Concordato del 1855 tra Santa Sede e Impero Austriaco

Concordato fra Sua Santità Pio IX Sommo Pontefice e Sua Maestà I. R. Apostolica Francesco Giuseppe Primo Imperatore d’Austria.

(Sottoscritto a Vienna il 18 agosto 1855, e fatto il cambio delle ratifiche nella stessa capitale il 25 settembre 1855.)
In anonime DELLA SANTISSIMA ED INDIVISIBILE TRINITÀ.
Sua Santità il Sommo Pontefice Pio IX

Sua Maestà M. R. Apostolica Francesco Giuseppe I Imperatore d’Austria, i cui sforzi concordi tendono a conservare ed accrescere nell’Impero d’Austria la fede, la pietà ed il vigore morale, hanno risolto di stipulare un Concordato sulla posizione della Chiesa Cattolica nel detto Impero.
A tal fine hanno nominato a loro Plenipotenziari, Sua Santità l’Eminentissimo Prete Cardinale della Santa Chiesa Romana Michele Viale-Prelà Pro nunzio della stessa Sua Santità e della Santa Sede presso la prefata Sua Maestà Apostolica, e Sua Maestà l’Imperatore d’Austria Sua Altezza il Signor Giuseppe Otmaro de Rauscher, Principe Arcivescovo di Vienna, Assistente al Trono Pontificio, Prelato e Gran Croce dell’Imperiale Ordine Austriaco di Leopoldo e Consigliere intimo attuale della stessa Sua Maestà.
Questi, dopo la reciproca consegna delle loro credenziali, che riconobbero in piena regola, convennero su quanto segue:

Articolo I.
La Santa Religione Cattolica Apostolica Romana verrà sempre conservata intiera ed intatta in tutto l’Impero d’Austria ed in tutti i singoli Domini dei quali si compone, coi diritti e colle prerogative di cui deve godere per ordine di Dio e per le sanzioni canoniche.

Articolo II.
Appartenendo al Romano Pontefice il primato dell’onore ed anche della giurisdizione per Legge Divina in tutta la Chiesa, ovunque essa si estende, le reciproche comunicazioni fra i Vescovi, il Clero ed il Popolo colla Santa Sede in cose spirituali ed affari ecclesiastici non saranno soggette a riportare il permesso regio, ma godranno di una libertà per
fetta.

Articolo III.
Gli Arcivescovi, i Vescovi e tutti gli Ordinari comunicheranno liberamente col Clero e col Popolo della loro diocesi allo scopo di esercitare le loro funzioni pastorali, e così pure pubblicheranno libera mente le loro istruzioni e norme in affari ecclesiastici.

Articolo IV.
Parimenti gli Arcivescovi ed i Vescovi avranno la facoltà di fare tutto ciò che loro compete per governare la loro diocesi a tenore di dichiarazione oppure disposizione dei Sacri Canoni, od a tenore della disciplina attuale della Chiesa approvata dalla Santa Sede, ed in particolare:
a) di nominare Vicari, Consiglieri e Coadiutori della loro amministrazione tutti quei Sacerdoti che giudicheranno idonei a tali uffici;
b) di ammettere allo stato clericale e di promuovere agli ordini sacri se condo i Canoni tutti coloro che essi crederanno necessari ed utili alle loro diocesi, ed all’opposto di escludere dal ricevere gli ordini sacri tutti coloro che riterranno indegni;
c) di stabilire benefici minori, e premessi gli opportuni concerti con Sua Maestà Imperiale principalmente riguardo all’assegno di convenienti redditi, di istituire, dividere o riunire le parrocchie;
d) di prescrivere pubbliche preghiere ed altre opere pie qualora lo richieda il bene della Chiesa, dello Stato o del Popolo, come pure di ordinare processioni, pellegrinaggi e di regolare i funerali e tutte le altre funzioni sacre sotto osservanza di tutte le prescrizioni canoniche;
e) di convocare e tenere i Concili provinciali ed i Sinodi diocesani di conformità ai Sacri Canoni e di pubblicarne gli atti.

