Proclama per l’unione del Veneto alla Lombardia

Proclama in favore dell’unione del Veneto alla Lombardia e risposta del governo

Per approfondire: Cronologia di Venezia

ITALIA LIBERA!
VIVA PIO IX! VIVA CARLO ALBERTO!
Al Governo provvisorio della Repubblica Veneta
La indipendenza d’Italia non sarebbe che un desiderio ove non fosse attuata quella unione dalla quale deriva la forza e la dignità nazionale. Il bisogno di siffatta unione è da tutti ugualmente sentito, e gli sforzi di tutti gli Stati della penisola tendono alla soddisfazione del medesimo.
Allora che vi compiaceste di dichiarare senz’altro la indivisibilità della Venezia colla Lombardia per l’effetto che i destini politici di questa avessero ad essere i destini politici di quella, abbiamo applaudito nel vedere in tale ben augurata Dichiarazione sancito il principio che l’unica Assemblea non sarebbe che il mezzo per determinare la modalità della futura esistenza politica, del tutto in relazione agl’interessi dalla maggioranza riconosciuti.
Nella calma delle opinioni, tanto il Governo di Milano quanto i Comitati delle provincie venete avrebbero la sciato alla Costituente, raccolta in causa vinta, lo stabilire la condizione politica del Paese lombardo-veneto.
Ma il valido aiuto che re Carlo Alberto portava alla nazionale indipendenza e la gloria delle armi piemontesi altamente eccitarono nella più gran parte del paese il desiderio di pronunciare la immediata fusione cogli Stato Sardi.
Per ciò, e per altri eminenti riguardi di guerra, di finanza e di diplomazia, il Governo centrale delle provincie lombarde trovava necessario di aprire a suoi cittadini la via di manifestare legalmente il loro suffragio anche prima della Costituente, e vi provvedeva col Decreti 12 maggio 1848.
I motivi che hanno provocato un tale partito erano comuni, se non anzi più urgenti, per le Provincie venete, siccome quelle che più specialmente sono fatte bersaglio alla nemica invasione e sono men fornite di mezzi proprii a sostenere un’efficace difesa.
Di qui lo stesso eccitamento nei popoli della terra ferma e la stessa necessità nei Comitati d’aprire alle singole loro provincie, nel silenzio del Governo veneto, quella stessa via legale ad esprimere subito il loro voto che era stata dal Governo della Lombardia designata.
Compiuto nel giorno 29 corrente il termine prefinito alle sottoscrizioni nei registri a tal uopo istituiti, dovrebbero i Comitati, fatti gli spogli di quei registri, pubblicarne la risultanza, la quale non può non essere conforme alla generale inclinazione, che fu stimolo potente all’aprimento dei registri medesimi.
Senonché riesce a profonda afflizione dei Comitati il pensiero che il provocato scrutinio, inducente l’immediata fusione di queste provincie col Piemonte, abbia a poterci distaccare da Venezia, alla quale ci stringono tanti vincoli di comuni interessi, di grata affezione e di gloriose memorie.
Un tale distacco, comunque lo si dovesse sperare meramente interinale, importerebbe la indeclinabile conseguenza che avesse ad essere tantosto istituito nelle Provincie venete della terraferma un nuovo centro d’azione governativa. Né ciò sarebbe senza pregiudizio della causa comune, e si nei rispetti materiali e si nei politici. E le altre Potenze d’Europa avrebbero in codesto fatto un argomento per opporci un’altra volta la taccia d’inettitudine a redimere questa Italia che non sarà grande fino a che non si rigeneri nella unità.
Che se lo intravveduto disaccordo tornerebbe da un canto a disdoro di Venezia, dall’altro tornerebbe a danno delle Provincie di terraferma, le quali, sposando insieme colla Lombardia i proprii destini ai destini del Piemonte, si lascierebbero addìetro quella gemma preziosa, quella prediletta sorella che pur dovrebbe nella nuova combinazione politica rivendicare il vanto di regina dell’Adriatico.
Un ampio Stato, che comprenda i territori Sardi, gli ex ducati di Modena e di Parma, e tutte le provincie della Lombardia e della Venezia, sapra essere in grado di preservare con mezzi suoi proprii la intiera penisola da straniera invasione, saprà elevarla a tale potenza da influire molto onorevolmente nella bilancia politica dell’Europa.
E pure Venezia non entrerebbe a parte di quello Stato se il Governo che attualmente la regge persistesse nella idea di mantenere la sua forma repubblicana, non sostenuta dal voto della nazione, non favorita da rispetti diplomatici, repugnante alla causa ed alle intenzioni dei Principi che ci aiutano a purgare la patria dallo straniero.
Nel desiderio vivissimo di ovviare al dolore ed allo scapito che soffriremmo a vicenda qualora Venezia non corresse con esso noi le sorti del nuovo Stato, i Comitati di Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo, col mezzo dei sottoscritti loro delegati, domandano e pregano che codesto Governo prenda in matura considerazione le circostanze tutte delle Provincie e s’incammini a quella fusione nella quale noi veggiamo la salute nostra e la gloria.
Già due di queste Provincie, alle prese coll’inimico, fecero prova che nei nostri petti non anco è morto l’antico valore. Gia le altre sorelle anelano il momento di emularne l’esempio. E appunto perché ci sentiamo forti nell’animo, ci crediamo anche degni di stringerci in una sola famiglia col valoroso Piemonte. Ma deh! Venezia, che nel 22 marzo ci diede il segnale del grande riscatto, deh! che la meravigliosa Venezia non manchi al banchetto della famiglia!
Ove per avventura il sistema delle sottoscrizioni adottato dalla Lombardia e seguito dai Comitati di Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo, potesse nella vostra posizione speciale sembrarvi meno acconcio a rilevare il voto del popolo con quella sollecitudine che i tempi richieggono, e voi vorrete esperire quell’altro mezzo qualsiasi che meglio vi paresse condurre al fine inteso.
Uguale all’importanza è l’urgenza dell’argomento.
Una Commissione fu dal Governo della Lombardia in caricata agli studi preparatori del metodo da provvedere alla transizione tra il voto e la Costituente, ed alla organizzazione del Potere nello stato transitorio. I Comitati di Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo furono dallo stesso Governo della Lombardia con Circolare 25 maggio, nº 784, invitati ad occuparsi di quegli studi, e fu loro accennata la convenienza che alcuno dei Veneti nella Commissione lombarda si facesse interprete delle speciali condizioni di queste Provincie. I Comitati perciò stabiliscono d’inviare ciascuno un proprio membro a Milano affinché si associ a quegli studi e della rispettiva Provincia rappresenti gli interessi.
Sarebbe deplorabile che Venezia essa sola non avesse ad aver voce in quella Commissione. Sarebbe forse cosi precluso agli uomini che egregiamente meritarono del veneto Governo l’adito a potere nello studio della transizione giovare la cosa pubblica del loro senno e della loro virtù nel grembo del Ministero che sta per essere nominato. Venezia può e (se lice dirlo) deve deputare immediatamente il suo rappresentante, anche in pendenza delle pratiche che ella attivasse per raccogliere il voto del popolo sulla proposta fusione col Piemonte. Nol facendo, darebbe mostra di tendere a disunione; e, lasciati senza tutela i suoi propri interessi, si esporrebbe a trovarli pregiudicati allora quando essa stessa il partito della fusione avesse abbracciato.
A fronte delle circostanze che stringono, i sottoscritti delegati attenderanno fino a sabato, 3 giugno p. v., che il Governo dichiari se aderisca, come vogliono sperare, al desiderio leale delle quattro Provincie sorelle. Un più lungo indugio importerebbe ad essi troppo grave malleveria: e per declinarla, il giorno 4 i membri che saranno scelti dai Comitati si condurranno direttamente a Milano.
Certamente, per guarentire il lustro e la indipendenza dell’Italia, non è cittadino che non sia disposto a qualunque maggiore sagrifizio. E però le Provincie da noi rappresentate nutrono la fermissima fiducia che anche Venezia e chi ne tiene il governo saprà immolare le proprie opinioni al confronto di quelle della grande pluralità dei cittadini della terraferma; sapra immolarle, perché il trionfo della nazionalità italiana sia più sicuro, più prezioso, più splendido.

