello Di V. M.
Il buon Fratello.

Firmato: FRANCESCO.

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