Articolo V.
Tutta l’istruzione della gioventù cattolica in tutte le scuole tanto pubbliche che private sarà conforme alla dottrina della Religione Cattolica; i Vescovi poi in forza del proprio loro ufficio pastorale dirigeranno l’educazione religiosa della gioventù in tutti gli stabilimenti d’istruzione pubblica e privata, ed invigileranno diligentemente che in nessun ramo d’insegnamento occorra cosa alcuna che sia contraria alla Religione Cattolica ed alla purità dei costumi.

Articolo VI.
Nessuno potrà insegnare la sacra teologia, la catechetica, ossia la dottrina religiosa, in qualsiasi istituto pubblico o privato, qualora non ne abbia ottenuto l’incarico e l’autorizzazione dal Vescovo della rispettiva diocesi, che ha il di ritto di revoca se la crede opportuna.
I pubblici professori di teologia e maestri di catechetica, sulla cui fede, scienza e pietà il Vescovo abbia esposta la propria opinione, verranno nominati fra coloro ai quali esso abbia dichiarato di essere disposto di accordare la missione e l’autorizzazione di insegnare. Ovunque poi il Vescovo soglia prevalersi di alcuni professori della facoltà teologica per istruire nella teologia gli alunni del seminario vescovile, si sceglieranno a tali posti soltanto quegli individui che il Vescovo crederà preferibilmente atti ad occuparli. Nell’esame di coloro che aspirano al dottorato in teologia o nel diritto canonico il Vescovo diocesano sceglierà la metà degli esaminatori fra dottori di teologia o rispettivamente del diritto canonico.

Articolo VII.
Nei ginnasi ed in tutte le scuole dette medie destinate alla gioventù cattolica non si nomineranno professori o maestri che cattolici, e tutto l’insegnamento, secondo i vari oggetti sarà tale da imprimere nei cuori la legge della vita cristiana. Quali abbiano ad essere i libri di testo da adoperarsi nelle suddette scuole per l’insegnamento della Religione verrà stabilito dai Vescovi in seguito a deliberazione da tenersi fra di loro. Riguardo alla nomina dei maestri di Religione nei ginnasi e nelle scuole medie si conserveranno in vigore le salutari Ordinanze rilasciate a tal uopo.

Articolo VIII.
Tutti i maestri nelle scuole popolari destinate ai cattolici saranno soggetti alla sorveglianza ecclesiastica. Gl’Ispettori scolastici diocesani verranno nomi nati da Sua Maestà Imperiale fra i pro posti dal Vescovo. Nel caso poi che nelle dette scuole non si fosse bastante mente provveduto all’istruzione religiosa, sarà libero al Vescovo di destinare un Sacerdote che insegni agli scolari il catechismo. È necessario che sia illibata la fede e la moralità di chi viene destinato a maestro e chiunque devia dal retto sentiero verrà allontanato dal suo posto.

Articolo IX.
Gli Arcivescovi, i Vescovi e gli Ordinari eserciteranno con ogni libertà l’autorità loro propria di dichiarare riprove voli i libri perniciosi alla Religione ed alla moralità e di distogliere i fedeli dalla lettura dei medesimi. Ma anche il Governo impedirà con ogni mezzo opportuno che tali libri si diffondano nel l’Impero.

Articolo X.
Poiché tutte le cause ecclesiastiche, e specialmente quelle che risguardano la fede, i sacramenti, le sacre funzioni, come pure gli obblighi ed i diritti con giunti al Sacro Ministero appartengono unicamente al foro della Chiesa, ne deciderà il Giudice ecclesiastico, il quale perciò anche nelle cause matrimoniali pronuncerà sentenza a tenore dei Sacri Canoni, e nominatamente a tenore dei Decreti tridentini, rimettendo al Giudice secolare di decidere soltanto sugli effetti civili del matrimonio. Per ciò che riguarda gli sponsali l’Autorità ecclesiastica giudicherà della loro esistenza e dei loro effetti come impedimenti di matrimonio, attenendosi alle disposizioni rilasciate dallo stesso Concilio di Trento e dal Breve Apostolico che comincia colle parole «Auctorem fidei.»

Articolo XI.
Sarà libero ai Vescovi d’infliggere le pene stabilite dai Sacri Canoni ed anche altre che essi credessero opportune agli ecclesiastici che non portano un abito decente, adattato al loro stato ed alla loro dignità o che in qualsiasi modo si rendano degni di riprensione, e di tenerli sotto sorveglianza in con venti, seminari o case destinate a tale uopo. Così pure non si impedirà in alcun modo ai Vescovi di procedere con pene ecclesiastiche contro tutti quei fedeli che trasgrediscono le leggi ecclesiastiche ed i Canoni.