Il 31 maggio 1848. Dalla residenza del Comitato di Padova, presso cui i sottoscritti depositano i loro mandati.
C. LEONI
Deputato del Comitato provv. Dipartimentale di Padova
Sebastiano TECCHIO
Deputato del Comitato provv. Dipartimentale di Vicenza
Luigi PERAZZOLO
Deputato del Comitato Dipartimentale di Treviso
Alessandro CERVESATO
Deputato del Comitato Dipartimentale di Rovigo
IL GOVERNO PROVVISORIO
DELLA REPUBBLICA Vasera
Ai Cittadini
C. Leoni, Sebastiano Tecchio, Luigi Perazzolo,
Alessandro Cervesato
Posta per il momento da parte ogni considerazione sulle precedenze che hanno condotta la vostra Lettera del 31 maggio p. p. e sulle condizioni del paese veneto, in mezzo alle quali ce l’avete indiritta, ci limitiamo a dichiararvi che abbiamo risoluto d’interrogare la volontà del popolo col mezzo di un’Assemblea di rappresentanti che andiamo a convocare pel 18 corrente; e frattanto scriviamo al cittadino Calucci, nostro inviato presso il Governo provvisorio centrale della Lombardia, affinché in quelle deliberazioni, delle quali la vostra Lettera ci parla, ei rappresenti come potrà essere del caso.

Venezia, li 2 giugno 1848.
Il Presidente Maxis
Tommaseo
Il Segretario Zassani

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