Articolo XII.
Il Giudizio ecclesiastico deciderà del diritto di patronato, ma la Santa Sede acconsente che allorquando si tratti di un diritto di patronato laicale, i Tribunali secolari possano giudicare della successione nel medesimo, tanto se la controversia sia insorta fra i veri e supposti patroni, quanto fra Sacerdoti designati dagli stessi patroni pel beneficio in questione.

Articolo XIII.
Avuto riguardo alle circostanze dei tempi la Santa Sede acconsente che le cause puramente civili degli Ecclesiastici, come sarebbero contratti sul diritto di proprietà, debiti, eredità, vengano trattate e decise dai Giudizi secolari.

Articolo XIV.
Per questo stesso motivo la Santa Sede non impedisce che gli Ecclesiastici vengano tratti innanzi ai Giudici civili per crimini, delitti e contravvenzioni comprese nelle leggi penali dell’Impero, ma i Giudici stessi saranno tenuti di renderne tosto avvertito il Vescovo. Nel l’eseguire il fermo e l’arresto dell’imputato si osserveranno i riguardi che esige il rispetto dovuto allo stato ecclesiastico. Allorché la sentenza pronunciata contro un Ecclesiastico importi la morte o la pena del carcere per più di cinque anni si comunicheranno ogni volta al Vescovo gli atti processuali, e gli si darà modo di sentire il condannato per quanto occorre a poter decidere sulla pena ecclesiastica da infliggersi al medesimo. Lo stesso si farà a richiesta del Vescovo anche quando sia stata pronunciata una pena minore. Gli Ecclesiastici subiranno la pena del carcere in luoghi separati da quelli in cui vengono sostenuti i laici. Nel caso di condanna per delitto o contravvenzione gli Ecclesiastici verranno rinchiusi in un convento od altra casa ecclesiastica.
Nelle disposizioni di questo articolo non si comprendono i casi di maggiore importanza, riguardo ai quali ha decretato il Concilio di Trento nella sessione XXIV (c. 5 de reform.). Il Santo Padre e Sua Maestà Imperiale, se fosse d’uopo, daranno gli opportuni provvedi menti per la trattazione di simili processi.

Articolo XV.
Affinché si onori la casa di Dio che è il Re dei Re e Signore dei Sovrani si osserverà l’immunità delle Chiese per quanto il comportino la sicurezza pubblica e le esigenze della Giustizia.

Articolo XVI.
Sua Maestà l’Imperatore non tollererà che la Chiesa Cattolica, la sua fede, il suo culto, le sue istituzioni vengano oltraggiate con parole, fatti o scritti, o che vengano frapposti ostacoli ai Capi o Ministri delle Chiese nell’esercizio del loro ufficio, principalmente quando si tratti di conservare la fede, la dottrina dei buoni costumi e la disciplina ecclesiastica. Oltre a ciò Sua Maestà presterà all’occorrenza valido aiuto affinché vengano poste in esecuzione le sentenze pronunciate dai Vescovi contro Ecclesiastici dimentichi del proprio dovere. Essendo parimenti volere dell’Imperatore che si dimostri ai Ministri dell’Altare l’onore loro dovuto per Legge Divina, non per metterà che si faccia cosa alcuna che ridondasse in loro spregio o che tendesse a vilipenderli, ed anzi ordinerà che tutte le Autorità dell’Impero abbiano a mostrare in ogni occasione agli Arcivescovi, ai Vescovi ed a tutto il Clero l’onore ed il rispetto dovuto alla loro dignità.

Articolo XVII.
Si conserveranno i Seminari vescovili e qualora i loro redditi non bastino allo scopo a cui devono servire secondo le intenzioni del Sacro Concilio di Trento, si avrà cura che vengano aumentati in modo corrispondente. I Vescovi ne avranno la direzione ed amministrazione a tenore dei Sacri Canoni di pieno e libero diritto. Nomineranno pertanto i rettori e professori o maestri dei detti Seminari e li dimetteranno ogni qual volta lo credano necessario od utile. Vi ammetteranno i giovinetti ed i fanciulli per educarli nel modo che giudicheranno più vantaggioso nel Signore alle loro Diocesi. Coloro che saranno stati istruiti in questi Seminari, premesso un esame sulla loro idoneità, potranno essere ammessi in qualunque altro stabilimento d’istruzione e sotto osservanza delle relative norme concorrere a qualsiasi cattedra fuori del Seminario.

Articolo XVIII.
La Santa Sede prevalendosi del proprio diritto fonda nuove Diocesi o ne modifica i confini secondo che richiede il bene spirituale dei fedeli. All’evenienza però di simili casi prenderà gli opportuni concerti col Governo Imperiale.

Articolo XIX.
sua Maestà nell’eleggere i Vescovi, che egli in forza di un privilegio Apostolico trasmessogli dai Serenissimi Suoi Antenati propone o nomina alla Santa Sede perché venga loro conferita l’istituzione canonica, si prevarrà anche per l’avvenire del consiglio dei Vescovi e principalmente di quelli della stessa provincia ecclesiastica.

Articolo XX.
I Metropoliti ed i Vescovi prima di assumere la direzione delle loro chiese presteranno a Sua Maestà Imperiale il giuramento di fedeltà colle seguenti parole: «Io giuro e prometto pel Santo Evangelio di Dio, come si conviene ad un Vescovo, obbedienza e fedeltà a Vostra Maestà I. R. Apostolica ed a tutti i Suoi Successori. Parimenti giuro e prometto di non prendere parte a qualsiasi corrispondenza o progetto che nuocia alla pubblica tranquillità e di non tenermi in alcuna relazione sospetta entro ai confini dell’Impero né al di fuori, e qualora pervenisse a mia no tizia che vi fosse qualche pericolo per | lo Stato, di non omettere cosa alcuna per frastornarlo.»

Articolo XXI.
In tutte le parti dell’Impero sarà libero agli Arcivescovi, ai Vescovi ed a tutti gli Ecclesiastici di disporre di quanto lasciano alla loro morte a tenore dei Sacri Canoni, le cui prescrizioni dovranno esattamente osservarsi anche dagli eredi per successione legittima, che conseguiscono l’eredità senza che vi sia dichiarazione d’ultima volontà. In amen due questi casi per altro si eccettuano gli ornamenti e le vesti pontificali dei Vescovi diocesani, che si riguarderanno come spettanti alla mensa vescovile e quindi passeranno in possesso dei successori nel vescovato. Lo stesso si farà anche riguardo ai libri ovunque esista tale consuetudine.

Articolo XXII.
In tutte le Chiese metropolitane ossia arcivescovili e nelle suffraganee Sua Santità conferirà la prima dignità, purché non sia di patronato laicale privato, nel qual caso sottentrerà la seconda. Per le altre dignità e per le prebende canonicali la nomina verrà fatta come in ad dietro da Sua Maestà ad eccezione di quelle che sono di libera collazione vescovile o dipendono da un diritto di patronato legittimamente ottenuto. Non si ammetteranno come Canonici delle suddette Chiese che Ecclesiastici che siano forniti di tutte le qualità generalmente prescritte dai Canoni e che siano lodevolmente versati nella cura delle anime o nella trattazione degli affari ecclesiastici o nell’insegnamento religioso. Del resto è tolto il requisito di dover essere di nobili natali o di possedere titoli di nobiltà, salve però le condizioni che si provasse essere state poste nella fondazione. Si conserverà poi con ogni cura la lodevole consuetudine di conferire i canonicati mediante pubblico concorso in tutti i luoghi ove essa esiste.

Articolo XXIII.
Nelle Chiese metropolitane e vescovili in cui manchino il Canonico Penitenziario ed il Teologale e nelle Chiese collegiate in cui manchi il Canonico Teologale, se ne farà la nomina al più presto possibile nel modo prescritto dal Sacro Concilio di Trento (sess. V, c. 1 et sess. XXIV, c. 8 de reform.), e queste prebende verranno conferite dai Vescovi secondo le disposizioni dello stesso Concilio e rispettiva mente secondo i Decreti Pontifici.

Articolo XXIV.
Tutte le parrocchie verranno conferite mediante pubblicazione di un con corso e sotto osservanza delle prescrizioni del Concilio di Trento. Per le parrocchie di patronato ecclesiastico i patroni presenteranno uno fra tre che il Vescovo abbia proposto nel suddetto modo.

Articolo XXV.
Sua Santità per dare a Sua Maestà I. R. Apostolica l’Imperatore Francesco Giuseppe una prova di speciale benevolenza, concede ad Esso ed a tutti i Successori cattolici nell’Impero l’autorizzazione di fare le nomine a tutti i canonicati ed a tutte le parrocchie che dipendono da un patronato derivante dal fondo di religione o degli studi, in modo però che si scelga uno di tre che il Vescovo in seguito al concorso abbia giudicato più meritevoli degli altri.

Articolo XXVI.
Si aumenterà al più presto possibile la dotazione alle parrocchie, che avuto riguardo ai tempi ed ai luoghi non hanno una congrua sufficiente, e si provvederà pei Parroci cattolici del rito orientale nel modo medesimo che per quelli del rito latino. Tale disposizione per altro non si estende alle parrocchie sottoposte ad un patronato ecclesiastico o laicale legittimamente acquisito, giacché per queste incumbe il peso ai rispettivi patroni. Che se i medesimi non soddisfacessero pienamente agli obblighi loro imposti dalla legge ecclesiastica e principalmente se il Parroco riceve la sua dote dal fondo di religione, si daranno gli opportuni provvedimenti, avendo per altro tutti i riguardi richiesti dallo stato delle cose.

Articolo XXVII.
Poiché il diritto di godere dei beni ecclesiastici deriva da istituzione canonica, tutti coloro che furono nominati o presentati a qualsiasi beneficio maggiore o minore, non potranno assumere l’amministrazione dei beni temporali che vi sono annessi, che in forza del l’istituzione canonica. Oltre a ciò nel prender possesso delle Chiese cattedrali e dei beni che vi sono congiunti si osserveranno esattamente tutte le norme delle sanzioni ecclesiastiche e principalmente del Pontificale e Cerimoniale romano, facendo cessare tutto ciò che vi fosse di contrario per uso o consuetudine.

Articolo XXVIII.
I regolari che secondo le norme del loro Ordine sono soggetti a Superiori generali residenti presso la Santa Sede, verranno retti dai medesimi secondo le dette regole, per altro senza pregiudizio dell’autorità dei Vescovi a tenore dei Canoni e principalmente del Concilio di Trento. Corrisponderanno pertanto liberamente i suddetti Superiori generali coi loro dipendenti in tutto ciò che risguarda il ministero loro affidato, e parimenti intraprenderanno liberamente le loro visitazioni. Inoltre tutti i regolari osserveranno senz’ostacoli le regole del rispettivo loro Ordine, Istituto o Congregazione, e si ammetteranno a tenore delle prescrizioni della Santa Sede i candidati al noviziato ed alla professione religiosa. Anche riguardo alle monache si osserveranno tutte le suddette norme, in quanto si riferiscano ad esse.
Sarà libero agli Arcivescovi e Ve scovi di stabilire nelle loro diocesi se condo i Sacri Canoni Ordini o Congregazioni religiose sì per l’uno che per l’altro sesso, ma per altro prenderanno a tale riguardo gli opportuni concerti col Governo Imperiale.

Articolo XXIX.
Sarà in facoltà della Chiesa per di ritto suo proprio di acquistare libera mente dei nuovi possessi per qualsiasi titolo, e la sua proprietà di quanto possiede ora od acquisterà in seguito sarà solennemente inviolabile. Egli è perciò che le fondazioni ecclesiastiche antiche e nuove non potranno essere soppresse o riunite senza l’intervento dell’autorità della Sede Apostolica, salve le facoltà attribuite ai Vescovi dal Sacro Concilio di Trento.

Articolo XXX.
L’amministrazione dei beni ecclesiastici sarà tenuta da coloro a cui spetta secondo i Canoni. Avuto per altro riguardo ai sussidi che l’Augustissimo Imperatore graziosissimamente presta e presterà dal pubblico Erario per provvedere ai bisogni delle varie Chiese, non si potranno vendere od aggravare di rilevanti pesi i detti beni, qualora non vi acconsentano tanto la Santa Sede, quanto Sua Maestà Imperiale o coloro, a cui Essi troveranno di affidare quest’ufficio.

Articolo XXXI.
I beni, che costituiscono i fondi detti di religione e degli studi, sono per la loro origine di proprietà della Chiesa, si amministreranno in nome della Chiesa ed i Vescovi ne avranno la sorveglianza loro competente nel modo da stabilirsi di comune concerto fra la Santa Sede e Sua Maestà Imperiale. I redditi del fondo di religione, sino a tanto che per le intelligenze da prendersi fra la Sede Apostolica ed il Governo Imperiale non venga diviso in dotazioni stabili ed ecclesiastiche, verranno erogati pel culto Divino, per gli edifizi delle Chiese, pei Seminari e per tutte le cose che risguardano il ministero ecclesiastico. A compimento di quanto manca Sua Maestà presterà anche per l’avvenire il graziosissimo soccorso accordato sino ad ora, ed anzi se le circostanze dei tempi lo permettano concederà sussidi più larghi.
Così pure i redditi del fondo degli studi verranno impiegati unicamente per l’istruzione cattolica e secondo le pie intenzioni del fondatore.

Articolo XXXII.
I redditi dei benefici vacanti, per quanto ve ne sia la consuetudine, si verseranno nel fondo di religione, ed al medesimo Sua Maestà Imperiale di proprio moto assegna anche i redditi dei Vescovati e delle Abazie secolari vacanti in Ungheria e nei paesi che in addietro vi appartenevano, nel cui tranquillo possesso si trovarono per una lunga serie di secoli i Suoi predecessori nel Regno d’Ungheria. Nelle provincie dell’Impero in cui non esiste un fondo di religione, si istituiranno per ogni diocesi Commissioni miste, che durante la vacanza amministreranno i beni del Vescovato e di tutti i Benefici secondo le norme, delle quali converranno Sua Santità e Sua Maestà Imperiale.

Articolo XXXIII.
Poiché al tempo delle passate vicende vennero soppresse in molti luoghi del territorio austriaco le decime ecclesiastiche in forza di legge civile, e poiché fatto riflesso alle speciali circostanze non è possibile di ripristinarle in tutto l’Impero, Sua Santità a richiesta di Sua Maestà ed a riguardo della tranquillità pubblica che è della massima importanza per la Religione, permette e stabilisce, che salvo il diritto di esigere le decime ove esiste di fatto, in tutti gli altri luoghi in vece delle decime od a titolo di compenso vengano assegnate dal Governo Imperiale dotazioni o sopra beni e fondi stabili od assicurate sul debito dello Stato, le quali si daranno a tutti coloro e ad ogni sin gola persona che avevano il diritto di esigere le decime. Così pure Sua Maestà dichiara che tali dotazioni nel preciso importo in cui si assegnano, si percepiranno e si possederanno per lo stesso titolo oneroso delle decime a cui vennero sostituite.

Articolo XXXIV.
Tutte le altre cose che si riferiscono alle persone ed agli affari ecclesiastici, di cui non è fatta menzione in questi articoli, si regoleranno ed amministreranno secondo la dottrina della Chiesa e la disciplina vigente approvata dalla Santa Sede.

Articolo XXXV.
Tutte le Leggi, Ordinanze e disposizioni rilasciate finora e sotto qualsiasi forma o modo nell’Impero austriaco e nei singoli Domini o Paesi di cui si compone, in quanto sieno contrarie a questo solenne Concordato, si riguarde ranno siccome da esso abrogate, ed il Concordato stesso d’ora in poi avrà per sempre in tutti i detti Domini forza di legge di Stato. Promettono pertanto le due Parti contraenti, che tanto esse quanto i loro successori osserveranno religiosamente tutto ciò che qui venne convenuto ed ogni singola cosa. Che se nell’avvenire insorgesse una qualche difficoltà Sua Santità e Sua Maestà Imperiale prenderanno gli opportuni concerti per un amichevole componimento.

Articolo XXXVI.
Il cambio delle ratifiche di questo Concordato si farà nel termine di due mesi dalla data apposta a questi articoli, e se è possibile anche più presto.
In fede di che i suddetti Plenipotenziari sottoscrissero questo Concordato ed amendue vi apposero il loro suggello.


Dato a Vienna il 18 agosto dell’anno della Salute mille ottocento cinquanta cinque.
Michele Card.             Giuseppe Otmaro
Viale-Prelà m. p.      de Rauscher m. p. Arcivesc. di Vienna.
(L. S.)                                    (L. S.)

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